#232 - 21 dicembre 2018
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Racconto

Incontro con Babbo Natale

di Ruggero Scarponi

Dai, non te la prendere, disse Kurt, il capo-officina, sarà stato qualche buontempone in vena di scherzi natalizi.
Ma Goran Svenson non era dello stesso parere. Non posso darmi pace, disse, io sono sicuro che quello che mi ha parlato nella foresta, era Babbo Natale.
I compagni di Goran che avevano ascoltato il colloquio tra i due mostrarono un sorrisetto accondiscendente che fece infuriare Goran.
Che fate? Mi prendete per matto? Vi giuro che ci ho parlato, come ora sto parlando con voialtri.
Dai Goran, riprese Kurt il capo-officina, torniamo al lavoro, ora; abbiamo un sacco di prenotazioni e dovremo fare gli straordinari per completare in tempo le consegne.
Il ragazzo fece una smorfia di disappunto, accennò di sì con la testa e si diresse al capannone dove era addetto alla rifinitura dei manufatti in legno.
Accidenti, rimuginò tra sé, non ci sto a essere gabbato in questo modo. Se mi capita di nuovo a tiro quel grassone rubizzo, sono capace di strappargli la barba pelo a pelo.
Il giorno seguente Goran fu spedito dal capo-officina a cercare alcuni legni pregiati nella foresta.
Stava giusto tagliando un grosso ramo, con l’ascia, quando fu sorpreso da un’ombra che per qualche istante lo sovrastò completamente.
Si fermò spaventato. Alzò gli occhi al cielo ma non scorse la causa di quello strano fenomeno.
Sono io, risuonò a un tratto una voce possente, ti ho fatto ombra con la mia slitta. Sai in questi giorni non faccio altro che andare avanti e indietro carico di regali. Tra poco è Natale e tutto deve essere pronto, come sempre. Per fare più in fretta attraverso la foresta al di sopra degli alberi.
Goran osservava, schermandosi gli occhi con il palmo di una mano, il grosso vecchio vestito di rosso che gli parlava da una gigantesca slitta che fluttuava a mezza altezza in una vasta radura tra gli alberi.
Ma siete vero o è solo uno scherzo della mia immaginazione?
Il vecchio proruppe in una fragorosa risata, dette un colpetto di frusta sugli zoccoli delle renne attaccate alla slitta e in un turbinio di foglie secche e neve, sparì così come era venuto.
Maledizione, imprecò Goran, avrei potuto parlargli, chiedergli una spiegazione. Sono proprio un babbeo e forse i miei compagni non hanno torto a pensare che mi sia inventato tutto. Eppure mi è sembrato tutto così vero. Ieri sono certo di averci parlato. Non posso aver sognato tanti particolari così realistici. Quando ci siamo incontrati nella foresta il vecchio mi ha chiesto come mi chiamavo e che lavoro facevo. Appena ho detto che lavoravo alla falegnameria mi ha assicurato che sarebbe venuto a fare acquisti, avrebbe comperato l’intera produzione di un anno. I nostri giocattoli in legno sono famosi in tutti i villaggi e lui ne aveva sentito parlare. Per questo io avevo avvisato il Signor Kurt di tenersi pronto che quest’anno avremmo venduto tutto con ampio anticipo, rispetto alle annate migliori.
Quella notte Goran non riuscì a prender sonno. Che faccio, pensava, racconto di questo nuovo incontro con Babbo Natale a rischio di passare per matto o non ne faccio parola con nessuno?
Ma sua madre Helga non ci mise molto a capire che suo figlio covava un grave pensiero.
Al mattino seguente, mentre prendevano la colazione lo interrogò senza tanti preamboli: Che ti succede, ragazzo, hai problemi di cuore? Qualche bella fanciulla ti fa ammattire?
Magari, rispose sconsolato Goran, fosse quello il problema.
Alla tua età sarebbe normale, rispose Helga, altrimenti prova a raccontarmi cos’è che ti tiene tanto in ansia.
Goran dopo un attimo d’indecisione raccontò dei suoi incontri nella foresta con Babbo Natale.
Ho capito, disse Helga, ora ascoltami bene e cerca di fare esattamente quanto ti dirò.
In quattro e quattr’otto la mamma di Goran gli spifferò nell’orecchio quello che aveva pensato.
Goran ascoltava attento mentre il suo sguardo si rasserenava sempre più.
Bene, mamma, disse convinto, domani con una scusa chiederò di nuovo al Signor Kurt di mandarmi nella foresta e se dovessi incontrare il Vecchio…saprò come comportarmi.
E così fece il giovane Goran, con la scusa che era rimasto sprovvisto di non so quale legname, convinse il Signor Kurt a mandarlo in cerca nella foresta.
Come aveva previsto verso mezzogiorno l’enorme slitta di Babbo Natale passò sopra la sua testa, più in alto delle cime degli alberi esattamente come era avvenuto il giorno prima.
Babbo Natale! Urlò Goran con quanto fiato aveva in gola, Babbo Natale, ti prego fermati, parliamo.
A quel richiamo la slitta sembrò scuotersi tutta e dopo una brusca virata si posizionò di nuovo a mezz’altezza nella radura tra gli alberi.
Accidenti, ragazzo, esclamò il vecchio, per poco non finivo contro quelle rocce, che diavolo ti è venuto in mente di chiamarmi a quel modo, mi hai fatto spaventare.
Vi chiedo scusa, disse Goran, ma era assolutamente indispensabile che vi parlassi.
Bene, dal momento che sei riuscito a farmi fare questa sosta fuori programma, dimmi tutto e fallo alla svelta che non ho molto tempo.
Semplice replicò Goran, per quanto ho da dirvi non ci vorrà molto. Per esempio, perché vi siete preso gioco di me?
Ma di che parli? Protestò Babbo Natale. Io non mi burlo di nessuno, figuriamoci di un ragazzo.
Ma senti tu che faccia tosta, insorse Goran, non mi avevate promesso, non più tardi di ieri l’altro che sareste venuto alla fabbrica per acquistare tutti i nostri giochi? E che fine ha fatto la vostra promessa? Io mi sono esposto con il capo-officina e tutti i miei colleghi. Bella figura mi avete fatto fare.
Senti ragazzo, ma queste cose chi te le ha suggerite, tua madre? Ti par questo il modo di parlare a Babbo Natale? Come fossi un bugiardo matricolato? Se fossi in te peserei meglio le parole e soprattutto penserei bene a cosa ti ho detto veramente, la prima volta che ci siamo parlati.
Detto questo, il vecchio lanciò un fischio acuto e prolungato che mise in moto le renne che trainavano la slitta e veloce come il vento sparì rapido fra le nuvole.
Goran si sedette su una roccia sotto un grande abete e stette pensieroso. Non riusciva a comprendere cosa avesse voluto dire Babbo Natale con quel “cosa ti ho detto veramente…â€. Era sicuro di cosa gli aveva detto, se lo ricordava benissimo. Babbo Natale gli aveva detto che gli avrebbe fatto visita alla fabbrica per acquistare l’intera produzione di un anno, questo gli aveva detto, ne era più che certo.
Eh, eh! Fa sempre così, quel vecchio citrullo, non è mica la prima volta.
Chi ha parlato? Chiese a voce alta Goran, che nel frattempo aveva preso a brandire la grossa ascia a due mani, non vedo nessuno qui intorno. Se qualcuno vuole parlare con me è bene che esca subito allo scoperto e si mostri ai miei occhi. Dopo una lunga pausa di silenzio, sbucò fuori da un fitto cespuglio di rovi, un tipo strano, una specie di elfo, basso e tracagnotto con un cappello verde in forma di pan di zucchero.
Eccomi, disse, appena raggiunse la radura in fronte a Goran. Era ancora pieno di foglie secche e spine che gli si erano conficcate su tutto il suo bizzarro abbigliamento.
Cosa stavi facendo lì nascosto, mi stavi spiando? Lo interrogò Goran.
Ma figurati! Si schermì quello, di te non me ne importa un fico secco. Piuttosto stavo raccogliendo prove.
Prove di che? Chiese Goran.
Ma come di che, replicò l’elfo, non sei stato appena burlato e defraudato da quel grasso impostore?
Io…? Tentò di difendersi Goran, veramente, io…
Si, tu, tu, lo incalzò l’elfo, so tutto io. So cosa ti ha fatto e che bella figura hai rimediato. E come ho detto all’inizio di questo nostro colloquio, non è la prima volta che si burla dei giovani ingenui e creduloni come te.
Goran scosse la testa sconsolato.
Il fatto è, disse, che non so più nemmeno io che cosa ho visto. Ho visto e parlato davvero con Babbo Natale oppure mi sono sognato tutto? Non so che cosa pensare.
Ahi, ahi! Ribatté l’elfo, dunque sei a questo punto, non sai neanche se stai dentro a una favola.
Parola mia sei un caso disperato.
Ma insomma, s’infuriò Goran, chi ti credi di essere, tu che all’improvviso spunti da sotto un cespuglio di rovi vestito come usava trecento anni fa. Con quale diritto vieni a dirmi questo e quest’altro e che sono un ingenuo, un caso disperato! Chi sei tu, piuttosto e che hai a che fare con Babbo Natale?
Mentre Goran parlava l’elfo si sbellicava dalle risate. E più si sbellicava più montava la rabbia di Goran.
A un certo punto il ragazzo non potendone più insorse contro l’elfo con violenza.
Prese l’ascia a due mani la sollevò sopra la sua testa e lasciò cadere un tremendo colpo sull’ometto squartandolo praticamente a metà.
Oooh! Esclamò soddisfatto, ora la smetterai di fare il saccente e di darmi tutte le tue stramaledette sentenze.
Detto questo gettò l’ascia nella neve fresca e si avvicinò all’elfo per vedere più da vicino come lo aveva ridotto.
Ma per quanto cercasse non riusciva a scorgerne traccia.
Che sia sprofondato nella neve? Pensò.
Prese allora a scavare di fronte a sé, di lato, dietro, più vicino, più lontano ma dell’elfo o meglio di quanto doveva esserne rimasto, nulla, nemmeno mezzo bottone della giubba, niente, nemmeno la punta del suo cappellaccio a pan di zucchero. Questa è proprio bella, disse a voce alta, non solo Babbo Natale, ora persino gli elfi si burlano di me apparendo e scomparendo come ombre nella notte.
Non aveva finito di pronunciare tali parole che all’improvviso gli sembrò di udire un ridacchiare diffuso.
Incredulo cominciò a cercare chi osasse prenderlo in giro dopo la brutta fine che aveva fatto fare all’elfo. Con sgomento si accorse che a ridere di lui erano i passerotti. Li sentiva ridacchiare nei nidi appollaiati sugli alberi e ridacchiavano anche quelli che svolazzavano in cielo per poi scendere rapidi fin quasi a sfiorarlo.
Che siate dannati, urlava Goran, fate di venirmi a tiro e vedrete di cosa sono capace. Poi prese delle grosse manate di neve, ne fece delle palle ben dure e cominciò a bersagliare gli uccelli senza riuscire a colpirli.
Visto che era impossibile coglierli durante il volo, individuò alcuni nidi che prese di mira.
Dopo un paio di tentativi riuscì in effetti a centrarli facendone cadere gli implumi abitatori e qualche uovo.
Ridete adesso! Urlò con aria di sfida ai passeri che impotenti assistevano alla rovina della loro casa e della prole.
Ora non sono più tanto comico, nevvero? Ora vi faccio paura, eh? Maledetti passeri.
Finito di urlare nella foresta scese un silenzio gravido di tensione.
Goran si lasciò cadere stremato su un mucchio di neve ma sobbalzò appena si rese conto che qualcosa sotto di lui si era mosso. Che accidenti succede, disse, chi c’è qua sotto.
A Goran si gelò il sangue sentendo che dal mucchio di neve saliva irriverente la risata dell’elfo.
Per tutti gli alci, imprecò, a te io ti avevo spaccato in due com’è che sei di nuovo tutto intero, adesso?
E questo è niente, ridacchiò l’elfo, ne devono succedere di cose, ragazzo mio.
Svelto come una lepre l’elfo si sgrullò la neve di dosso per sparire rapido sotto il cespuglio di rovi da dove era apparso.
Goran non provò nemmeno a seguirlo ma si girò per scoprire se anche i nidi abbattuti erano tornati al loro posto in mezzo ai rami degli alberi.
Accidenti, rimuginò, vedendo con disappunto davanti a sé un macabro spettacolo. Uova infrante, piume e piccoli uccellini giacevano un po’ dappertutto nella radura.
La sua furia era stata terribile e ne avevano fatto le spese degli innocenti.
Bè, ridevano di me, si disse Goran cercando una valida ragione alla strage che aveva appena compiuto.
Ah! E così tu fai fuori tutti coloro che ridono di te? Preparati a fare delle belle stragi, in futuro, fintanto che diventerai un uomo! Goran si girò intorno sorpreso a quelle parole ma quasi subito comprese chi è che le aveva pronunciate.
Babbo Natale! Finalmente siete tornato. Che mi sta succedendo, da quando vi ho incontrato la prima volta la mia vita è cambiata e non certo in meglio. Vi prego spiegatemi voi. Ma soprattutto mostratevi, perché non riesco a vedervi.
Eh eh! Ridacchiò il vecchio. Per la verità non c’è molto da spiegare è tutto molto semplice e tutto sta davanti ai tuoi occhi, se vuoi vederlo. Persino io che fino a poco fa ti facevo sobbalzare con l’ombra della mia slitta, ora son qui davanti a te e non riesci a vedermi. Ma non ti preoccupare è tutto normale, reale. È la fantasia giovanotto! Nella tua mente le cose esistono, oppure no, dipende solo da te.
E i passerotti? Obiettò Goran, che ne ho fatto, li ho uccisi davvero? Lì la fantasia non c’entra.
È solo questione di punti di vista, replicò il vecchio, i passerotti potevano benissimo essere dei fiocchi di neve che tu hai fatto cadere dagli alberi bersagliandoli in mezzo ai rami. L’elfo, invece, era un lepre delle nevi, agile e astuta.
E il Signor Kurt, la fabbrica?
Fantasia, fantasia…
E voi?
Io?
Si, voi, anche voi siete fantasia?
Bè a dire il vero…fossi matto che te lo dico!

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