Sentirsi anche parte degli altri
Ho un sogno in cui credo
di Penny
Insegnante e madre di due ragazze adolescenti. Sul sul suo blog dice di scrivere “per necessità” e che la sua ragazza quindicenne fa i disegni
(davvero belli, come quello di questo articolo).
Ha autorizzato Comune a pubblicare i suoi articoli,
è il suo modo di fare Comune insieme,
“È bello in questo mondo un po’ bizzarro sentirsi meno soli”.
Ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui scrivendo:
Se c’é una libertà che abbiamo ancora, è quella di poter utilizzare le parole. Le parole sono potenti. Hanno la presunzione di cambiare le cose. Distruggere muri e creare ponti. Comune dona una possibilità alle parole, come quella di avvicinarsi alla verità, anche se scomoda. E lo fa nell’unico modo possibile, mettendo insieme e interrogandosi. Noi possiamo esserci. E farlo insieme in un progetto che unisce. Dicendo no a una società che divide. Penny.
Ho un sogno. Fatto di parole.
Che racconti di noi.
Di chi ce l’ha fatta. Di chi resta indietro. E non sa come tornare.
Ho un sogno. Che unisca gli uomini.
Tutti. Che permetta di scegliere.
Di concedersi la paura. Di non soccombere.
Ho un sogno. Fatto di pace.
Di terre condivise. Di bambini salvati.
Di giorni felici.
Ho un sogno. Fatto di carezze.
Di mani pulite. Buone.
Che non sappiano far male.
Ho un sogno. Fatto di libertà.
Per tutti i popoli. Quelli oppressi.
Dalla guerra. Dalla fame.
Dai potenti.
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Ho un sogno. Fatto di accettazione.
Per ciò che siamo. Incertezza e limite.
Un futuro che si chiama normalità.
Abbiamo un destino. Stare insieme.
Starci tutti. Nessuno escluso.
Basta uno di noi, fuori. E non é più lo stesso.
Ho un sogno. Lungo un secolo.
Ha il ritorno alla libertà. Possibile.
Ho un sogno.
In cui credo.
In cui spero.
Per i nostri figli.
E per noi.
Per il tempo che resta.
Per la vita che basta.
Si chiama Umanità.
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