Palazzo Ducale - Genova
André Kertész
Un grande maestro della fotografia del Novecento
di Giuseppe Cocco
Palazzo Ducale di Genova presenta dal 24 febbraio al 17 giugno una grande retrospettiva, curata da Denis Curti, su uno dei maggiori fotografi del XX secolo: André Kertész.
Oltre 180 fotografie ripercorrono, suddivise in sezioni, l’intero percorso artistico del maestro ungherese, che in più di cinquant’anni di carriera ha sempre utilizzato la fotografia come se fosse un suo diario visivo, atto a rivelare la poesia dietro le semplici e anonime cose quotidiane, catturate attraverso prospettive uniche e rivoluzionarie.
Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatto prima, ha dichiarato Henri Cartier-Bresson.
Di Andrè Kertèsz (Budapest 1894 – New York 1985) si narra che si sia avvicinato alla fotografia nei primi anni del ’900, quando nel solaio di una vecchia casa ungherese si ritrova tra le mani un manuale di fotografia.
Questo fortunato incontro segna il suo destino come un’illuminazione, arricchendolo di sorprese e magici colpi di scena, nel segno di una ricerca artistica e formale che lo ha reso precursore di una nuova fotografia, simbolica e poetica.
Alla sua formidabile carriera, mai disgiunta dall’esperienza biografica, la mostra André Kertész. Un grande maestro della fotografia del Novecento, allestita nel Palazzo Ducale di Genova, dedica un ampio e approfondito itinerario visivo, dentro il quale è possibile perdersi tra infinite suggestioni, per poi ritrovarsi sempre di fronte al piacere della bellezza e dello stupore.
Lungo questo percorso si comprende che attraverso lo sguardo poliedrico di André Kertész si può esplorare la magnificenza di un’epoca cruciale per il mondo dell’arte: quella che a cavallo tra Ottocento e Novecento ha visto nascere le Avanguardie storiche insieme con la fotografia e il cinema. In questa prospettiva, aperta e consapevole, la produzione del grande autore prende forma in un intreccio di relazioni, immaginari e punti di fuga che intersecano movimenti artistici, pensieri poetici e rivoluzioni estetiche.
Oltre 180 fotografie, provenienti dal Jeu De Paume di Parigi, e quattordici rare pubblicazioni dell’epoca in prestito da una collezione privata italiana, ripercorrono, suddivise in cinque sezioni temporali, l’intero percorso artistico del maestro ungherese che, in più di cinquant’anni di carriera, ha sempre utilizzato la fotografia come un suo diario visivo atto a rivelare la poesia dietro le semplici e anonime cose quotidiane.
Nella sezione di apertura, dedicata ai primi anni da fotografo di Kertész in Ungheria, le immagini in esposizione celebrano la purezza e la semplicità della vita e dei paesaggi rurali caratterizzati da una lucidità e un’immediatezza innovativa davvero sorprendenti.
La mostra prosegue indagando quello che è stata senza dubbio la fase più fortunata e florida di Kertész nella travolgente Parigi a cavallo tra le due guerre.
Gli scatti del periodo francese sono ricchi di atmosfere oniriche, risultano suggestive e profondamente rivelatrici, perché in perfetta armonia con il suo carattere romantico e malinconico.
In breve tempo entra a far parte del circolo degli artisti ungheresi che si riunisce al Cafè du Dôme, nel vivace quartiere di Montparnasse. Ed è in questo ambiente stimolante che entra in contatto con artisti e intellettuali, primi fra tutti, i connazionali Lazló Moholy-Nagy e Brassaï, i pittori Piet Mondrian, Marc Chagall e Fernand Léger.
La sua ricerca artistica, iniziata in Ungheria, a Parigi si trasforma e adotta uno stile realistico e diretto ma sempre e volutamente poetico. Sono di questa fase le inquadrature geometriche, create sapientemente da linee nate dai contrasti tra luce e ombra.
Le eccezionali immagini del periodo francese ci accompagnano nella sezione americana e in quelli che senza dubbio sono stati gli anni più difficili della sua carriera artistica.
Nel 1936 l’agenzia fotogiornalistica Keystone di New York propone a Kertész un contratto professionale di un anno. Così, insieme a sua moglie Elizabeth si trasferisce negli Stati Uniti. Sebbene negli scatti americani di Kertész il rancore e la frustrazione, derivanti dal mancato interesse riscosso dalle sue opere, restano ai margini delle sue fotografie, un velo di disaffezione si fa strada nella sua poetica.
Nel 1964 questo lungo periodo tormentato trova termine grazie al visionario curatore John Szarkowski che riabilita il suo lavoro riconoscendone la portata pioneristica e dedicandogli una mostra retrospettiva al Museum of Modern Art (MoMa) di New York. Evento di tale portata ci conduce all’interno della quarta sezione, quella dei riconoscimenti internazionali.
Nel 1970 i suoi lavori vengono esposti quasi ininterrottamente nelle più grandi città del mondo come Stoccolma, Londra, Parigi, Tokyo, Melbourne e Buenos Aires, riscuotendo ovunque un gran successo.
Nel 1977 la sua adorata moglie Elizabeth, e sua più grande sostenitrice, muore lasciando nel cuore di André un vuoto incolmabile.
L’ultima sezione svela al pubblico alcuni scatti a colori inediti per il pubblico italiano.
Per André Kertész il colore è un fatto decisamente nuovo ed è pura sperimentazione, curiosità . I toni possono essere molto caldi o molto freddi, ma i tagli, le inquadrature e i punti di vista sono, ovviamente, il prodotto di un’esperienza visiva maturata lungo una straordinaria carriera.
La mostra è organizzata dal Jeu de Paume di Parigi, in collaborazione con la Mediathèque de l’Architecture et du Patrimoine, Ministère de la Culture et de la Communication – France, con diChroma photography e con la partecipazione di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura.