#215 - 7 aprile 2018
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerŕ  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Il Bacio

Parte terza

di Ruggero Scarponi

Barbara si sarebbe aspettata da Cassani un invito a trascorrere insieme la giornata. Inaspettatamente, invece, l’uomo non la chiamò neppure. Da Sandri venne a sapere che aveva deciso di essere ospite di alcuni manager teatrali in una villa fuori città.
Barbara fu delusa dal suo comportamento e sebbene avesse ricevuto molti inviti preferì restare in albergo a telefonare agli amici e ai parenti che aveva trascurato per il lavoro.
Ma quando fu a metà pomeriggio chiamò la reception chiedendo che le preparassero un thermos di caffè e dei tramezzini. Poco più tardi si diresse al Teatro dell’Opera.
Come già aveva fatto la notte precedente passò dall’entrata laterale e si avviò al palcoscenico. Accese tutte le luci e poi si sedette al pianoforte. Aprì lo spartito alla pagina del suo primo “attacco” e cominciò a provare da sola.
Un po’ alla volta trovò la giusta concentrazione. Cantava accompagnandosi al piano. Spesso si arrestava per comprendere meglio sullo spartito l’intenzione dell’autore, senza fretta totalmente immersa nella musica. Le ore trascorsero leggere. Barbara ne era inebriata. Si sentiva sicura, tanto che se il fantasma si fosse manifestato, era certa che non sarebbe fuggita. Anzi pian piano desiderò di riascoltare la voce misteriosa. Intorno alle dieci di sera avvertì un po’ di stanchezza e decise di fare una pausa.
Mangiò avidamente un tramezzino e bevve una tazza di caffè bollente, poi prima di riprendere il lavoro si alzò, raggiunse il proscenio e rivolgendosi alla platea come se fosse piena di gente parlò con voce forte:

  • Eccomi. Sono qui. Se è questo che desideri non hai che da manifestarti. Cos’è che vuoi? Chi sei? Dove ti nascondi? Mostrati, non vedi dunque che sono sola? Non vuoi parlarmi? Guarda, allora, cosa sono disposta a fare per te.
    Barbara si sedette di nuovo al piano e poi riprese a parlare:
  • Canta! E io ti accompagnerò al piano. Tutta la notte, se vuoi.
    La donna iniziò a suonare il brano cantato dalla voce misteriosa la sera prima.
    Suonò per quasi due ore senza che nulla accadesse. Infine vinta dalla stanchezza si addormentò sullo strumento.
    Fu verso le quattro del mattino che di nuovo si fece viva la voce misteriosa.
    Alle prime note Barbara si svegliò di soprassalto. La voce cantava e con tale dolcezza che era impossibile provare paura. Barbara senza indugio cominciò ad accompagnarla con il pianoforte.
    Ma appena appoggiò le dita sui tasti, la voce s’interruppe bruscamente.
  • Cosa vuoi da me? – urlò la donna – Vuoi che cantiamo insieme?
  • Va bene ti accontento.
    Barbara azionò un piccolo registratore che aveva sempre con sé, si alzò e raggiunse il centro del palcoscenico e dopo aver preso un bel respiro iniziò la romanza.
    Nessuna voce l’affiancò. Nulla, se non il suo stesso canto, aleggiò nel teatro vuoto.
    Quando terminò il brano, Barbara, restò in attesa alcuni minuti, poi senza dire più nulla e senza fretta, raccolse le sue cose, spense tutte le luci del teatro e se ne tornò a dormire in albergo.
    L’allestimento dell’opera continuò convulso fino al giorno prima della serata inaugurale.
    Oppressa da un lavoro estenuante cui la costringeva Cassani Barbara aveva accantonato la storia della voce misteriosa. Si convinse che con ogni probabilitĂ  era stato solo uno scherzo, sebbene non ne comprendesse la finalitĂ .
    Con Cassani i rapporti si erano raffreddati inspiegabilmente e l’uomo non le dimostrava più alcun interesse a parte quello professionale.
    L’ultima sessione di prove si concluse anticipatamente rispetto al solito.
    Cassani che si comportava come fosse il padrone assoluto del teatro lirico concesse un intero pomeriggio di riposo a tutta la compagnia e sebbene avesse manifestato qualche riserva nei confronti di Barbara con la quale non riusciva a intendersi appieno, pure decise di fare una pausa per non giungere affaticati al debutto. Le riserve di Cassani non turbarono piĂą di tanto Barbara. La donna si era convinta che il grande cantante ricercasse un modello di perfezione formale quale stimolo per ottenere dagli interpreti il massimo delle loro possibilitĂ . Per questo si sentiva tranquilla e serena. Era consapevole di poter dare il meglio che avrebbe potuto, senza risparmio e se non avesse raggiunto la perfezione della voce misteriosa, tanto meglio, essendo quello, un modello puramente ideale distaccato dalla realtĂ  contingente.
    Tuttavia Barbara, cessate le prove, tornò col pensiero alla voce misteriosa.
    Non era il caso di affrontare il discorso con Cassani e pertanto decise di fare un ultimo tentativo da sola. Dopo aver salutato i colleghi, tutti i vari collaboratori e lo stesso Cassani, invece di rientrare in albergo si nascose in uno stanzino. Attese che fin l’ultimo lavoratore avesse lasciato il teatro e quando non sentendo più nessun rumore si convinse di essere rimasta sola decise che era giunto il momento di mettere in atto il suo piano.
    Uscì dallo stanzino. Si armò di una torcia elettrica e silenziosamente, discese alle cantine. Perlustrò ogni recesso, ogni corridoio ogni luogo che avesse potuto servire da ricovero per qualcuno che desiderasse tenersi nascosto. Non trovò nulla. Decise allora di salire alle soffitte ma anche lì dopo attenta ricognizione non rinvenne alcunché d’interessante.
    Discese in teatro. Ora era davvero convinta che la voce misteriosa fosse uno scherzo.
    Ma prima di abbandonare le ricerche tentò un’ultima ipotesi. Fece il giro degli uffici. Molti, compreso quello di Sandri, erano chiusi a chiave, altri li rovistò da cima a fondo. E infine visitò perfino quello di Cassani. Tutto era in ordine.
    Aveva perlustrato l’immenso l’edificio in lungo e in largo, cautamente, per non rivelare la sua presenza all’eventuale artefice della voce misteriosa.
    Si era mossa nell’ombra quasi al buio, sfruttando la poca luce del pomeriggio che filtrava dagli spessi tendaggi.
    Improvvisamente si ricordò che aveva tralasciato una sola stanza e lì si diresse.
    Era il salottino riservato dove era avvenuto il primo incontro con Cassani.
    Gli era sfuggito perché la porticina d’accesso si confondeva con la tappezzeria.
    Era decisa a darvi uno sguardo per mero scrupolo prima di ritirarsi in albergo per la cena.
    Aprì la porta e restò a bocca aperta.
    Qualcuno o qualcosa tra un frusciare di abiti femminili si dileguò all’istante attraverso un passaggio segreto. Barbara non si perse d’animo e corse all’inseguimento dell’ignoto personaggio.
    Lo seguì in un condotto nascosto dietro un arazzo. Era piuttosto angusto e si andava restringendo sempre più man mano che si avanzava.
    Dopo qualche passo Barbara dovette arrestarsi e tornare indietro. Il cunicolo era completamente buio e senza prese d’aria. Troppo pericoloso pensare di procedere a quel modo.
    Di nuovo si ritrovò nel salottino riservato. Era stremata.
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