Tempi...moderni?
Tombola
di Giuseppe Sanchioni
Anche quest’anno, come da tradizione, abbiamo passato in famiglia e con gli amici più cari la notte di Natale giocando rigorosamente a tombola.
Ma, dato il perdurare della crisi, il piatto piangeva, anzi per dirla tutta faceva acqua da ogni parte che lo avevamo messo sopra un catino per non bagnare tutto il tavolo.
E questa situazione si rispecchiava nei premi che si potevano definire solo “meglio che niente”.
Infatti l’ambo valeva un’azione del Montepaschi di nostro zio Giovanni che, forse per fare un dispetto ai figli che non lo aiutano molto, aveva investito tutta la liquidazione nei titoli della banca e che ora restava con questa cattiva azione che non avrebbero voluto neanche all’inferno perché ormai valeva un decimo di quanto speso per acquistarla.
Fu vinta da Arturo, un nostro amico che appena realizzato il fatto si affrettò a dire di essersi sbagliato. E invece gli altri perfidi giocatori vollero la verifica e pretesero che riscuotesse la vincita per non correre più rischi. A Santo Stefano Arturo mi confidò che non sapeva che fare dell’azione visto che non aveva manco il libretto della posta, chiedendomi consiglio. Gli dissi solamente che poteva lasciarla in eredità a qualcuno di cui si voleva vendicare.
Il terno consisteva in due voucher da 10 euro lordi ciascuno per un totale di 15 euro netti incassati alla posta. Li aveva messi la nostra vicina di casa, Manuela, che faceva la domestica a ore anzi, come precisò lei, a minuti perché la famiglie la chiamavano solo per mezz’ora per volta. Il premio fu vinto da nonno Alberto che si affrettò a promettere uno dei voucher a chi lo avesse accompagnato a cambiarlo alla posta perché da solo aveva paura di essere rapinato. Manuela si fece subito avanti per recuperare metà della somma.
La quaterna era più interessante. Consisteva in un posto di lavoro precario stagionale. Lo metteva il palio un nostro amico, Gervasio, che d’inverno aveva una pizzeria a taglio nella nostra via e che voleva lanciarsi in una nuova avventura imprenditoriale: la consegna di tranci di pizza a taglio a domicilio. E lo vinse mio cugino Gualtiero che chiese subito quanto avrebbe preso a consegna e che bicicletta avrebbe avuto. Quando seppe da Gervasio che la bicicletta non c’era perché lui non era capace di andarci e che ogni consegna era 1 euro protestò vivacemente: tutti capirono che era il figlio dello zio Giovanni.
Con la cinquina arrivammo ad un altro livello. Era uno stage fornito dall’ufficio legale del secondo piano dove lavorava un altro nostro amico, Maurizio. Si trattava di fare i caffè e le fotocopie, di rispondere al telefono e di accogliere i clienti: insomma un vero e proprio tirocinio da avvocato. Lo vinse una nostra vicina di casa, Daniela, che dopo aver saputo che naturalmente non c’era retribuzione si consolò col fatto che ebbe il permesso di prendersi tutti i caffè che voleva dalla macchinetta, almeno fino alla tachicardia che però avrebbe provocato il licenziamento in tronco.
E finalmente, verso le undici di sera arrivammo alla tombola. Era l’iscrizione gratuita ad un sito di lavoro interinale per la durata di un mese. Il sito era tenuto da Adalberto, un nostro cognato con il pallino della new economy: infatti da quando aveva fondato il sito faceva economia all’osso per pagare il computer e la linea telefonica. Lo vinse Bernardo, il figlio di un nostro condòmino che fu molto contento anche perché nessuno di noi, già ex clienti del sito, lo avvisò che ogni volta che cercava lavoro si doveva sorbire circa quaranta minuti di banner pubblicitari.
E così fra alti e bassi passò anche la tombolata di questo Natale. C’era chi si rallegrava di aver vinto, ma furono molti anche quelli che si rallegrarono di non aver vinto. Ma ormai era fatta: rimaneva loro solo di leggere gli oroscopi per il nuovo anno!