Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
E’ d’obbligo iniziare queste righe con il ricordo del grande Gigi Proietti, morto “di sorpresa” la scorsa settimana in una clinica privata dove era ricoverato per motivi cardiaci. La prima reazione è stata d’incredulità. Non si è abituati ad accostare l’umorismo, l’ironia, la risata alla morte. E Proietti, ispirato fin dai suoi esordi dal sommo Petrolini, lo si ricorda soprattutto per la sua irresistibile comicità romanesca, venata, a tratti, di malinconia e di cinismo. E’ sopraggiunto – passata l’incredulità - un dolore sordo, come per la perdita di una persona prossima, quasi familiare. Lo hanno ricordato con commozione, i suoi allievi e i suoi amici, al Globe Theatre, il teatro in stile elisabettiano di Villa Borghese da lui voluto e di cui era direttore artistico. Toccanti le parole di Enrico Brignano, di Paola Cortellesi, di Marisa Laurito.
Unica nota stonata, l’intervento di Walter Veltroni, che ci ha tenuto a definirlo “un uomo di sinistra”, come se l’ appartenenza a questa o a quella fazione fosse da ritenersi un valore aggiunto. Ignorando, evidentemente, che l’arte è tale solo se riesce a parlare un linguaggio universale trascendendo qualunque forma di dipendenza coattiva, che sia ideologica, religiosa o etnica. L’angustia intellettuale di certi politici è sconfortante.
Dobbiamo ricordare anche la morte di un altro personaggio pubblico, il noto batterista del Pooh, Stefano D’Orazio, romano monteverdino, ucciso dal covid, commemorato a lungo dall’amica Mara Venier a Domenica in. La Venier, si è lasciata probabilmente prendere dalla commozione del ricordo intervistando Roby Facchinetti e Red Canzian è non ha rispettato, insolitamente, i tempi televisivi fino a risultare stucchevole: un’ora di commemorazione in un contenitore domenicale è troppo. Per di più senza dedicare neanche un minuto al ricordo del più popolare Gigi Proietti. Un errore grossolano che ci ha sorpreso.
Intanto continuiamo ad attaccarci a tutti i notiziari possibili e immaginabili nella speranza di una buona notizia sulla regressione della pandemia che invece continua a dilagare. Gli ospedali - ci dicono – sono al collasso. Ricordiamo che a Roma sono stati chiusi negli ultimi anni - a nostra memoria- almeno due grandi ospedali: Il Forlanini e il San Giacomo. Chiudere un ospedale è come chiudere una scuola o un tribunale: è un attentato all’assetto sociale di una nazione. Bisognerebbe - e dovrebbe essere un dovere - chiedere conto ai vari Marrazzo, Polverini, Zingaretti del motivo di queste decisioni dissennate e - lo possiamo constatare oggi, purtroppo – irresponsabili.