#189 - 1 aprile 2017
Il terrazzo
Seconda parte
di Ruggero Scarponi
- E’ riuscito a vederla questa mattina?
- Come lei, alle 6 e quarantacinque.
- In perfetto orario. Ho impiegato qualche giorno per comprendere i suoi movimenti, giovanotto.
- Secondo le mie osservazioni, professore, la donna esce quattro volte al giorno sul terrazzino. Due volte al mattino, una al pomeriggio e una alla sera prima di coricarsi.
Dunque, professore, anche lei ne è rimasto colpito.
- Si, lo ammetto, malgrado la mia etĂ .
Ed è certamente una cosa strana che non so spiegarmi.
Non potrei parlare d’ infatuazione, no di certo, e d’altronde, che infatuazione può esserci per una donna che non si mostra se non completamente velata e di cui a malapena si può scorgere il luccichio degli occhi? Eppure…Mai avrei creduto possibile che la stessa donna pur in condizioni che non esiterei a definire estreme, potesse esercitare una seduzione tanto efficace. Ma forse questo fa parte di un mistero insondabile e che è inutile indagare.
Il professore concluse la frase assorto con lo sguardo perso verso il finestrone da cui si scorgeva il terrazzino. E finalmente aggiunse:
E questo è quanto, almeno per quel che mi riguarda. Ma lei invece, mi dica, mi faccia capire. Lei non è vecchio e solo come me. Lei non ha bisogno d’immaginare. Lei il suo paradiso se lo porta appresso. Lei ha famiglia. La vedo, sa, quando prende i pasti, circondato dai suoi quattro figlioletti e da quella splendida donna che è sua moglie. Lei, quindi, perché?
Ponzani restò pensieroso qualche istante come fosse incapace di trovare le parole.
- Ma perché certe cose non si spiegano - disse d’un fiato e come se si fosse liberato da un peso - C’è bisogno di spiegarle? In ogni uomo c’è e ci sarà un sempre po’ d’Ulisse e del suo bisogno d’avventura. Non possiamo farci nulla, non possiamo opporci alla nostra natura.
- Non l’ approvo, - disse scuotendo la testa il professore - ma la capisco.
E adesso veniamo al dunque: ha tentato di sapere chi è?
- Certo che ho tentato. E’ per questo che stamattina mi ha sorpreso con l’espressione delusa in volto.
- Ah! Allora l’ha incontrata! Ha potuto parlarci? ne è stato respinto? So bene che le donne da queste parti sono estremamente riservate e sono considerate una proprietà dei maschi. Anche solo un gesto di saluto, può comprometterle. Parlarci, poi, è quasi impossibile. Ma nulla può fermare l’ostinazione di un innamorato che saprà sempre trovare una via, un modo, un inganno.
- Magari! Magari, professore, ne fossi stato respinto. Questo starebbe a significare un incontro, anche se fuggevole. Magari! Anzi le dirò che è avvenuto qualcosa che ancora non mi spiego.
- Mettiamoci seduti Ponzani – disse il professore appoggiandosi al braccio dell’ex allievo - così mi racconterà tutto per bene, sa, io, non resisto tanto tempo in piedi.
- Si, certo professore. Ecco, con lei posso parlare a cuore aperto, perché, so, che lei vede esattamente quel che vedo io. La donna velata, che tanto ci ha incuriosito, appare quattro volte al giorno, sul terrazzino che sporge tra la foresta di altri terrazzini, più o meno fatiscenti e apparentemente uguali. Ma per qualche scherzo prospettico, quello che c’interessa, svetta su tutti gli altri e sembra così vicino che sarebbe sufficiente spiccare un salto, per entrarci dentro . Lì si mostra o per meglio dire si cela, dal momento che appare sempre velata, dalla testa ai piedi, la bella. La più bella tra le donne, l’irraggiungibile regina dei nostri sonni agitati.
Naturalmente, nonostante le apparenze, tra il nostro albergo e quel terrazzino corrono almeno una ventina di metri, questo si può facilmente constatarlo. Ma torniamo alla donna velata.
Ebbene, professore, come può immaginare, dopo averla notata la prima volta, non ho più avuto pace e ho cominciato a cercarla.
Ho calcolato a spanne la posizione della sua abitazione e deciso a parlarle ho pensato di andare ad attenderla sotto casa. Mentre cercavo di districarmi tra i vicoli pensavo affannosamente a quale scusa inventarmi per farmi ascoltare. Ma il tempo passava e io stavo cercando inutilmente d’individuare la casa donde spuntasse il fatidico terrazzino che noi potevamo comodamente ammirare dalla sala del nostro albergo. Comunque, pensai, non sarà prigioniera in casa, uscirà pure qualche volta, e dunque, la incontrerò per strada perché sebbene completamente velata, essa non può sfuggirmi, saprei riconoscerla tra mille donne vestite tutte allo stesso modo.
- E da queste sue ricerche non ha ricavato neanche un indizio?
- Mi spiace deluderla professore ma per quanto le sembrerà incredibile, non sono riuscito a rintracciarla. Né la bella, né la sua casa. E posso assicurarle di aver setacciato tutto il quartiere, con il naso all’ in su, nel tentativo d’individuare il terrazzino.
- E com’ è possibile? Se il terrazzino dove si affaccia è proprio lì, davanti a noi, a pochi metri. Basta scendere in strada a due o tre vicoli di distanza, per trovarla, non può essere molto difficile.
- Ma professore, come le ho detto, ieri mattina pervaso da un’autentica febbre, mi sono messo a fare proprio quello che dice lei . Sono sceso nei vicoli, partendo da quelli più vicini al nostro albergo e ho cominciato a scrutare i terrazzini a uno a uno. La gente deve avermi preso per matto ma fortunatamente il quartiere è pieno di turisti che devono sembrare tutti matti, chi per un verso e chi per un altro e non mi hanno seccato più di tanto. Si, qualcuno mi ha chiesto cosa cercassi, ma conoscendo l’indole di questo popolo, in materia di donne, mi sono ben guardato dal raccontare la verità e piuttosto ho spiegato che ero interessato alle ringhiere di ferro battuto che contornano i terrazzini.
- E quindi ha fatto un buco nell’acqua? Se ne è tornato indietro senza neanche aver scoperto dove abita?
- Purtroppo è così, non sono riuscito a trovarla.
- Ma Santodio, Ponzani, lo guardi, lo guardi, è lì, il terrazzino! Saranno si e no venti metri da questo albergo. Se si mette a perlustrare casa per casa, non può non trovarlo, che ci vuole! Se fossi più giovane scenderei io a darle una mano in questa ricerca, ma i miei malanni non me lo consentono, ahimé e sono bloccato tutto il giorno su questo divano, dove m’illudo di essere ancora vivo perché consumo tre pasti giornalieri, mentre la notte, dormo ancora come un sasso. Se non fosse apparsa la donna velata, amico mio, avrei potuto certificarle che l’ultima emozione vissuta dal mio povero cuore risale ad almeno due decenni fa. Ma da quando i miei logori occhi si sono appuntati su quella visione fantastica, la mia vita è cambiata. E non in meglio che anzi mi trovo a soffrire come un cane, sapendo fin d’ora come il mio desiderio sia destinato a non esser soddisfatto. Eppure, dopo che lei mi ha aperto il suo cuore, giovanotto, al solo pensiero che lei, giovane e forte, potrebbe incontrarla e darmene un resoconto, mi fa ancora vibrare di passione e di curiosità e sento che la mia vita che pensavo indirizzata verso un tramonto ineluttabile, può riservarmi ancora un’emozione. E tanto basta a renderla degna di essere vissuta. Sia gentile, mio devoto amico, torni a cercare a cercare e a cercare, finché non la trova. Di questa donna abbiamo bisogno entrambi. Io per sognare e lei per innamorarsi.
Dopo questa chiacchierata il povero Ponzani con scuse varie per non insospettire la moglie continuò per giorni a cercare l’abitazione con il terrazzino sul quale la signora velata si affacciava.
Il terrazzino, come si è detto, svettava tra gli altri e dalla finestra dell’albergo sembrava così vicino da poterlo quasi toccare.
Eppure ogni volta che il povero Ponzani scendeva tra i vicoli per rintracciare quella casa sembrava smarrirsi e perdere ogni riferimento, per rientrare, sfinito e frustrato, in albergo. Dai vicoli i terrazzini sembravano tutti uguali, una fitta ragnatela di cementi e ferro battuto uno più brutto dell’altro. Nessuno sembrava distinguersi per qualche motivo e nessuno sembrava svettare più in alto degli altri.
Per tutta la vacanza Ponzani e il professore cercarono di trovare una soluzione all’enigma.
La bella donna velata continuò ad apparire loro quattro volte al giorno e per quanto l’abito la celasse quasi completamente alla vista, il portamento, il luccichio degli occhi e le movenze ne tradivano un corpo e un viso di rara bellezza. Essa appariva loro a pochi metri su quel terrazzino che svettava fra gli altri, ma poi una volta scesi nei vicoli tutto si confondeva, tutto si rimescolava tutto si dissolveva.
La vacanza finì così tra nostalgia e rimpianto e negli anni a venire Ponzani la ricordò come la più bella della sua vita, l’unica vacanza, in fondo, in cui il sogno e la realtà gli sembrò che fossero la medesima cosa.
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