Shaliran
Il Piccolo fiore sorridente - 21
di Ruggero Scarponi
-La bella Manshay salva la sua fedele Nazhira a cui un soldato voleva usare violenza
La bella Manshay e la fedele ancella Nazhira, furono inviate sotto scorta per essere presentate al Principe Jalabar. La strada da percorrere era lunga e pericolosa. Spesso bisognava difendersi da agguati e imboscate di soldati nemici e di bande di predoni. Il comandante della scorta aveva ricevuto ordini severissimi di preservare le giovani da qualsiasi pericolo e per questo gli era stata affidato un cospicuo nucleo di soldati. Tuttavia durante l’attraversamento di un torrente furono affrontati da una nutrita schiera di cavalieri della città di Shawrandall usciti in perlustrazione. Subito si disposero alla battaglia. L’anziano comandante comprese che sarebbe stato difficile riuscire a ottenere la vittoria in quello scontro dal momento che il nemico appariva ben più numeroso. Inoltre la schiera nemica era composta di soli cavalieri, in forte vantaggio, sul terreno scoperto. Il comandante della scorta, che era un buon uomo, chiamò a sé la bella Manshay con la sua ancella e così parlò loro – ragazze mie in questa battaglia potremmo soccombere e in tal caso, purtroppo il vostro destino sarebbe orribilmente segnato. Ora fate quanto vi dico. A un mio cenno prendete il mio cavallo e fuggite più rapide che potete. Poi, saranno gli dei a proteggervi. – La bella Manshay, commossa rispose – Vi siamo grate comandante per tutto quanto state facendo per noi e possa la sacra Nahor preservarvi in questo scontro e ricompensarvi per il vostro buon cuore. - Le due schiere vennero a contatto e nonostante che i cavalieri di Shawrandall fossero più numerosi dei loro nemici trovarono un’accanita resistenza e più volte furono respinti. Durante una fase, particolarmente cruenta del combattimento, il comandante fece cenno alle ragazze di prendere il cavallo e darsi alla fuga. Così esse fecero.
Ma avevano fatto pochi passi e non erano ancora salite sul destriero che si trovarono circondate da alcuni soldati della loro scorta. Il comandante era stato colpito a morte e le schiere impegnate nella prima linea mostravano segni di cedimento. Visto l’andamento dello scontro alcuni soldati della retroguardia decisero di gettarsi sulle giovani donne per godere un ultimo piacere prima di andare incontro a morte sicura nella battaglia. Due soldati si avventarono su Nazhira pensando di soddisfarsi prima con lei e poi con la bella Manshay. Gettarono a terra la giovane e subito cercarono di privarla delle vesti. Ma la bella Manshay che non aveva dimenticato come la sua ancella le avesse recato soccorso quando era stata scacciata dal campo di Tratush fu presa da un impeto di collera e raccolta dal terreno una pietra ben appuntita la scagliò con tutta la forza contro il soldato che si era gettato sopra Nazhira. Si sentì un leggero rintocco. Il soldato alzò sorpreso la testa mentre serrava con le mani il collo dell’ancella per ridurla al suo volere. Guardò la bella Manshay e anche il suo compagno che a sua volta lo guardava con gli occhi pieni di stupore. Il soldato aveva la testa sollevata e un inebetito sorriso e non si avvedeva che dalla sua fronte zampillava sangue vermiglio. Il sangue prese a colargli lungo la faccia fino a raggiungere la sua bocca. Allora egli lo assaggiò e mentre si rendeva conto di quanto stava avvenendo repentinamente mutò lo sguardo. Non più stupito. E abbandonò anche l’inebetito sorriso. E il suo viso si contrasse in una smorfia di orrore. Stramazzò. E cadde riverso su Nazhira mentre il sangue inarrestabile continuava a fuoriuscire inondando la sabbia e la fanciulla.
Ma già la battaglia incalzava e le due giovani donne furono lasciate dai loro assalitori impegnati nello scontro armato. Preso il cavallo, le ragazze, questa volta riuscirono ad allontanarsi e a porsi in fuga e spronando l’animale ritornarono nei pressi della città di Shawrandall nella quale intendevano entrare per raggiungere la casa di Shamor, la dimora paterna della bella Manshay.
-Amin riscatta i suoi fratelli e la giovane cortigiana
Avvenne che Amin curato dal miracoloso muschio si risvegliasse dal sonno guarito nel corpo e nell’anima. Ora egli non covava più nel cuore il desiderio e la cupidigia nei confronti di Kalina ma sentiva per lei grande riconoscenza e amore fraterno. Insieme decisero di tornare alla casa paterna per prendersi cura degli anziani genitori e delle sorelle. Avendo percorso un buon tratto di strada provarono sete fame e stanchezza. Amin allora si ricordò che nei pressi c’era una locanda e pensò di recarvisi insieme a Kalina per ristorarsi e prendere un po’ di riposo. Ma subito si ricordò di non avere denari con sé e mentre stava per confidarsi con Kalina sentì nella sua borsa un tintinnare di monete. Con grande sorpresa vi trovò dodici monete d’oro, dono della dea Belt per la sua Shaliran che d’ora in poi non avrebbe mai più abbandonato e lasciato nelle difficoltà.
Erano entrati da poco nella locanda che furono attratti da un grande clamore. Era la padrona della locanda che aveva intrapreso un furioso litigio con dei mercanti del deserto circa il prezzo fissato per la vendita di tre schiavi. Kalina e Amin riconobbero i fratelli Quemosh e Bashir, tenuti in catene, completamente denudati e con i segni della sferza sulle loro schiene. Con loro una fanciulla ancor giovane anch’essa in catene e denudata offerta impietosamente agli sguardi dei mercanti. Costoro nel trattare l’acquisto toccavano e palpavano impudicamente la giovane che sebbene avvezza a tali gesti per il mestiere da lei praticato soffriva l’oltraggio e la violenza insieme alla durezza dei legacci. Kalina supplicò Amin con lo sguardo e il giovane rispose con un gesto d’assenso del capo.
Vedendo che i mercanti tiravano per le lunghe per spuntare il prezzo più vantaggioso e visto che la padrona della locanda, ansiosa di disfarsi di quei tre schiavi era sul punto di cedere, lanciò tra lo stupore generale la sua offerta. Sei monete d’oro, il doppio di quanto offerto dai mercanti. Subito la padrona esibì loro il più radioso dei sorrisi mentre con una smorfia di dispetto chiudeva la trattativa con i mercanti. Questi vedendosi portar via proprio all’ultimo istante un vantaggioso affare ebbero parole dure contro la padrona e contro Amin al quale non sfuggì un gesto d’intesa tra i mercanti che faceva presagire qualche manovra o futura imboscata. Quando la padrona ebbe consegnato Quemosh e Bashir ad Amin questi fu sorpreso di vederli tristi e abbattuti e incapaci di guardare lui e Kalina negli occhi. Ma Kalina si avvicinò a loro e li abbracciò. Passò con delicatezza le mani sui segni lasciati dalle frustate e disse.- Fratelli miei tornate nel seno della vostra casa. Insieme andiamo da nostro padre e nostra madre che gli dei ci hanno concesso il loro favore.- E visto che la giovane cortigiana se ne stava discosta, disse ancora Kalina. - Vieni anche tu nella nostra casa. Vedo che i tuoi occhi brillano per mio fratello Quemosh, vieni nella nostra casa senza timore che sarai accolta come una sorella. - Così dicendo, con un ampio velo copriva la giovane, affinché si ricomponesse nel pudore di fanciulla. Così nell’imminenza di una grande battaglia si compirono questi fatti come sarebbe stato scritto e tramandato per innumerevoli anni.