L'uomo di fumo
di Ruggero Scarponi
Il Dottor Pacifici, passò alcuni minuti davanti allo specchio, girandosi da ogni lato per controllare tutti i dettagli, con estrema pignoleria. Da quando era in pensione curava molto il suo aspetto, un modo come un altro per impegnare il tempo che gli era divenuto sovrabbondante.
- Vieni qua un momento – disse rivolto a sua moglie – guardami dietro, se cade bene.
Si riferiva alla giacca, naturalmente. Era un perfezionista e forse uno dei pochi uomini capaci d’impiegare più tempo di una donna, in certe cose. - Via Antonio – sbuffò la signora Beatrice, senza muoversi dal bagno dove stava terminando di acconciarsi i capelli.
- Vieni ti dico. Mi sembra che mi faccia difetto, qui di dietro, guarda un po’… –
- Via Antonio – sbuffò ancora la signora – io sono pronta. Andiamo, andiamo che l’abito ti sta a pennello non ricominciare con le tue fisime.
- Eppure – sospirò il Signor Antonio, non so, mi sembrava… però se dici che mi cade bene, se lo dici tu.
- Si, si lo dico io. Andiamo si sta facendo tardi. Piuttosto non mi avevi detto che avevi ripreso a fumare. Ora fumi di nascosto in casa tua? Sei proprio un originale Antonio ma via, andiamo, o arriveremo tardi.
- Come scusa? – domandò sorpreso l’uomo.
- Via, via, andiamo. –
- No, scusa, come hai detto? Se ho capito bene hai parlato di fumo?
- Ma Antonio! – Esclamò spazientita la signora – mi fai il ragazzino adesso? Se hai deciso di fumare, sei padronissimo di farlo, sei grande per questo,mi pare –
- Fumare? Fumare io? No, per favore Beatrice, adesso fermati un istante…
- Ma è tardi, la vuoi smettere con queste sciocchezze, cosa vuoi che importi se…
- Ma insomma! – Urlò il signor Antonio.
Sua moglie si bloccò con la mano sulla maniglia della porta di casa. Si voltò verso il marito con aria sorpresa, quasi afflitta, voleva dire qualcosa ma non ne fu capace tanto era sopraffatta dall’inaspettato impeto d’ira del signor Antonio. - Ma, ma non mi hai mai urlato così – riuscì a dire, esterrefatta, con un filo di voce.
- Santodio Beatrice – riprese più calmo il marito – non volevo, ma continuavi a non ascoltarmi…
- E ti pare una ragione questa? – rispose la signora con gli occhi lucidi. – Cosa volevi che ascoltassi?
- Finalmente. – Sospirò il Signor Antonio – Vieni qui, siediti vicino a me.
- Ma Antonio, ora? Proprio, ora? Faremo tardi, non possiamo parlare in macchina intanto che andiamo?
- No, ora e qui, se non ti dispiace.
- La signora Beatrice ubbidì e si sedette su una poltroncina dell’ingresso.
- Allora? – chiese.
- Allora – iniziò il Signor Antonio con un leggero imbarazzo, ora che aveva ottenuto l’attenzione della moglie – tu a un certo punto hai detto che avevo ripreso a fumare? Non è vero? –
- Ma Antonio! C’era del fumo intorno a te, che altro poteva essere? L’ho visto benissimo.
- Del fumo? Vicino a me?
- Vicino a te, si, anzi per dire meglio, sopra alla tua testa.
- Sopra alla mia testa – ripeté il marito quasi riflettesse. – Sopra alla mia testa. E allora ne hai dedotto che fosse fumo di sigaretta?
- Cos’altro amore mio – replicò la signora piena di dolcezza.- Incendi o fuochi non ce n’erano nella camera, cos’altro allora?
- E tu vedi sigarette, qui attorno? – obiettò il dottore guardando fisso sua moglie.
- Qui?
- Qui, cioè volevo dire, qui o anche di là , in camera, in cucina o dove diamine vuoi tu. Prova, prova a cercare, vedrai che non troverai nulla…
- Va, bene, va bene ti credo. Cosa importa, in fondo? Del fumo? Non so, se dici che non fumi, sarà così, io… Ora però, andiamo, siamo in un ritardo spaventoso!
- Il dottore stava per replicare ma si accorse che sua moglie non lo ascoltava più. Infatti, stanca delle lungaggini del marito, si era diretta all’ingresso predisponendosi ad uscire.
- Antonio! Intimò, sbrigati che io intanto scendo le scale.
Il Dottore l’ascoltò trasognato, come udisse i suoni delle parole, senza più comprenderne i significati e poi con un misto di ansia e di terrore che gli occhi non riuscivano a nascondere, saltò in piedi e istintivamente si portò le mani sopra di sé. - Dio mio! – Urlò.
- Come può essere, che significa tutto questo?
Sua moglie doveva essere scesa in garage, oramai e lui era rimasto solo.
Cosa mi succede? Si chiese. - Beatrice! – chiamò, ma inutilmente.
Il Dottore in piedi nella stanza abbassò le braccia sconsolato. Fili di fumo gli volteggiavano intorno. - Ma come può accadermi tutto questo? Non è normale, ci sarà una spiegazione.
Si guardò intorno e accese tutte le luci. - Voglio vederci chiaro – si disse – voglio vedere da dove viene questo maledetto fumo.
Passò una decina di minuti a esaminarsi scrupolosamente. Fili di fumo salivano sopra di lui. Si osservò con calma e pignoleria il naso, le orecchie, persino gli occhi. Spalancò bene le palpebre e osservò minuziosamente. Nulla. Solo, sopra di lui, continuavano a salire esili fili di fumo. - Forse stanno diminuendo si disse, potrebbe essere tutto frutto di una sciocca allucinazione.
Tornò ad osservarsi. Il fumo, invece, cominciava a essere più denso intanto che lui si sentiva diventare leggero leggero. - Accidenti! – Esclamò il dottore – sto evaporando. Sto evaporando, ripeté sgomento.
Spense le luci. Si distese sul letto e cominciò a pensare. - Già , ora ricordo, è stato qualche mese fa che devo aver letto la notizia su un giornale. Una notiziola, per la verità , di quelle che i redattori utilizzano come riempitivo
Il cronista citava un fatto avvenuto in un paesino di montagna, dove un tale, un anziano pensionato era scomparso misteriosamente. Praticamente svanito nel nulla. Le indagini della polizia locale non avevano risolto il caso e tra i paesani aveva preso a circolare una strana storia.
Quei sempliciotti giuravano di aver visto, già da alcuni giorni prima della scomparsa, dei fili di fumo che aleggiavano sopra la testa dell’uomo. Fili di fumo inspiegabili visto che quello non era solito fumare e che nella casa non erano accesi dei fuochi.
Qualcuno si spingeva a dire persino, che si fosse dissolto, evaporato.
Il cronista aveva riportato la storia come una nota di folklore, di quelle storie, insomma, che si raccontavano una volta nelle campagne, specie nelle sere invernali, dove il soprannaturale e il mistero erano argomenti di grande interesse.
Poi però, lo stesso fatto fu riportato da altri giornali.
Altri uomini, sempre anziani pensionati, erano scomparsi con le stesse modalitĂ .
C’era del mistero, pensò il Dottor Pacifici, mentre cominciava a fare fatica a tenere insieme i pensieri che sembrava volessero svanire anch’essi, liberi di uscire dalla sua mente.
Fece ancora in tempo a ricordare l’ipotesi che aveva elaborato un fantasioso sociologo americano in merito alle misteriose evaporazioni.
Secondo lo scienziato si trattava di una strategia evoluzionistica.
Il peso della spesa previdenziale, divenuta ipertrofica nelle società avanzate, tendeva a condizionare l’intera vita pubblica, drenando tutte le risorse possibili, a danno dei giovani, condannati ad una marginalità innaturale e mortificante.
Progresso e sviluppo si erano bloccati e s’avvertiva, concreto, il pericolo di un’involuzione socio-culturale. In tale frangente, l’intelligenza della specie avrebbe reagito, innescando un processo di auto-dissolvimento dei soggetti non produttivi, dei pensionati, insomma.
Un’ipotesi, questa, abbastanza fantasiosa, almeno quanto lo stesso sociologo che l’aveva formulata e tuttavia in grado di spiegare, seppure metaforicamente, la grave crisi nella quale sembrava essersi avvitata l’intera società .
A quel punto il Dottor Pacifici, conscio del proprio ruolo e del proprio destino, si mise tranquillo e attese di essere completamente evaporato, secondo quanto previsto dal protocollo evoluzionistico.
I suoi pensieri volarono via e si confusero con i fili di fumo sopra la sua testa e presto non ebbe piĂą nulla cui pensare.
Si dissolse completamente nell’aria fresca del mattino e continuò ad aleggiare per giorni e giorni sopra casa sua, finché una mattina, un impetuoso vento di tramontana, non lo investì in pieno e ne disperse per sempre la tenue sostanza, senza lasciarne la minima traccia.