Promossa dalla Regione Sicilia
una equivoca legge regionale
in discussione in Assemblea
Centri storici siciliani a rischio
22 associazioni contro la “inevitabile rottamazione ”
Oltre 20 associazione di difesa dell’ambiente e del paesaggio hanno espresso le loro perplessità in merito ad un recente disegno di legge della Regione Sicilia (n° 602-641-711-732 del 2014) definendolo “Legge di rottamazione dei centri storici”.
Infatti, proponendosi di dare una boccata d’ossigeno al comparto edilizio, invogliando i cittadini ad effettuare interventi di ristrutturazione dei fabbricati nei centri storici, il disegno di legge intende superare le note «difficoltà di elaborazione ed approvazione dei piani particolareggiati», consentendo interventi diretti immediati sulle singole unità edilizie, senza la necessità di ricorrere a strumenti urbanistici di alcun genere, nemmeno alle più semplici varianti dei Piani Regolatori introdotte dall’Assessore regionale con la circolare DRU n. 3/2000, che costituisce già una notevole semplificazione rispetto alla procedura dei “piani particolareggiati”.
Purtroppo, per potere raggiungere questi obiettivi - fanno presente le associazioni - la proposta legislativa si fa portatrice di un’inquietante serie di “semplificazioni”, ricorrendo a regole generiche e sommarie, uguali per tutti i comuni dell’isola, che consentiranno di omettere le analisi urbanistiche delle diverse realtà territoriali.
Il rischio concreto è che, così facendo, si perda di vista l’obiettivo primario della tutela e della conservazione del patrimonio e della memoria storica, che anche nello spirito della nostra Costituzione non può essere posto in secondo piano rispetto alle “pressioni” della crisi economica.
Più segnatamente, il disegno di legge metterebbe il proprietario e il suo tecnico di fiducia nelle condizioni di trasformare un edificio a seguito di dichiarazione di inizio di attività, corredata semplicemente da una documentazione grafica e fotografica, in base alla quale attribuire motu proprio la tipologia di appartenenza all’edificio ed i conseguenti tipi di intervento consentiti per legge.
A questo punto, sempre secondo il dettato proposto dai legislatori regionali, vero è che le Sovrintendenze potranno intervenire caso per caso negando i nulla-osta o chiedendo modifiche ai progetti, ma soltanto per quegli interventi che comportino modifiche esterne, come se la tutela dovesse essere soltanto di tipo paesaggistico.
Per contro, per tutte le modifiche interne, compresi quindi anche gli sventramenti totali, l’intervento dei Sovrintendenti sarà invece richiesto soltanto con riferimento al patrimonio edilizio “qualificato”, cioè per quegli edifici classificati tali dallo stesso proprietario attraverso il suo tecnico di fiducia, oltreché, ovviamente, per le tipologie dei palazzi e per gli edifici specialistici monumentali, e non anche per tutta l’edilizia “di base” (edilizia residenziale minore) che, tra l’altro, potrà anche essere demolita e ricostruita. E a definire se l’edificio è qualificato è il tecnico di fiducia del proprietario, il quale ha tutto l’interesse a non definire qualificato l’edificio su cui intendono intervenire, e quindi anche sottrarlo alle valutazioni della Soprintendenza!
Più in generale, l’analisi della suddetta proposta pone numerosi interrogativi.
È lecito sacrificare la tutela finora prevista per i centri storici sull’altare della velocità e degli interessi economici, superando l’esperienza dei piani particolareggiati che, in alcuni comuni siciliani (Siracusa, Ragusa Ibla, Palermo), nonostante la loro impronta conservativa nei riguardi del nostro patrimonio storico, stanno dando i loro frutti anche in termini economici ed occupazionali?
Che fine farà la partecipazione democratica che l’attuale regolamentazione garantisce attraverso il “primato urbanistico” dei Comuni e, per quelli più all’avanguardia, la consultazione diretta dei cittadini?
Piuttosto che smantellare le tutele dei centri storici, perché non individuare una strategia complessiva volta da un lato a sbloccare gli iter di adozione dei PRG che in molti comuni sono fermi da decenni, e dall’altro a semplificare l’iter per l’ottenimento dei pareri necessari al permesso di costruire?
Recentemente alcuni Comuni dell’isola hanno impedito tentativi di speculazione edilizia perorati da gruppi d’interesse di vario genere. L’augurio è che questa legge non diventi lo strumento escogitato dal legislatore regionale per aggirare l’ostacolo, svuotando di contenuto i poteri urbanistici dei Comuni riguardo i loro Centri storici.
Se così fosse, si tratterebbe di un grave attentato al paesaggio, all’integrità di beni in alcuni casi dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO (che finirebbero col diventare mercimonio della politica), nonché al diritto di ogni cittadino di conoscere ed intervenire sulle scelte compiute sul proprio territorio.