A Genova il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana
Viaggio in un recente passato nazionale
Emigrazione
Di
Massimiliano Troiani
In uno degli edifici più suggestivi di Genova, la Commenda di San Giovanni di Prè, che un tempo fu luogo di ospitalità per pellegrini di passaggio nella città ligure, è stato inaugurato uno dei musei più interessanti e “riusciti” degli ultimi anni: il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana.
Nato dall’accordo tra Ministero della Cultura, Regione Liguria e Comune di Genova, l’allestimento lascia intuire subito l’alta e originale qualità del percorso.
Dimentichiamo documenti e foto cartacee, perché il museo impone immediatamente un altro tipo di fruizione a cui bisogna adeguarsi.
Si capisce già dalla biglietteria, dove si viene dotati di un bracciale di gomma con un sensore che permetterà, avvicinandolo ad un altro sensore, di accedere a foto, lettere, didascalie, mappe, storie e quant’altro riguardanti questo importantissimo capitolo della nostra storia nazionale.
San Giovanni di Pré ospitava i pellegrini, gente che arrivava in città, oggi il museo narra invece le storie degli italiani che partivano. “Una grande operazione di memoria popolare e collettiva” come ha ricordato Paolo Masini (presidente del Comitato per la realizzazione del MEI) perché va ricordato che l’Italia è stata paese di emigrazione fino al 1973, anno in cui si comincia a considerare l’inversione di tendenza, si diventa paese di immigrazione.
E allora fa bene soffermarsi e riflettere su questo giro di boa epocale.
L’emigrazione, com’è noto, è stato un fenomeno che ha caratterizzato profondamente e per secoli la storia sociale del nostro Paese; il MEI ne inizia la narrazione dalla metà del 1800, sviluppandola su tre piani divisi in 16 aree tutte dotate di strumenti interattivi e multimediali.
E’ un viaggio di circa due ore, sofisticato, affascinante e a tratti commovente, perché è una storia che ci riguarda direttamente, ed è stata scritta riportando cifre enormi, di milioni di italiani che hanno raggiunto tutti, proprio tutti, gli angoli del mondo, per cercare una vita migliore, per fuggire da povertà e miseria, ingiustizie sociali e politiche ma anche, come ci ricorda il capitolo sulle missioni cristiane, per portare aiuto a che ne aveva più bisogno di noi.
Il costo di 5.3 milioni di euro per l’istituzione del museo sembrano (ormai abituati come siamo a lamentarci solo per gli sprechi, nel nostro Paese…) una cifra finalmente impegnata in modo intelligente e corretto, come a ricordare che la cultura – differentemente da quanto qualcuno crede - è una risorsa che crea risorse.
A poca distanza dal Museo, non a caso, sorge il famoso Acquario di Genova un’impresa culturale e scientifica che non ha bisogno di presentazioni e commenti essendo ormai un consolidato attrattore turistico e dunque portatore anche di notevoli risorse economiche. Ormai una solida istituzione.
Un museo alla Memoria merita un plauso soprattutto in questa epoca che, della mancanza di memoria, sembra quasi farsi un vanto, considerandola spesso un fardello di cui si può fare a meno per la comprensione del mondo in cui viviamo; altrove per fortuna non la pensano così e, come dice un proverbio africano, “quando non sai più dove andare, ricordati almeno da dove vieni”. Cura la memoria.