Televisore gioia e dolore
Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Non sempre il progetto uomo va a buon fine. Ne è un esempio il demente del Cremlino, il cui algido sembiante umano custodisce, nell’imo, l’inossidabile ottusità del meccanismo. Eppure il compagno Vladimir Putin – già membro del partito comunista sovietico nonché ufficiale del KGB - è stato ammirato dai destrorsi di mezzo mondo - compresi i nostrani Salvini e Meloni - la cui schizofrenia politica è stata a dir poco imbarazzante… ma non originale. Anni fa un importante leader della destra italiana – caduto scioccamente in disgrazia - affermava di considerarsi ideologicamente figlio di Gramsci (citiamo a memoria) guadagnandosi l’epiteto di “spogliarellista” da parte della stampa di sinistra.
In tutta questa tragedia della guerra in Ucraina, apparecchiata dai russi, non dovrebbe sfuggire la presenza di uno scomodo, innominato convitato di pietra.
Russi e ucraini continuano a scagliarsi reciproche accuse di “nazismo”, mentre il presidente Zelensky non esita a salutare arcaicamente col pugno chiuso; e Putin insiste nel voler denazificare l’Ucraina.
Spigolando tra i talk show, ci vengono incontro altre perle. Una ricercatrice russa dell’università “La Sapienza” di Roma si mostra affranta perché la Russia ha perso “quella credibilità morale che si era guadagnata combattendo contro il nazifascismo”! In altre parole, a quanto pare, i cosiddetti “alleati” avrebbero riconosciuto a Stalin una credibilità morale! Ecco in una rete Mediaset un ragazzotto ucraino dall’aria bellicosa che, in tenuta militare, armato di tutto punto e guarnito di bandiera con simboli runici, inveisce contro Putin definendolo “il nuovo Mussolini” (si noti bene: non ha detto “il nuovo Stalin”). Mentre, in uno studio televisivo, gli opinionisti di turno discettano se siano più nazisti gli uni o gli altri belligeranti. E il giornalista Toni Capuozzo parla addirittura di una guerra tra due opposti fascismi.
Questi cammei vengono proposti con un ritmo carnascialesco: grottesco, inverecondo pendant alla tragedia della guerra.
Non ci diamo per vinti e finalmente – la fortuna aiuta gli audaci! – saltabeccando da un canale all’altro, ci imbattiamo in un’anziana signora ucraina che usa parole molto semplici, ma difficili evidentemente da pronunciare dai più: “Abbiamo conosciuto il Comunismo e non vogliamo più averci niente a che fare”.
Qui da noi, al calduccio, si usa dire che il comunismo è sparito, è morto, si è estinto. La Cina e la Corea del nord sono evidentemente due stati fantasma.
Al contrario il nazismo e il fascismo sono ben vivi e vegeti...mentre l’Unione Sovietica fa parte ormai della memoria ancestrale dell’umanità…Questa rimozione è ridicola e sa tanto di presa per i fondelli non riuscita. Ma dettata, comprensibilmente, da una sorta di istinto di sopravvivenza istituzionale.
In Italia, tanto per fare un esempio familiare, abbiamo avuto il partito comunista forse più forte d’Europa, grazie soprattutto all’attività di Enrico Berlinguer (preceduto egregiamente da Palmiro Togliatti), una brava persona come da più parti si è detto – e non abbiamo motivo di dubitare - ma propalatore di un’ideologia criminogena (il mito della lotta di classe – è bene sempre ricordarlo – è stato molto più sanguinario del mito della razza).
Tornando alla guerra in corso, sembrerebbe difficile prefigurare una soluzione a breve termine che, salvo possibili sorprese, potrebbe verificarsi in due casi: la tragica resa dell’Ucraina o la morte violenta del compagno Putin.