#307 - 21 maggio 2022
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letteratura

Uno spazio in omaggio al Sommo Poeta

Endecasillabi sciolti e ritmati nella lingua dell'Urbe

La Commedia

Canto V - II parte - versi 73 / 139

di Angelo Zito

E presi a dí: “Vorrei parlà a quei due
che cammineno accosti l’uno a l’artro,
mossi come le nuvole ner vento”.

“Aspetta che venghino da noi”, me fà,
“e pe’ l’amore che de qua l’ha spinti
je potrai chiede si te danno ascorto ”

Appena er vento li porta più vicino
“O anime accorate”, cominciai,
vorei parlà co’ vvoi, si m’è permesso”.

Come colombe, mosse dar richiamo,
co’ l’ali aperte voleno pe’ ll’aria,
tanta è la voja de raggiunge er nido,

così lasciato er gruppo de Didone,
attraverso quell’aria de tragedia,
li portò a me la voce mia pietosa.

“Tu che sei ancora in vita e vai a tròva,
in questo monno triste, senza luce,
noi che insanguinammo queli giorni,

si ciavevamo udienza presso Iddio
l’avressimo pregato de sarvatte,
ché compatisci er male ch’amo fatto.

De quanto vôi che raggionamo assieme
parlamoce e sentimo quanto dichi,
mentre che er vento mó pare carmasse.

Er loco mio natale è quela striscia
dove ch’er mare s’apparenta ar fiume,
che carico d’acqua scenne giù dai monti.

Pijò foco quest’anima gentile
de la bellezza mia che fu smorzata,
che a ricordallo me fa male ancora.

Amor che vôle amore da chi è amato
infiammò pure me co’ tanto ardore
che ancora adesso me lo porto addosso.

Amore cià portato a morì assieme,
Caina aspetta chi ce volle uccide”
Queste le parole che me disse.

A sentí le disgrazie de quei due
chinai er capo, stetti così a lungo
ch’er poeta me disse: “Mó che pensi?”

“Povero me”, risposi, “che sospiri,
che smania d’amore l’ha travorti
pe’ ffiní qua de sotto a ‘sto distino”.

Poi rivorto a quell’anime je dissi:
“Francesca pe’ qquer male c’hai patito
soffro e la pietà m’esce da l’occhi.

Ma quanno c’era solo tenerezza,
come fu che l’amore trovò er modo
de mette a nudo li vostri desideri?”

“niente è più doloroso”, me rispose,
“che ricordà de quanno eri felice
mó che sei in disgrazia, er duca tuo lo sa.

Ma si vôi conosce come è cominciato
l’amore che è sbocciato come un fiore,
me sentirai parlà mentre stò a piagne.

Stavamo a legge pe’ divertimento
come arse d’amore Lancillotto;
soli eravamo, soli e incuriositi.

Più vorte lo scritto ciappannò la vista
e le guance prenneveno colore,
ma solo un punto fu a legacce assieme.

Quanno baciò la bocca de Ginevra
quell’amante che ardeva come er foco,
questo, che sta co’ mme in sempiterno,

me baciò in bocca pieno de paura.
Complice chi ha scritto er libbro galeotto:
su quer punto finí la nostra storia”.

Mentre questo spirito parlava
l’artro piagneva in silenzio e pe’ la pena
me sentii perde le forze tutt’a’n tratto

e caddi come cade un omo morto.

La Commedia

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