#183 - 11 febbraio 2017
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrŕ  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerŕ  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč" (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Il lettore

Prima parte

di Ruggero Scarponi

L’inverno è nemico dei poveri. Me ne resi conto la prima volta che mi capitò di fare la fila all’aperto per un’audizione.
Era gennaio, più o meno il 15 oppure il 20, non me ne ricordo bene. Quello che ricordo, invece, è il freddo. Ostinato e penetrante. Mi sembrava di aver addosso una bestia affamata che mi ghermiva senza potermi difendere. Ogni morso me lo sentivo fino alle ossa. E tremavo. Avevo un bel battere i piedi a terra e le braccia sulle spalle. Ma quando intorno c’è il gelo se non sei coperto a dovere non hai speranza. La mia giacchetta non era certo sufficiente a proteggermi. Mi chiamarono.

  • Nome ?-
  • Bram -
  • Anni ?–
  • 24 –
  • studi ?–
  • frequento l’accademia e… –
    Mi interruppero
  • Cos’ hai preparato? -
  • Una roba mia –
    Sentiamo.
  • Posso avere un leggio ? – Chiesi cercando di assumere un tono professionale.
    Qualcuno mi portò un leggio
  • Avanti, comincia pure – mi esortarono, leggermente spazientiti.
    Mi concentrai e iniziai, calmo.
    Dopo cinque minuti ero fuori.
  • A te come è andata? – Fece un tale
  • Sto fuori, no? – Risposi, seccato.
  • Non sei l’unico. Era troppo difficile, oggi.
  • Difficile un corno – sbottai – non mi hanno fatto neanche…
  • Quello – disse il tale, riferendosi al regista – lo capisce subito. Può darsi che sei anche bravo, ma a lui non servi. Questi sono fatti così. Che dovrebbero fare d’altronde, tirarci dentro tutti…?
  • Tutti! – esclamai furibondo – Non dico che ti devono prendere per forza se non gli servi. Ma cavolo, se ti fanno venire fin qui a farti due ore di fila, al freddo, mi aspetterei che almeno…
  • Dai – mi bloccò prima che partissi con il mio sermone – ti offro da bere.
    Restai senza parole. Di solito a queste audizioni partecipava un popolo di disoccupati, artistoidi dei miei stivali. Eravamo, in pratica tutti, chi piĂą, chi meno, dei pezzenti. Di certo a nessuno veniva in mente di giocarsi i pochi spiccioli che avevamo nelle tasche rattoppate per offrire da bere a chicchessia, fosse anche la piĂą grande sventola del varietĂ . Avevamo troppa fame.
  • Ok, amico – risposi – paghi tu?
  • L’invito è mio – confermò sorridente.
    Entrammo in un locale. Dentro faceva caldo. Il profumo dei cibi cucinati e del caffè mi assalì piacevolmente.
    Ci sedemmo a un tavolo in disparte.
  • Qualcosa di forte? -
  • E’ quello che ci vuole – risposi sorridente. Mi stavo rilassando. L’ambiente accogliente contribuiva a dissipare l’umor nero.
  • Due – Disse il mio amico alla ragazza venuta per raccogliere l’ordinazione.
    Quella annuì come se fosse un cliente abituale.
    Tornò con due bicchieri, con dentro un liquore ambrato.
  • E’ forte! – esclamai, quasi senza fiato, dopo averlo buttato giĂą di colpo – però è…buono – conclusi.
    L’amico ridacchiò.
  • Ancora?
    Accettai.
  • Un altro giro – confermai fregandomi le mani.
    Quello fece nuovamente cenno alla ragazza che ce ne servì subito un altro.
  • E’ forte! Cacchio! – esclamai di nuovo.
  • Tutto qui? – Chiese l’amico deluso.
  • In che senso ? – risposi.
  • Insomma sei o non sei un attore. “Cacchio, è forte” è tutto quello che sai dire?
    Non capivo dove volesse andare a parare e restai perplesso a guardarlo. Stava diventando troppo invadente per i miei gusti. Era ora di alzare i tacchi.
  • Senti amico - dissi - grazie davvero, ma ora devo proprio andare – e feci per alzarmi –.
  • Vuoi mangiare? – Mi chiese a bruciapelo.
    Lo guardai interdetto.
  • Senti – ripetei – grazie, veramente, il cognac era squisito…
  • Dico sul serio – m’interruppe – due uova al bacon eh? Che ne dici. Con pane tostato e caffè!

Avevo fame. L’invito era allettante. Ma non riuscivo a capire cosa volesse da me. A guardarlo bene era un tipo anzianotto e non mi dava l’idea di quei vecchi pervertiti che girano nei bar a rimorchiare giovanotti. Aveva nonostante tutto, l’aria rassicurante.

  • Beh, si… – feci titubante -
  • E allora che aspetti? – mi disse con un largo sorriso – siediti.
    Di nuovo venne la ragazza.
    Lui le fece solo un cenno, come fosse una cosa scontata. Lei capì al volo.
    Dopo un po’ ero con la testa dentro il più succulento piatto fumante di uova al bacon, con fagioli, patate, pomodori e pane tostato. E non devo dimenticare il caffè. A volontà.
  • Ti piace la torta di mele? Qui ne fanno una varietĂ  con la panna sopra. E’ deliziosa, vedrai Disse ridacchiando.
    Annuii con la testa. Oramai ero deciso a lasciarmi condurre. Ovunque. Quello spendeva senza problemi. Faceva al caso mio. Per il momento non mi interessava cosa avrebbe domandato in cambio.
  • Una bella fetta di torta! – ordinò
    Spazzai via anche la torta di mele.
    Quando ebbi finito l’amico aveva appena iniziato la sua porzione.
    Mi pulii ben bene la bocca con una salvietta di carta e mi preparai ad ascoltare l’inevitabile richiesta che mi aspettavo dall’amico.
    Finì il suo piatto. Si pulì con il tovagliolo. Lo piegò accuratamente e poi mi piantò in faccia i suoi occhi furbi.
    (continua)
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