Il Muratore
di Ruggero Scarponi
Quando il campanello di casa trillò Alberto, corse ad aprire.
Vado io! Gridò, all’indirizzo di sua moglie Valeria.
Si? Chiese, alla sconosciuta che si era presentata inaspettata alla porta.
La sconosciuta, prima di parlare, dette un’ultima tirata a un mozzicone di sigaretta, ne espirò il fumo e poi con una schicchera lo gettò lontano, in strada.
Solo allora sollevò il viso e disse:
Sono venuta per quella sua richiesta, quella del tramezzo da abbattere.
Ah! rispose esitante Alberto…
Io sono il muratore, si affrettò a dire la sconosciuta, e poi aggiunse, che fa, mi fa entrare?
Alberto si fece di lato e la ragazza entrò, sbatacchiando sullo stipite della porta vari attrezzi che pendevano da un cinturone che teneva allacciato intorno alla vita.
Era una ragazzona alta, molto ben fatta e molto attraente nella tenuta da operaio edile. Indossava un Casco giallo, e sotto, i lunghi capelli biondi erano raccolti in un grazioso codino. Indossava poi una canotta senza maniche, di lana, molto attillata da cui fuoriuscivano le spalline del reggiseno, di una taglia non insignificante, un paio di calzoncini jeans che a malapena nascondevano un accenno di rotondità nel posteriore e per finire pesanti scarpe modello antinfortunistica con calzerotti di lana grossa ripiegati sulla caviglia. Si aggiunga ancora che la ragazza possedeva un bel viso illuminato da due occhioni blu che incantavano chiunque li fissasse.
Dov’è il tramezzo da abbattere? Chiese Giulia, il muratore, appena entrata in casa.
Di là , rispose impacciato Alberto dopo una breve pausa, di là , le faccio strada. Sa, vorremmo abbattere il tramezzo per avere più spazio in sala da pranzo e…
In quel momento si affacciò Valeria. Dapprima squadrò la ragazza e poi Alberto, con aria interrogativa.
‘giorno, biascicò Giulia, che nel frattempo si era accesa un’altra sigaretta, sono venuta per abbattere il tramezzo.
Ma è lei…? cominciò Valeria.
Si, la prevenne la ragazza, è Bernardi che mi manda. Anche se io non sono una loro dipendente, io lavoro in proprio, a chiamata.
Ma noi…stava per dire Valeria.
No, io non so niente di questioni amministrative, signora, non deve parlare con me, io so solo che devo abbattere il tramezzo e poi stuccare. A me mi paga la ditta Bernardi, quindi se è per i soldi è con loro che se la deve vedere. Poi, però, quando ho finito, per cortesia mi dovrebbe firmare il modulo del fine-lavori.
Si, certo, va bene, credo comunque che vada bene così, balbettò Valeria. Si, con la ditta Bernardi siamo d’accordo, è che…
Allora, se è tutto a posto, la interruppe Giulia, inizierei. Ho portato con me un telo per appoggiare gli strumenti e non sporcare il pavimento che al pavimento lo so che la gente ci tiene, questo poi è di parquet chiaro...
Bene, bene…rispose sbrigativa Valeria, prego inizi pure, quanto crede che ci vorrà ?
La ragazza restò pensierosa qualche istante, poi, con la sigaretta che le pendeva dalle labbra, disse: Per abbattere il tramezzo, credo, un’oretta, per stuccare e rifinire…entro stasera dovrei aver terminato.
Senza dire altro Valeria si avvicinò ad Alberto e disse: Ma l’hai vista? Possibile che una così faccia il muratore? Sarà mica lo scherzo di qualche nostro amico? Io una così me la vedo a fare l’attrice di filmini hard non a fare...
Che fai Valeria, ridacchiò Alberto, adesso sei gelosa anche di un muratore?
Tu non fare troppo lo spiritoso, rispose piccata la donna, che te lo do io il muratore! Io ora devo uscire e tu…
Ma figurati, e poi io ho da lavorare al computer, disse Alberto. Anzi per non essere disturbato dal rumore che farà “questaâ€, quasi quasi me ne vado nel casotto degli attrezzi, in giardino. Lì c’è un tavolo dove posso lavorare tranquillo. E poi, tu, quanto starai fuori, un’ora, no? E che cosa può accadere in un’ora?
Valeria guardò Alberto fisso negli occhi e disse:
O, Alberto, bada, a me fessa non mi fai. Per il momento va bene così, ma stai attento…
Giulia iniziò a lavorare. Valeria si mise in ordine, dette un bacio ad Alberto, gli lanciò un’ultima occhiata allusiva, prese la macchina dal garage e uscì per delle commissioni.
Alberto traslocò con il computer nel casotto degli attrezzi in giardino. Ma dopo un po’ che cercava di concentrarsi sentì di avere una gran sete e rientrò in casa a prendere una caraffa d’acqua.
Si servì dal frigorifero e stava per tornare nel casotto, quando scorse Giulia, da dietro, di schiena.
Senta Giulia, disse, la vuole un po’ d’acqua?
No, grazie, adesso no, rispose quella, senza voltarsi e senza smettere di lavorare.
Fu allora che Alberto indugiò.
La ragazza lavorava di gran lena, con una mazza, dando formidabili colpi al tramezzo e già la sua schiena si stava bagnando di sudore.
Alberto la guardava ammirato per la forza che sprigionava da quel corpo aggraziato, arrotondato ma fornito anche di una muscolatura tonica e sportiva.
La canotta della giovane cominciava ad assorbire il sudore lasciando intravedere una macchia scura che si allargava sulla schiena.
Alberto era rimasto immobile a fissarla mentre i violenti movimenti che quella faceva ne mettevano in moto l’intera struttura fisica, facendone sobbalzare le rotondità .
Ora il sudore le scendeva copioso dalla testa, protetta dal casco, intridendo i capelli che avevano preso a gocciolare fino a formare un rivoletto che dalla nuca scendeva sulle spalle e da queste nell’incavo della schiena lasciando all’immaginazione di Alberto provocanti suggestioni.
Poi, improvvisamente la ragazza si voltò.
Alberto allora la vide di fronte e ne restò turbato.
Il volto di Giulia era madido di sudore. Alcune gocce le colavano dalla fronte sulle sopracciglia e da queste sugli occhi che umidi, luccicavano. Altre gocce le colavano dal naso sulle labbra e anche quelle, inumidite riflettevano piccoli bagliori luminosi. Dopo circa mezz’ora di lavoro la canotta di Giulia era completamente bagnata e più in basso, le cosce, piene e tornite, rilucevano completamente sudate.
Alberto si schiarì la voce prima di parlare, poi provò a dire: è sicura di non volere un po’ d’acqua?
Grazie, si, ora berrei volentieri, rispose la ragazza, fa maledettamente caldo qui.
Alberto le riempì un bicchiere d’acqua e glielo porse, quella lo prese e nell’avvicinarsi con il braccio teso, esalò un effluvio di sudore misto al profumo di deodorante.
La cosa lo scombussolò e lo eccitò non poco.
Poi restò a guardarla mentre beveva avidamente e quando ebbe finito disse:
Senta Giulia, mi tolga una curiosità .
La ragazza assunse un’espressione perplessa ma sembrava aver intuito la domanda che Alberto stava per farle.
Senta Giulia, continuò Alberto, com’è che una ragazza come lei fa questo mestiere da…
Da uomini? Completò Giulia.
Proprio, disse Alberto, seccato di essersi fatto scoprire così ingenuamente. Si, insomma, per questo tipo di lavoro non ci si aspetta di trovarsi di fronte una bella ragazza giovane…
Mi piace, lo interruppe Giulia. Mi è sempre piaciuto avere a che fare con la calce e i mattoni. Ho sempre avuto la fissa delle costruzioni, io. Mio nonno era muratore e io, da piccola, quando potevo, lo seguivo dappertutto. Così ho imparato il mestiere. Appena ho potuto, poi, mi sono iscritta a un istituto tecnico e…
E sarà stata l’unica ragazza tra tanti omaccioni, commentò Alberto.
Si, confermò Giulia e questo da una parte mi ha creato qualche problema ma alla fine mi ha favorito soprattutto quando alcuni di loro si sono resi conto che una donna non è necessariamente più debole, sul piano fisico.
Ah, ah, rise di gusto Alberto, non ne avrà steso mica qualcuno, che si era preso delle libertà ?
Steso, no. Ma a qualcuno ho dovuto…oh! Esclamò all’improvviso, ma io qui ho da lavorare e lei mi sta facendo perdere tempo, mi scusi sa, ma entro stasera devo aver finito, domani ho un altro impegno.
Ha ragione Giulia, perdoni le chiacchiere, ora la lascio in pace. Comunque io sono nel casotto degli attrezzi se ha bisogno…di qualcosa.
Si, grazie, ma non credo che avrò bisogno di nulla, qui ho tutto quello che mi occorre.
Alberto assentì con la testa e uscì nel giardino.
Si rinchiuse nel casotto degli attrezzi e cercò in tutti i modi di dimenticare la ragazza.
Valeria rientrò dalle sue commissioni dopo circa un’ora e trovò suo marito intento al lavoro, mentre Giulia come la stessa aveva previsto, aveva completato l’abbattimento del tramezzo.
Per prima cosa Valeria, indagò discretamente se suo marito avesse o meno lavorato durante la sua assenza. Da una rapida occhiata al computer si rassicurò. Per questo pensò di ricompensarlo e fu particolarmente gentile con lui. Preparò un bel pranzetto e lo chiamò a tavola appena pronto.
Venga anche lei Giulia, disse alla ragazza, venga a mangiare qualcosa insieme a noi.
No, signora, si schermì quella, sono tutta in disordine e piena di polvere. Al che si arrestò un momento e si accese una sigaretta. Poi concluse: grazie comunque e poi mi sono portata il pranzo da casa.
Più tardi Giulia prese una pausa, e consumò una frugale colazione. Poi accettò un caffè che Valeria le aveva preparato e subito riprese il lavoro, non prima di essersi accesa un’altra sigaretta.
Ma quanto fuma, disse Valeria sottovoce ad Alberto, tra la polvere che respira e il fumo delle sigarette deve avere i polmoni completamente intasati…
Eh, che vuoi, rispose l’uomo, è un duro lavoro.
Alberto, però, di sottecchi e senza farsi scorgere dalla moglie, la guardava. Tutto gli sembrava bello in Giulia, questo suo lavorare con la sigaretta perennemente in bocca e perfino la polvere di gesso sprigionata dal tramezzo, che l’aveva quasi completamente ricoperta e che mescolata al sudore le si era incrostata come una specie di crema di bellezza. La stessa polvere poi assorbita dagli indumenti era andata a sottolineare maliziosa le curve femminili che all’uomo parvero particolarmente desiderabili. Ma Alberto la guardava attratto da qualcosa di inconsueto. Dire che la guardava perché era bella sarebbe stato scontato, certo che Giulia era bella ma anche Valeria lo era e dunque quel che attirava Alberto era qualcosa di nuovo a cui non aveva mai pensato, qualcosa che di norma non ci si aspetta di trovare in una ragazza, vale a dire, la forza fisica. Vederla compiere quei lavori pesanti e dar di mazza contro il tramezzo, con vigore ma anche con una grazia tutta femminile, nella mente di Alberto, la esaltava.
Dopo pranzo Alberto, fingendo indifferenza, tornò a lavorare nel casotto degli attrezzi e Valeria riassettò la cucina.
Verso le quindici e trenta la donna si affacciò da lui e disse:
Senti, caro devo uscire, starò fuori un paio d’ore. Se la ragazza dovesse terminare il lavoro, puoi pensarci tu a firmare il modulo del fine-lavori?
Si, non ti preoccupare, rispose l’uomo, anche se credo che ci vorrà ben più di due ore per terminare tutto il lavoro.
Va bene, disse Valeria, allora, io vado. Ciao, a dopo.
Alle cinque del pomeriggio Valeria non era ancora rientrata e Alberto pensò di prendersi una pausa per un caffè.
Entrò in casa e fu sorpreso di non sentire alcun rumore.
Andò in cucina e chiamò a voce alta:
Senta Giulia, sto facendo un caffè, ne vuole una tazzina?
Non ricevendo risposta si mosse per capire dove fosse finita la ragazza dal momento che il lavoro non era ancora completato e quindi non era possibile che fosse già andata via.
Giulia! Chiamò di nuovo. Nessuno rispose.
Allora Alberto decise d’ispezionare la casa ma passando dinanzi al bagno sentì lo scroscio dell’acqua nella doccia e notò che la porta era aperta.
Fu Giulia a fare il primo passo.
Mentre Alberto era rimasto indeciso se entrare o meno nel bagno, la ragazza ne uscì fuori, senza indumenti. Lo assalì, abbracciandolo con le sue forti braccia. Poi lo sospinse contro il muro del corridoio e subito, incollò le labbra a quelle dell’uomo. In pochi istanti lo ricoprì letteralmente di baci e di carezze e prima che Valeria fosse rientrata si erano amati appassionatamente.
Poi tutto finì. Alberto era incredulo di quanto era avvenuto, totalmente disorientato. Si ricompose in fretta e mentre la ragazza si rivestiva lui andò a chiudersi nel casotto degli attrezzi. Si sentiva strano. Aveva goduto innegabilmente l’amore della ragazza, ma come fosse stato preso con la forza. Non era sicuro che se Giulia non avesse fatto il primo passo avrebbe preso lui l’iniziativa. C’era poi la questione della forza fisica. Quella ragazza era senza dubbio più forte di lui, l’aveva voluto e l’aveva preso, senza preoccuparsi di averne il consenso, certa del suo fascino e della sua forza. Questo lo inquietava perché faceva fatica ad ammetterlo ma un po’ gli era piaciuto. Come uomo si sentiva lusingato che una tale bellezza gli fosse saltata addosso ma virilmente si sentiva diminuito, quasi avesse ceduto, senza essere in grado di difendersi.
Poi arrivò Valeria.
Trovò suo marito tutto intento alla definizione di un progetto, al computer.
Ciao, disse, tutto ok? La ragazza ha finito?
Alberto sollevò lo sguardo dallo schermo del computer e rispose:
Cosa?
No, dicevo, replicò Valeria, se la ragazza ha finito…ma poi notando lo sguardo vago di lui, continuò, vabbè vedo che sei preso da altre cose, non ti preoccupare ci penso io.
Valeria entrò in casa e trovò Giulia che stava terminando il lavoro. Si era fermata giusto un momento per dare un’occhiata all’insieme e vedere se era venuto bene.
Notando l’arrivo della padrona di casa, la ragazza, dopo essersi accesa una sigaretta chiese:
Che le sembra?
Valeria dette un’occhiata piuttosto sommaria e poi si espresse positivamente.
Allora se mi firma il modulo, io avrei concluso, disse Giulia mentre riponeva gli attrezzi e i materiali che erano avanzati nelle apposite scatole.
Si certo, si affrettò a dire Valeria, ecco questo è il modulo firmato e grazie. Lei è stata di parola.
Dovere, rispose Giulia.
Grazie ancora, disse Valeria cercando di essere gentile, se desidera un caffè prima di andare…
No, signora, rifiutò con garbo Giulia, mille grazie ma ci ha già pensato suo marito, nel pomeriggio. Sa, con il caffè è meglio non esagerare.
Valeria accennò appena a un sorriso e poi disse:
Allora, grazie Giulia, se mai avessimo ancora bisogno di un muratore, sappiamo a chi rivolgerci.
Sempre a disposizione, rispose la ragazza, impegni permettendo.
Si certo, naturalmente, assentì Valeria.
Buona sera concluse Giulia, e mi saluti suo marito.
Non mancherò, disse Valeria nell’atto di chiudere l’uscio di casa appena Giulia se ne fu andata.