#262 - 2 maggio 2020
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di martedi 30 settembre quando lascerà  il posto al numero 368. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Televisione

televisione, gioia e dolore

Zapping

Frammenti semiseri di cronaca televisiva

di Luigi Capano

Ci avviamo lentamente a recuperare i consolidati ritmi della normalità; si incontra più gente per le strade, aumenta sensibilmente il traffico veicolare, i cassonetti pubblici, come per magia, tornano ad essere stracolmi di spazzatura.
Le ultime due settimane sono state punteggiate da alcune immancabili ricorrenze rituali.

La più sonora è stata quella del 25 aprile dove da numerosi balconi si è cantato Bella Ciao, una canzone dal motivo orecchiabile che ha acquisito, soprattutto negli ultimi tempi, un notorietà internazionale, essendo stata intonata, con svariati accenti, nelle manifestazioni di protesta di mezzo mondo.

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Si è visto il Presidente Mattarella, suggestivamente in solitudine all’Altare della Patria, fare propria la magistrale lezione scenografica di Papa Francesco.
Spigolando nel web, non possiamo esimerci dal registrare – anche quest’anno, come sempre – un bordone di insofferenza e di malcelato (e a volte manifesto) dissenso verso una festività che le Istituzioni insistono a definire “di tutti gli italiani”. Lo sarà senz’altro, a condizione di revocare la nazionalità italiana ai “fascisti” ed ai “nazifascisti”, come vengono sbrigativamente liquidati i tiepidi, i freddi e i polemici (aggiungiamo di passata che “nazifascismo” è espressione grossolana attribuibile a ignoranza storica o a malafede: sarebbe come definire gli Alleati, “demosovietici”). Il 25 aprile è un giorno evidentemente divisivo: ma come può una festa nazionale essere divisiva? Anche nella scelta delle festività nazionali, le istituzioni hanno perso drammaticamente il contatto con l’Italia reale. Abbiamo letto qualche giorno fa un ottimo articolo di Stefano Zecchi su Panorama da cui estrapoliamo uno stralcio: “Ma di quale vittoria si tratta? L’Italia non ha forse perso la guerra? Si risponde:la vittoria sul nazifascismo. Ma non sono stati gli anglo-americani, dopo aver devastato con i loro bombardamenti le città italiane, ad aver vinto l’esercito tedesco e quel poco della Repubblica Sociale Italiana? Incontestabile. Allora? Alleate del vittorioso esercito anglo-americano c’erano le formazioni partigiane. D’accordo, ma tutte, non solo quelle comuniste, anche quelle cattoliche, liberali, socialdemocratiche, monarchiche...Le altre formazioni partigiane (quelle non comuniste n.d.r.) non si nascondono il fatto che c’era stata in Italia dopo l’8 settembre del ’43 una guerra civile e che, se s’inneggia alla vittoria italiana, questa è la tragica vittoria in una guerra civile”.

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Sotto tono quest’anno anche la stucchevole festa del 1 maggio, orfana del grande concerto di Piazza San Giovanni annullato a causa del virus: una ricorrenza gabellata come festa di tutti i lavoratori ma che di fatto, a meno che non si voglia essere a tutti i costi miopi e sordi, con palmare evidenza, è stata monopolizzata di una ben individuabile fazione politica.

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In questi giorni, si è svolta un’altra ricorrenza annuale, insieme più mesta e più composta: è presente in Italia una piccola, dignitosa, non schiamazzante comunità armena che ogni 24 aprile ricorda lo sterminio perpetrato dai turchi, nel 1915, durante l’impero ottomano.

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