#336 - 23 settembre 2023
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerà  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Shaliran

Il Piccolo fiore sorridente - 19

di Ruggero Scarponi

  • Come Amin affrontò molti soldati per salvare sua sorella Kalina

Ora avvenne che Amin e Kalina prendessero la via per tornare alla casa paterna. Purtroppo sulla strada incontrarono un manipolo di soldati della città di Shawrandall che stava requisendo tutte le provviste dalle campagne circostanti in previsione di un lungo assedio. Alla vista dei due giovani con il cammello, subito i soldati intimarono loro di consegnare l’animale ed ogni altro bene. In più, avendo scorto la delicata bellezza della ragazza, tirando a sorte, decidevano su chi avesse il privilegio di abusarne. Allora Amin, deciso a difendere Kalina, trasse da sotto il mantello una spada e un pugnale e subito ingaggiò una feroce lotta con gli assalitori. Dapprima i soldati restarono increduli che un uomo solo potesse ardire di combattere contro una dozzina di loro. Ma poi, visto che Amin al primo assalto aveva ucciso due uomini e ferito un terzo, si disposero al combattimento. In breve, lo accerchiarono e lo colpirono più volte, fino a farlo cadere in terra. L’ufficiale che comandava i soldati, volendo infliggere una dura punizione ad Amin che aveva osato sfidarli, dopo averlo fatto legare e inginocchiare, pretese che assistesse alla violenza che avrebbero usato a Kalina. Costei, allora, come aveva fatto altre volte, scongiurò i soldati di essere clementi poiché la sua purezza era stata consacrata agli dei. Ma i soldati risero di tali suppliche ed uno di loro osò tirarla per un braccio nel mezzo della radura con l’intento di privarla delle vesti. Subito Amin urlò di rabbia e poi minacciò di uccidere l’ufficiale e tutti i soldati se solo avessero tentato di torcerle un capello. Ma il comandante con un riso beffardo gli annunciò che non solo si sarebbero sollazzati con la giovane fintanto che se ne fossero saziati ma che lo avrebbero costretto ad assistere allo spettacolo. Amin, allora, preso da grande collera si sollevò da terra e con uno sforzo sovrumano spezzò le corde che lo tenevano legato. Poi, visto che lì vicino c’era un piccolo albero lo prese a due mani, lo sradicò e facendolo roteare sopra la testa si diresse furente sui soldati. Questi furono scossi da tanto vigore e sulle prime fuggirono impauriti. Ma poi incoccate negli archi le frecce cominciarono a bersagliarlo fin tanto che non lo videro cadere. Ma ormai era passato del tempo e l’ufficiale, temendo di incrociare drappelli nemici decise di abbandonare il campo. Uno dei soldati però prima di allontanarsi prese una freccia e mirato con attenzione al cuore di Kalina lasciò partire il dardo. Ma in quell’istante il cavallo montato dall’arciere fu morso da un serpente velenoso che stava per esserne calpestato. L’animale in preda al dolore s’impennò facendo cadere all’indietro l’arciere che, perso l’equilibrio e la mira, colpì dritto nel cuore il comandante della pattuglia. Gli altri soldati che avevano ascoltato le suppliche di Kalina pensarono che davvero fosse benvoluta dagli Dei e che il comandante fosse stato punito per la sua cattiveria e arroganza. Quindi si dettero alla fuga lasciando Amin moribondo e Kalina che cercava di portargli soccorso. La giovane pregò la dea Belt che avesse pietà di suo fratello. E questa, visto che Amin aveva rischiato senza indugio la propria vita per salvare quella della sua Shaliran, pregò la sacra Naor, la prediletta tra tutti gli dei, di mostrarsi benigna nei confronti del giovane. Allora la sacra Naor consegnò alla dea Belt un profumato muschio miracoloso capace di rimarginare le ferite all’istante. Subito la dea Belt sussurrò a Shaliran di raccogliere il prezioso medicamento sotto la pietra Minshoil sulla riva dello stagno di Kelor e con quello, sanare le ferite sul corpo del fratello. In breve Amin, dopo quelle cure, si ritrovò completamente guarito, nel corpo e nello spirito.

  • Quemosh e Bashir dopo un tentativo di fuga dalla locanda finiscono in schiavitù

Quemosh e Bashir erano stati adibiti ai lavori della stalla annessa alla locanda dove per tanti giorni avevano gozzovigliato e alloggiato. Ora, non avendo di che pagare le loro scelleratezze, erano finiti in servitù, fintanto che avessero estinto il debito. Ma una giovane cortigiana che si era giaciuta con i due fratelli era stata presa da grande amore per Quemosh che unico tra tanti avventori le aveva sussurrato parole dolci e con lei si era dimostrato gentile porgendole in dono una collana di conchiglie marine. Poi, soffrendo per la triste sorte riservata al suo amato, approfittando dell’assenza della padrona, propose a Quemosh di fuggire insieme e abbandonare quel luogo. Così fecero. Ma non sapevano che oramai per causa della guerra tutte le strade che conducevano a Shawrandall erano sbarrate da manipoli di soldati di uno o dell’altro esercito. In breve, fu evidente che non era possibile raggiungere nessun luogo e così pensarono di rientrare alla locanda, sperando di giungervi prima della padrona. Infatti, quando quella rientrò nella locanda, non si accorse di nulla. Ma Bashir che era stato lasciato solo dal fratello nel suo tentativo di fuga, per vendetta e per acquisire merito presso di lei, la informò di quanto era avvenuto. Questa ricompensò Bashir condonandogli il debito e invece accusò Quemosh e la giovane cortigiana di aver tentato di truffarla. Ma la ragazza avvezza agli intrighi e ai tradimenti aveva fatto in modo di nascondere nel giaciglio di Bashir alcuni denari in modo che se li avesse denunciati avrebbe trovato giusta vendetta. E così fece. La padrona della locanda, constatata l’infedeltà di Bashir volle applicare la legge che puniva i servi infedeli con la schiavitù. La giovane cortigiana fu anch’essa punita per le sue colpe e fu obbligata a giacersi con degli uomini di passaggio nella stalla dove trovava ricovero il suo Quemosh. A questo grave affronto il giovane dichiarò che fosse stato anche l’ultimo atto della sua vita avrebbe ucciso la padrona della locanda. Costei ne ebbe timore e chiamati a sé Quemosh, Bashir e la giovane cortigiana disse loro che l’indomani li avrebbe venduti come schiavi a dei viandanti che intraprendevano l’unica strada ancora aperta, quella per il deserto di Kor. Così Quemosh e Bashir, in breve tempo, caddero in schiavitù per causa della loro scelleratezza.

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