#230 - 17 novembre 2018
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerà  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Psocotteri

Prima parte

di Ruggero Scarponi

Domenico Bertoli disse:

  • Sono stanco – e s’ insaccò nella poltrona. Mancava almeno un’ora al pranzo e decise di fare un sonnellino nell’attesa.
    L’ultima lettera che aveva letto diceva:
    Caro “Mimìâ€,
    Ho appena terminato di leggere la tua ultima “faticaâ€.
    Tu mi conosci, non puoi aspettarti che approvi.
    Pure, venderà bene, questo è certo.
    L’ho cominciato iersera e l’ho terminato all’alba, senza interruzione.
    Se anche quest’anno verrai al lago, fammi il piacere di venire a trovarmi.
    Vorrei discuterne con te, seriamente. Senza polemiche stavolta, lo prometto.
    Solo per il gusto di dibattere, da amici.
    A proposito, ringrazia Sofia (la segretaria di redazione della casa editrice, N.d.A.), se hai modo di sentirla. E’ stata solerte come il solito e mi ha fatto giungere la copia prima che ai giornali, così quando leggerò le recensioni, avrò la conferma delle scemenze che vanno scrivendo su di te.
    Tuo affezionato Gabriele
    Da un po’ tempo Domenico rifletteva sul rapporto tra critica letteraria e musica pop. Da allora la stampa, le terze pagine dei giornali avevano preso a interessarsi di lui. Da oscuro saggista di provincia era stato elevato al rango di insigne letterato. Aveva studiato molto, davvero. I Siciliani, i Provenzali, Dante e gli altri stilnovisti, ma fintanto che le sue ricerche avevano riguardato le fonti, la critica, i codici, gli originali, le intricate redazioni, nessuno al di fuori di qualche sperso studioso dei polverosi dipartimenti accademici aveva sentito l’esigenza di sfogliare quegli scritti, densi di note, rimandi, bibliografie ecc. Poi era arrivata la svolta. Un tale, conosciuto per caso all’università, si era presentato come il direttore editoriale di un marchio pressoché sconosciuto.
    • Non la conosco – disse brusco Domenico, quando l’uomo mostrando le sue credenziali aveva chiesto un colloquio.
    • Ma come Professore! Abbiamo pubblicato da poco l’opera in due tomi di Gabriele Del Toma.
    • Non ne so nulla.
    • Eccola professore! Veda lei –
      L’opera del suo più antico rivale alla cattedra di letteratura campeggiava in bella evidenza nella vetrinetta all’ingresso del dipartimento.
      Domenico si avvicinò per osservare più da vicino. Sembrava vera. Due tomi da almeno cinquecento pagine l’uno, con la copertina rigida, una bella sovraccoperta a colori, racchiusi in un elegante cofanetto.
      -Quando?
    • E’ appena uscita. Per la verità, questa copia, l’ho portata io stesso, stamattina…
    • Il Preside ne è informato?
      Domenico aveva assunto un atteggiamento inquisitorio. Era visibilmente contrariato e cercava un pretesto qualsiasi per cogliere in fallo il suo interlocutore.
    • No, - aggiunse - perché se il Preside non ne fosse stato informato potrebbe costituire un grave motivo di…
    • Professore! – esclamò l’uomo – noi saremmo lieti se anche lei volesse dirigere una collana come il suo collega.
      Domenico fino a quel momento aveva serrato la mandibola per controllare il disappunto e la rabbia.
    • Del Toma dirige una collana?
    • Per l’appunto. Quest’opera che le ho mostrato è la prima uscita…
    • Ma siamo nello stesso campo, non vedo come potremmo dirigere due collane analoghe nella stessa casa editrice.
    • E’ vero, ha ragione, non sarebbe possibile.
    • E allora?
    • Allora professore, io avrei convinto l’Editore…
    • Lei? Lei avrebbe convinto un editore?
    • Vorrei arrivare al punto. A lei chiederemmo l’impegno per un lavoro a metà tra…
    • Ho capito. Ma io vivo bene così, non ho bisogno d’impelagarmi in progetti fantasiosi. Piacere di averla conosciuta. Tra poco ho lezione. Voglia scusarmi.
    • Le invierò il progetto per lettera. - fece appena in tempo a dire l’altro - Lo legga almeno. A proposito Professore. Il mio nome. Lorenzo Colajanni…
    • Arrivederci, mi scusi ma ho fretta, arrivederci.
      Domenico sparì nell’aula in mezzo a un nugolo di studenti.
      Solo più tardi a casa riflettendo sugli avvenimenti della giornata ricordò improvvisamente che Lorenzo Colajanni era omonimo, o forse la stessa persona di un Professore d’italianistica a Oxford.
    • Ma certo! – esclamò durante il pranzo – Oxford! Il più giovane insegnante di Oxford. Come mai ora fa il direttore editoriale di una sconosciuta Casa editrice?
      Nel pomeriggio si procurò l’indirizzo del giovane docente e gl’inviò un biglietto di scuse.
      Sempre nel pomeriggio ricevette a tempi rapidissimi il progetto editoriale per la sua collana.
      Nella carta intestata su cui era stata battuta la lettera, si evidenziava che il professore oxfordiano non solo era il direttore editoriale ma anche il proprietario dell’Editrice. Così era cominciata la sua fortuna.
      Aveva derogato a qualche convinzione all’inizio. Il giovane Editore lo aveva convinto a preferire un campo d’indagine più artistico che scientifico. Il pubblico aveva gradito. I suoi lavori andavano bene nelle librerie e cominciavano anche le interviste. Prima le più rinomate riviste di settore, poi i quotidiani a diffusione nazionale e infine, i popolari talk show televisivi.
      Del Toma voleva parlargli. Di cosa? Era una vita che si contrastavano. Lui con la sua collana pidocchiosa. Bei volumi è vero, curati, seri anche, dal punto di vista scientifico, ma che faticavano a vendere cento copie in tutto. Un bruscolino se paragonato alle migliaia di copie che si sarebbero vendute con la sua ultima “faticaâ€.
      Ora era stanco. Avrebbe voluto fare un sonnellino prima di pranzo, ma non gli riusciva. Sulla scrivania aveva tante lettere di ammiratori. Era apparso da poco in televisione e dopo sapeva bene per esperienza che per giorni e giorni sarebbe stato inondato da valanghe di lettere. Ammiratori, saggisti fasulli che inviavano tonnellate di manoscritti che lui non avrebbe mai neanche sfogliato, poeti mitomani, romanzieri falliti…Con sgomento si rese conto che non aveva neanche aperto il pacco con le copie del suo ultimo libro che l’editore gli aveva inviato.
    • Del Toma se l’è letto tutto d’un fiato stanotte. Forse vuole chiedermi qualche cosa. È un po’ che non mi attacca. Io però non ho neanche aperto il pacco.
      Prese le forbici sulla scrivania e tranciò di netto lo spago con cui era legato.
      Infilò le mani dentro una scatola. Per un istante si sentì mancare ebbe una sensazione come di infilare la mano in un recesso ignoto, oscuro e ostile. Si accorse di sudare leggermente. Sorrise nervoso.
      Ritrasse la mano con una copia del volume.
      Bello. Bello veramente. Faceva la sua figura. Compatto, ben rilegato. Lo sfogliò. L’occhio scorse rapido le righe con un misto di apprensione e voluttà. I caratteri neri si stagliavano autorevoli sul bianco avorio della carta. Le righe avevano una giustezza che rispettava l’esigenza dell’occhio a una corsa moderata così che il bianco dei margini fosse ampio e riposante. L’inizio dei capitoli era elegante. I capolettera svettavano ma senza eccessi, senza svolazzi, rispettando una certa dignitosa sobrietà. Le pagine bianche marcavano con eleganza le tre parti in cui era suddiviso il volume. Nel girare le pagine godeva dello scricchiolio della carta e del fruscio delle pagine che scivolavano una sull’altra. Andò con la mente alle ultime correzioni che aveva siglato prima di licenziare il testo per la stampa. Ripercorse a memoria quei punti per controllare che gli errori fossero stati corretti come indicato. Sorrise soddisfatto.
      Soppesò il volume tra le mani, ancora aperto a metà.
      Si portò davanti a uno specchio. In piedi con il volume in mano.
    • Purtroppo – si disse con amarezza – è una schifezza. Una schifezza che venderà e grazie alla quale guadagnerò altri bei soldini. Farò ricche vacanze. Mi potrò permettere di visitare tutte le più importanti biblioteche del mondo…E poi? Che me ne farò?
      Ritornò alla scrivania. Sprofondò nuovamente nella poltrona. Il volume era rimasto aperto a metà davanti a lui.
    • Fra poco sarà ora di pranzo. Farò un sonnellino nel pomeriggio. Riprese nuovamente il libro per scorrerlo a caso.
      Ma d’improvviso fu scosso da un tremito.
    • Com’è possibile? – si disse.
      Nascosto al centro del volume nel canale tra la pagina destra e la sinistra dove spunta il filo refe della rilegatura un minuscolo corpuscolo nero, infinitesimo sembrava essersi mosso.
    • Ma che? – Urlò schifato, balzando in piedi.
    • In un volume nuovo?
      Si appoggiò con le braccia alla scrivania. Prese una lente e inquadrò il corpuscolo nero.
      Si sollevò disgustato. Dal puntino che l’occhio umano non era in grado di mettere a fuoco, spuntavano orribili zampette uncinate. Una testina mobilissima attaccata all’ultimo ganglio di un carapace grigio quasi nero e munita di antenne cercava senza posa in tutte le direzioni.
    • Santo Dio! – esclamò Domenico.
      Richiuse il volume di scatto.
      Il disgusto gli aveva dipinto una smorfia sul viso. La bocca aveva assunto una piega sbiega che esprimeva molto bene l’angoscia.
    • Ora mi calmo - si disse – che sciocchezze. Un insetto minuscolo. Un abituale abitatore della carta. Uno “psocotteroâ€, probabilmente. Sarà sufficiente un blando insetticida. Chissà quanti ce ne sono di psocotteri e simili, in biblioteca. In tutte le biblioteche!
      Piuttosto darò una strigliata all’editore che evidentemente si serve di una tipografia che conserva la carta in un magazzino umido. Non si fa una bella figura così. Figurarsi se fosse successo alla presentazione televisiva!
      Domenico in realtà dimenticò completamente l’incidente. Dopo il pranzo si fece il sonnellino agognato e poi tutto andò come il solito.
      Andò persino al lago, a trovare Gabriele Del Toma e anzi accettò di restare ospite qualche giorno. Parlarono lungamente di letteratura, di colleghi e finalmente anche del suo ultimo libro.
    • Vado a prenderlo – disse un pomeriggio il suo ospite.
      Domenico ebbe come una fitta. Solo allora ricordò la faccenda del psocottero.
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