#117 - 26 gennaio 2015
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Cinema

Riconoscibile l'impronta di Tim Burton

Calda accoglienza nelle sale italiane

Big Eyes

Rammarico per una candidatura agli Oscar negata

di Federica Fasciolo

Big EyesBig Eyes

Margaret, pittrice e madre appena divorziata, si trasferisce a San Francisco, dove mantiene se stessa e sua figlia lavorando in una fabbrica di mobili e cercando di vendere qualche suo quadro durante le fiere domenicali.
Proprio durante una di queste fiere conosce Walter Keane: anch'egli espone lì dei dipinti raffiguranti strade parigine e, con i suoi modi affabili e istrionici, riesce ad affascinare i clienti e la stessa Margaret.

Big EyesBig Eyes

I due si innamorano e si sposano presto, ma se l'avere ora lo stesso cognome porterà all'inizio a semplici fraintendimenti riguardo la paternità di ciascuna opera, non passerà molto tempo prima che una maggiore attenzione del pubblico verso i quadri di Margaret spinga Walter a prendersi il merito di qualcosa di non suo.

I grandi occhi dei bambini che Margaret raffigura, sproporzionati rispetto al resto del corpo ma tanto grandi perché specchio dell'animo e fonte di verità, diventano infatti presto famosi in tutto il mondo. Ma restare nell'ombra, tanto più a certe condizioni, è doloroso. E ha delle conseguenze.

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Tim Burton racconta in questo suo ultimo film la storia vera della pittrice Margaret Keane: nonostante le tinte pastello, il tipo di storia o anche (forse esagerando, ma è così che lui ci ha abituati) la stessa presenza di paesaggi illuminati dalla luce solare invece che oscure immagini gotiche possano non far pensare immediatamente a un suo film, non mancano certo i dettagli e le trovate che ricordano la firma Burton alla regia.

Impeccabile la performance di Amy Adams: la sua varietà espressiva e l'appropriatezza di ogni singolo gesto, capace di mostrare emozioni in modo semplice e potentemente diretto, è di chi non sta solo recitando, ma sta portando in scena la vita. Molto strano infatti, se non proprio ingiusto, che questa interpretazione non le sia valsa quella che sarebbe stata per lei la sesta candidatura agli Oscar.

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Christoph Waltz interpreta ascesa e discesa di un uomo che diventa presto (o meglio, relativamente presto, per gradi ma senza mai fermarsi) parodia di se stesso. E se il suo entusiasmo a volte sembra eccessivo e troppo rivelatore, la teatralità del personaggio comunque glielo permette.
Per Burton, Big Eyes è il secondo film biografico dopo Ed Wood, e come quest’ultimo (che aveva portato a casa due Oscar nel 1994) si può dire assolutamente ben riuscito: la storia intriga, spinge a combattere internamente con la protagonista.
Gli occhioni del titolo ci accompagnano per tutto il film, diventando anch’essi rivelatori di emozioni, protagonisti. Le relazioni tra Margaret, sua figlia, Walter e gli altri si intravedono e comprendono anche quando non mostrate direttamente. E, cosa più importante, la protagonista riesce a venire fuori, con le sue sfaccettature, imperfezioni e forza, non come un personaggio, ma esattamente per ciò che è: una persona vera.

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