Il signor Giovanni
di Ruggero Scarponi
Il Signor Giovanni si alzò dalla scrivania alle 18,00 in punto. Con gesto calmo e misurato s’ infilò cappello e cappotto che per tutto il giorno l’avevano atteso pazienti sull’attaccapanni. Il signor Giovanni con un accenno di sorriso constatò che cappello e cappotto erano le uniche cose da cui non si aspettasse dei sommessi grugniti di disapprovazione. Con questa idea rassicurante si apprestò a salutare i colleghi e poi molto repentinamente, il Capo.
Da tutti costoro ricevette sommessi grugniti di disapprovazione.
Ma non era che l’inizio.
Infatti, si trovò in strada alle 18,05, in tempo, pensò il signor Giovanni, per prendere l’autobus 311 che l’avrebbe portato fino al capolinea, da dove avrebbe preso la metropolitana per raggiungere l’estrema periferia della città , in modo da poter sperare di salire sulla corriera delle 19,45, con la quale avrebbe raggiunto una sperduta frazioncina di campagna. Giunto finalmente lì, avrebbe quasi sicuramente trovato un piccolo bus navetta che dopo un viaggio di 28 minuti, l’avrebbe portato a destinazione. Ancora quindici minuti a piedi, a passo svelto e come Dio avrebbe, forse, voluto, sarebbe giunto a casa.
Dall’uscita dall’ufficio, fino a casa, il signor Giovanni scambiava rare e brevi battute con bigliettai e controllori dei vari mezzi di trasporto di cui era utente, raramente con qualche passeggero.
Ma sempre da tutti riceveva come saluto un sommesso grugnito di disapprovazione.
E non era ancora finita.
Giunto a casa, intorno alle 21,15 era sua abitudine salutare la famiglia con un: oh! Papà è tornato. E invariabilmente la risposta era un sommesso grugnito di disapprovazione.
Il signor Giovanni cenava da solo. Moglie e figli lo evitavano accuratamente a meno che non avessero motivi urgenti e improrogabili per parlargli, in poche parole, a meno che non avessero bisogno di denaro. Questo, fino sei mesi prima, da quando, cioè, il Signor Giovanni per togliere ai suoi amati familiari la sgradevole incombenza d’incontrarlo, aveva dato mandato all’ufficio cassa di trasferire i suoi stipendi sul conto corrente della moglie che poi provvedeva per sé, per i figli e per quanto possibile per il signor Giovanni.
Comunque fino ad allora il signor Giovanni tornando a casa dal lavoro aveva sempre potuto contare su una cena calda e al mattino prima di rivestirsi, su biancheria pulita e camicie stirate.
Tuttavia il ritorno a casa per il signor Giovanni non era sempre così sereno.
Spesso, infatti, doveva fronteggiare gravi situazioni di emergenza.
Nonostante che il paese godesse di un clima temperato con abbondanti piogge in primavera e autunno, c’erano lunghi periodi dell’anno in cui l’amministrazione comunale o chi per essa, interrompeva la fornitura dell’acqua adducendo a pretesto l’eccezionale siccità estiva, l’esaurirsi delle riserve e i numerosi guasti alle condutture.
Per cui non era infrequente, per il Signor Giovanni, trovare nel bagno di casa delle taniche con acqua maleodorante, tenute in serbo nella cantina, da usare come sostitute dello sciacquone del water.
Con l’elettricità e il gas le cose non andavano meglio e se un giorno ti mancava l’acqua potevi star certo che ripristinato il flusso sarebbe venuta meno l’elettricità e più sporadicamente ma sicuramente, almeno un paio di volte l’anno, anche il gas.
Con i mezzi di trasporto il signor Giovanni utilizzava un metodo scaramantico.
Per essere sicuro di non trovarsi di fronte alla improvvisa sospensione del servizio dei bus e della metropolitana, per guasti di vario genere, cercava ostinatamente di non pensarci. Credeva in tal modo di poter allontanare, almeno in parte, energie negative e flussi avversi, con, per la veritĂ , ben scarsi risultati.
Spesso, per giungere al lavoro in tempo, doveva arrangiarsi con l’automobile di qualche amico (il signor Giovanni non possedeva un’automobile) disposto a dargli un passaggio, non senza riservargli, però, sommessi grugniti di disapprovazione.
E in ogni caso anche questo sistema poteva rivelarsi tutt’altro che comodo, data la deplorevole situazione delle strade extra-urbane. Il signor Giovanni non poteva far a mano di sorridere pensando che persino gli scossoni dovuti alle numerose buche di cui erano costellate le strade, suonavano come sommessi grugniti di disapprovazione.
Il signor Giovanni, aveva conteggiato, una sera, mentre attendeva da più di un’ora di prendere la navetta, che in una giornata media poteva arrivare a collezionare la bellezza di una trentina di sommessi grugniti di disapprovazione.
Perfino quando un giorno si era messo in ferie per tinteggiare la casa degli anziani genitori, mentre si dava da fare con vernice e pennelli, non era sfuggito ai numerosi grugniti di disapprovazione che madre e padre gli riservarono durante il giorno.
Anche durante il pranzo e poi nel pomeriggio, mentre prendevano insieme il caffè, a lavoro finito.
L’unica gratificazione che riceveva, pensava il signor Giovanni, era l’abbaiare festoso di Nancy, una cagnolina che tutti i giorni lo attendeva fiduciosa che passasse davanti al cancello della villetta, in cui abitava insieme ai padroni.
Ciao Nancy! rispondeva sorridente il signor Giovanni a quelle spontanee manifestazioni di affetto.
A dire il vero anche Aladino, il gatto del vecchio turco che gestiva un chiosco dove il signor Giovanni, talvolta all’ora di pranzo, si fermava per mangiare un panino al kebab, si mostrava socievole e desideroso di coccole.
Per cui a conti fatti il signor Giovanni poteva contare, a fronte di circa trenta grugniti di disapprovazione, di almeno due sincere e spontanee manifestazioni di affetto.
E il signor Giovanni giudicò che non era poco.
Quando il signor Giovanni fu avanti negli anni, un giorno, si sentì male e decise di farsi visitare da un medico specialista. Questi, dopo averlo osservato attentamente, e dopo non pochi e prolungati grugniti di disapprovazione, gli comunicò la diagnosi.
Allora il signor Giovanni comprese di non avere scampo. Tempo un mese o due e avrebbe dovuto abbandonare questa vita terrena.
Così pensò che sarebbe stato gentile da parte sua passare a salutare tutti gli amici e conoscenti, prima di ritirarsi per sempre dal mondo.
In tal modo, quel giorno, riuscì a collezionare una cinquantina di sommessi grugniti di disapprovazione e in più non poté contare sull’affettuoso saluto di Nancy e di Aladino che l’avevano preceduto nell’aldilà .
Nemmeno al suo funerale furono risparmiati al signor Giovanni sommessi grugniti di disapprovazione, prima dal sacerdote durante la breve omelia e poi dai parenti, tutti, al momento in cui la bara con dentro il suo corpo, fu caricata su un furgone che fungeva da carro funebre comunale.
Un’ora dopo, tra i sommessi grugniti di disapprovazione degli operai addetti, fu tumulato nel piccolo cimitero di campagna.
Qualcuno non mancò di notare, negli anni a venire, come la tomba del signor Giovanni, fosse l’unica ad essere presidiata da rondini, passerotti e pettirossi che con i loro cinguettii festosi, rendevano allegro e leggero il sonno eterno del signor Giovanni.