#320 - 17 dicembre 2022
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Racconto

Shaliran

Il Piccolo fiore sorridente

Terza parte

di Ruggero Scarponi

Bashir il secondogenito esorta il padre Rudash ad affidargli Khalina per farne mercato con i suoi amici.

Quando il sole ebbe percorso il cammino che da oriente mena a occidente, Rudash, compiuto il lavoro di quel giorno, radunò gli armenti per ritornare alla sua casa. Sulla soglia lo accolse, amorevole, sua moglie Betelian, che gli porse la ghirlanda di fiori di rhan, segno del vincolo coniugale, l’anziana schiava Ikhut con l’acqua per il lavacro delle mani e le tre figlie, ognuna recandogli come tradizione, il sale, segno di ricchezza, il pane, segno di abbondanza e i profumati datteri segno di piacevolezza, così che il padrone della casa, entrandovi ne prendesse possesso con tutti i beni e le ricchezze. Dopo la cena si presentò a Rudash il secondogenito Bashir. Così parlò costui - Padre, so che il figlio secondogenito deve obbedienza al padre e al figlio che è il primo tra i suoi figli. - Così è stabilito e tramandato da innumerevoli anni - sentenziò Rudash. - Padre, chiedo umilmente il permesso di aprirti il mio cuore. -Un padre ascolta sempre il proprio figlio sottomesso. Parla, dunque, senza timore, mio Bashir, tuo padre ti ascolta. – Padre-disse il giovane- si avvicina il mese di H’aruk, il mese sacro alla dea Belt. Ti prego dal profondo del mio cuore, di non recare alla città di Shawrandall, la tua terzogenita figlia, Khalina. Se a me la darai, io ne farò ricco mercato con i miei amici alla locanda e la tua casa colmerò di ogni ricchezza. - Così, prostrato ai piedi di Rudash, osò parlare Bashir. Rudash, allora, pose la sua mano sul capo del suo secondogenito e fermo lo trattenne. Poi, spingendolo con forza fino a fargli toccare con la faccia la nuda terra, un piede gli pose sulla schiena e con voce tonante così gli parlò - Che tu, infido Bashir, non abbia a incontrare il mio sguardo per tutto il ciclo di Kos, che grande è l’offesa che mi recano le tue stolte parole. Tu, infido Bashir mi rendi infelice padre per aver concepito un figlio tanto malvagio. Tu, infido Bashir, non sei degno neanche di porgere il sacro lavacro alle le mani di tua sorella Khalina. Vattene dalla mia vista, prendi le tue cose e soggiorna nella stalla insieme agli animali che da stasera quello è il posto che più ti si addice-
Così Rudash inveì contro il suo secondogenito Bashir che aveva osato proporre un illecito mercato di Khalina, la terzogenita figlia nella casa.

Come il piccolo Amin, terzogenito, tra i figli di Rudash, rivela di aver scorto Khalina allo stagno di Kelhor

Il giorno seguente Rudash condusse con sé Amin, il più giovane tra i suoi figli maschi, per istruirlo nel lavoro dei campi. Questi lavorò duramente sotto il sole cocente, per tutto il giorno rendendo orgoglioso suo padre. Quando giunse la sera Rudash compiuto tutto il lavoro, radunò gli animali per ritornare a casa. Spirava in quell’ora un dolce zefiro che risultò particolarmente gradito ai due uomini ancora oppressi dalla grande calura. Rudash parlò così a suo figlio: Amin, figlio mio, tu sei il più giovane tra i miei eredi e a me il più caro in affetto. Non è passato molto tempo da quando ti trastullavi nei giochi con i ragazzi della tua età. Ma ora che ti stai facendo uomo ho pensato di darti una casa e una moglie, così che tu possa trascorrere la tua vita nei pressi della casa di tuo padre. Così Rudash in segno di grande affetto parlò a suo figlio. Amin teneva il capo abbassato mentre ascoltava le parole di suo padre. Così rispose - Padre, io sono l’ultimo dei tuoi figli e a me riservi l’onore più grande. Te ne sarò riconoscente per tutti i giorni della tua vita. - Sorrise compiaciuto Rudash a quelle affettuose parole. - Tuttavia, disse ancora il giovane Amin, se tu me lo concedi desidero parlarti, che da tre giorni, il mio cuore è sconvolto e triste la mia mente. - parla, dunque, figlio mio, lo assecondò Rudash. - Padre or son tre giorni che mi recai con il gregge a far di pascolo presso le terre di Shamor. Ancora prima dell’alba i giovani agnelli si dispersero per le ombrose selve. Subito, affinché non un solo agnello mancasse la sera, al ritorno negli ovili, mi misi alla loro ricerca. Allora, senza che lo volessi capitai presso lo stagno di Kelhor. Lì, vidi le giovani vergini di Shawrandall e tra tutte, tua figlia Khalina. Padre i miei occhi non erano avvezzi a tanta bellezza e il mio cuore ne fu subito rapito. Da allora io sono preso d’amore per Khalina e con lei desidero giacere come a uomo e donna benedetti dagli Dei è concesso di giacere insieme. Questo disse all’incredulo Rudash il terzogenito Amin. Udite tali parole, l’anziano genitore, si fermò sulla strada del ritorno verso casa. Con occhi pieni di collera guardò il giovane figlio e su di lui proferì la maledizione. Che non osasse di mettere piede nella casa paterna poiché un peccato tanto grande non poteva esservi contenuto. Solo nel deserto di Kor avrebbe trovato dimora e in quel deserto se ne fuggisse prima che l’ira di suo padre compisse quanto la legge dell’onorevole città di Shawrandall stabiliva, così come era stato scritto e tramandato da innumerevoli anni.

Il servo Yabel offre se stesso a Rudash in cambio di sua figlia Khalina

Venne allora il valletto Yabel per parlare con il suo padrone Rudash. Era Yabel un nobile giovanetto di diciassette anni, gentile nei modi e di bell’aspetto. Purtroppo a causa della sconfitta subita da suo padre il Principe Jalabar nella lunga guerra contro l’onorevole città di Shawrandall era stato offerto in ostaggio come garanzia del trattato di pace sottoscritto tra le due potenze. Il Consiglio degli Anziani lo aveva affidato al vecchio Rudash e da tre anni viveva nella sua casa. L’anziano patriarca per riguardo della sua condizione gli aveva risparmiato i lavori più umili riservandolo per la cura della sua persona e per altre piccole mansioni domestiche. Venne la sera, prima che Yabel potesse parlare con il suo padrone. E dopo che costui ebbe consumato la cena, come era costume, gli recò la ciotola con l’acqua profumata per il lavacro delle mani, poi i morbidi sandali senza legacci, per il riposo dei piedi e infine la lunga veste di lana perché il fresco della sera non lo facesse rabbrividire. Solo allora Yabel, parlò al suo padrone. - Padron mio buon Rudash,- disse - prossimi al termine, sono i giorni del riscatto, nel vicino mese di H’aruk. Ora, come stabilito dalla legge della onorevole città di Shawrandall, all’alba del quindicesimo giorno del mese di H’aruk mi sarà concesso di lasciare la tua dimora per ritornare alla casa dove nacqui. - Mio Yabel, lo interruppe Rudash, - osi forse ricordare al tuo padrone i patti stabiliti? – Padrone, tu mi conosci, non oserei mai farti un simile affronto, ma dimmi, di grazia, se nel tempo da me passato nella tua casa puoi forse lagnarti per qualche mancanza o inadempienza. - E visto che il padrone restava silenzioso così continuò Yabel.- Padrone, quando rientrerò nella mia casa, vi prenderò possesso di molti beni. Infatti, come da tutti è conosciuto, nel mio lontano paese, nobile e molto ricca è la mia famiglia. - Bene - disse Rudash, - è vero, non posso lamentarmi del servizio che mi hai reso ed è ora che tu ritorni a confortare i tuoi anziani parenti. Che gli dei ti siano propizi e che tu possa essere allietato da una buona sposa e da una numerosa discendenza. Così parlò benigno Rudash.- Padron mio, buon Rudash continuò Yabel - Nella tua casa ho svolto il mio servizio e mai ho patito fatica o sofferenza perché con me sei stato indulgente. Che gli dei ti rendano merito per ciò che tu hai fatto a un semplice servitore. Ma nella tua casa avrei patito mille e mille volte l’ingiuria e la sferza, senza timore perché tu, nella tua casa conservi il più rigoglioso tra tutti i fiori. Dammi o Padrone, mio buon Rudash, dammi in sposa al compimento del riscatto, la tua terzogenita figlia Khalina il fiore della tua casa che scuote il mio cuore come l’impetuoso vento del mese di Var che piega le fronde degli alberi e annienta lo spirito degli uomini. Or è un mese che osai alzare lo sguardo su di lei recandole aiuto mentre attingeva l’acqua al pozzo di y’ebbaq e tua figlia Khalina mi ricompensò con un ritroso sorriso. Dammi in moglie tua figlia Khalina o buon Rudash e tutti i beni che posseggo nel mio lontano paese te li renderò, e io resterò per te servo nella tua casa per tutti i giorni della tua vita. Così parlò Yabel. Gravemente ascoltò Rudash il giovanetto. Con gesto severo della mano e con un calcio lo discacciò da sé. Così infine gli parlò con voce tremante di collera. Maledetto tu sia, infido servo Yabel, che hai osato alzare lo sguardo sulla mia figlia terzogenita. I giorni del tuo riscatto ora io li concludo, prendi i tuoi sandali e torna da tuo padre che mai né io né mia figlia Khalina si abbia a più rivederti. Così Rudash scacciò il giovane Yabel.

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