Presepe a mare
Di Valentino Losito
Una sera d’inverno, rientrando a casa, Davide passò davanti al vecchio mercato sul lungomare. Mancavano pochi giorni al 25 dicembre e nel buio rarefatto da poche luci, gli apparve davanti agli occhi una scena che ridestò nel suo cuore, il tepore, il silenzio e l’attesa del suo Natale bambino: il venditore di frutta, la vecchia bicicletta adagiata sul muro, le luci che disegnavano i dardi delle comete, una sigaretta fumata all’ombra della malinconia. In quella nostalgica meraviglia, che gli sembrò un presepe di fronte al mare, ogni cosa rimandava a quell’allegrezza perduta, a quelle sere in cui, fermandoci in compagnia dei tenui profumi della festa dell’infanzia, consentiamo alla nostra anima di raggiungerci.
Vide di nuovo brillare le povere cose che accendevano quell’ irripetibile gioia della fanciullezza. Si accorse di avere nella bisaccia di viandante ancora riserve di incanto e occhi disposti alla sorpresa. Aveva la passione per la fotografia e volle fissare per sempre quelle immagini, come per chiamarle a restare con lui e fargli compagnia in quel tempo angosciante ed inquieto che chiamavano pandemia.
Davide si fermò e dopo aver scattato alcune foto tornò a casa. Si sedette in poltrona, accese un vecchio lume e gli parve di riascoltare il silenzio che aveva assaporato una sera d’inverno di molti anni prima, in una vecchia chiesa, al limitare di un paese della Murgia pugliese, qualche giorno prima del 25 dicembre. Non c’era più nessuno, a quell’ora. La chiesa era rimasta aperta, come una “dispensa” per mendicanti di senso, di poveri di spirito alla ricerca dello stupore perduto.
C’era il presepe. Di quelli con la luce giusta, dove il cuore si riposa. Con gli sguardi immobili e teneri di Giuseppe e Maria. E l’assorta meraviglia di tutti gli altri “piccoli” della grande storia. Uscendo dalla chiesa, Davide portò con sé il sapore di quella sosta e provò a conservarlo. In quel momento non avrebbe mai immaginato che quel presepe gli sarebbe entrato dentro più di tutti gli altri. Forse anche più di quelli, bellissimi, che suo padre costruiva nell’angolo del salotto dei nonni. Non sapeva dire se suo padre fosse più bravo nel costruire presepi o aquiloni. Certo, il suo cuore fanciullo era sempre capace di creare bellezza.
Davide non sapeva costruire presepi, né aquiloni, ma quella sera passando davanti al mercato aveva ritrovato il presepe della chiesa di quel paese del Sud, nel ripostiglio della memoria. Lo aveva trovato proprio vicino al mare. Doveva averglielo fatto incontrare suo padre. Dove lui trovasse la pazienza di restare per ore su quello scoglio proteso sul mare, con la sua canna da pesca accarezzata dal maestrale, era sempre rimasto per Davide un piccolo mistero. Abituati a costringere la vita nei "mercati" della nostra mente, dove tutto ha un dare e un avere, un costo e un beneficio, un andare e tornare, quasi mai ci sfiora l'idea che l'inutile ha una bellezza che ci è necessaria. Il papà non era mai tornato stanco da quei lunghi pomeriggi davanti all'azzurro e così Davide aveva iniziato ad immaginare che la sua canna da pesca, fosse in realtà la sua verga magica di rabdomante, con cui suo padre cercava le sorgenti sotterranee delle sue inquietudini e i "metalli" preziosi della sua serenità. Una "pesca miracolosa" che poteva compiere solo in quel silente ma non muto dialogo con la grande distesa d'acqua. Tra le onde e il vento, la risacca e il tramonto, la brezza leggera e la malinconia. Insomma tutte le fragili parole e le diafane immagini con cui cerchiamo di misurare, raccontandola, l'infinità del mare.
Fu quella sera che Davide si accorse di non aver mai ringraziato abbastanza suo padre, per il suo cuore fanciullo, per il suo festoso raccontare, per l'eco delle voci semplici e antiche che risuonavano nelle sue storie, per l'umanità che riusciva a scovare in ogni anfratto della vita.
Si addormentò e gli parve di risentire il profumo dei mandarini e anche lo sfrigolio della fiamma della candela accesa che piegava fra le dita la buccia color arancione affumicato. Rivide le sue mani, screpolate dal vento di tramontana, quando con i suoi compagni di scuola raccoglievano il muschio per il presepe della chiesa. Gli sembrò anche di rivedere le lampare che imperlavano, con le loro luci tremule e lontane, l’orizzonte delle sere d’estate. Esagerando con tutta l’anima sognò che quella notte d’inverno i pescatori avevano imbarcato gli zampognari del mare per portarli a casa con loro per il Natale. E gli parve di ascoltare le dolci nenie che già risuonavano tra le case dei pescatori, verso il presepe di fronte al mare.