televisione, gioia e dolore
Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Ci avviamo lentamente a recuperare i consolidati ritmi della normalità; si incontra più gente per le strade, aumenta sensibilmente il traffico veicolare, i cassonetti pubblici, come per magia, tornano ad essere stracolmi di spazzatura.
Le ultime due settimane sono state punteggiate da alcune immancabili ricorrenze rituali.
La più sonora è stata quella del 25 aprile dove da numerosi balconi si è cantato Bella Ciao, una canzone dal motivo orecchiabile che ha acquisito, soprattutto negli ultimi tempi, un notorietà internazionale, essendo stata intonata, con svariati accenti, nelle manifestazioni di protesta di mezzo mondo.
Si è visto il Presidente Mattarella, suggestivamente in solitudine all’Altare della Patria, fare propria la magistrale lezione scenografica di Papa Francesco.
Spigolando nel web, non possiamo esimerci dal registrare – anche quest’anno, come sempre – un bordone di insofferenza e di malcelato (e a volte manifesto) dissenso verso una festività che le Istituzioni insistono a definire “di tutti gli italiani”. Lo sarà senz’altro, a condizione di revocare la nazionalità italiana ai “fascisti” ed ai “nazifascisti”, come vengono sbrigativamente liquidati i tiepidi, i freddi e i polemici (aggiungiamo di passata che “nazifascismo” è espressione grossolana attribuibile a ignoranza storica o a malafede: sarebbe come definire gli Alleati, “demosovietici”). Il 25 aprile è un giorno evidentemente divisivo: ma come può una festa nazionale essere divisiva? Anche nella scelta delle festività nazionali, le istituzioni hanno perso drammaticamente il contatto con l’Italia reale. Abbiamo letto qualche giorno fa un ottimo articolo di Stefano Zecchi su Panorama da cui estrapoliamo uno stralcio: “Ma di quale vittoria si tratta? L’Italia non ha forse perso la guerra? Si risponde:la vittoria sul nazifascismo. Ma non sono stati gli anglo-americani, dopo aver devastato con i loro bombardamenti le città italiane, ad aver vinto l’esercito tedesco e quel poco della Repubblica Sociale Italiana? Incontestabile. Allora? Alleate del vittorioso esercito anglo-americano c’erano le formazioni partigiane. D’accordo, ma tutte, non solo quelle comuniste, anche quelle cattoliche, liberali, socialdemocratiche, monarchiche...Le altre formazioni partigiane (quelle non comuniste n.d.r.) non si nascondono il fatto che c’era stata in Italia dopo l’8 settembre del ’43 una guerra civile e che, se s’inneggia alla vittoria italiana, questa è la tragica vittoria in una guerra civile”.
Sotto tono quest’anno anche la stucchevole festa del 1 maggio, orfana del grande concerto di Piazza San Giovanni annullato a causa del virus: una ricorrenza gabellata come festa di tutti i lavoratori ma che di fatto, a meno che non si voglia essere a tutti i costi miopi e sordi, con palmare evidenza, è stata monopolizzata di una ben individuabile fazione politica.
In questi giorni, si è svolta un’altra ricorrenza annuale, insieme più mesta e più composta: è presente in Italia una piccola, dignitosa, non schiamazzante comunità armena che ogni 24 aprile ricorda lo sterminio perpetrato dai turchi, nel 1915, durante l’impero ottomano.