#173 - 19 novembre 2016
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Racconto

La verità

Parte prima

di Ruggero Scarponi

Solo ora a distanza di tanti anni e dopo la morte dei genitori, aveva trovato, Luca, la forza e il coraggio di ritornare alla tenuta di campagna, dove aveva trascorso le vacanze estive, fino a quella fatidica del ’63. L’estate della verità.
A quel tempo le vacanze alla tenuta erano attese tutto l’anno. Pur ripetendosi sempre uguali nella loro ritualità consolidata, costituivano per Luca e sua sorella Margherita, un evento straordinario che solo la misura dilatata del tempo, come viene percepito dai fanciulli, contribuiva a rendere tale. Ci si recava alla tenuta alla fine di giugno, dopo la scuola dei ragazzi, per rimanervi fino a settembre inoltrato. Per rientrare in città, si attendeva il primo tempo autunnale, portatore delle piogge e dei freschi venti settentrionali.
Dal punto di vista amministrativo la tenuta era regolata da un contratto di mezzadria, con la famiglia Santoni, capaci e operosi lavoratori della terra.
Ora, Luca, era tornato e percorreva lentamente il terreno prospiciente la casa padronale. Come si sentiva cambiato dagli anni! Cosa restava del ragazzetto vispo, sempre intento a giocare o a intrufolarsi nei più nascosti recessi, assieme a sua sorella Margherita, inseparabile compagna di esplorazioni?

  • Quasi nulla – mormorò tra sé.
    Si avvicinò a una finestra del pianterreno, le imposte erano aperte. Si specchiò contro il vetro cercando tra i riflessi del sole e la penombra, il proprio ritratto.
    Si passò una mano sui capelli che cominciavano ad ingrigire, si lisciò i baffetti, ancora belli neri, si toccò gli zigomi, i sopraccigli, si tirò le pieghe ai margini della bocca.
  • Sto invecchiando – si disse.
    Riprese a camminare assorto. L’aria era pesante, calda, già decisamente estiva, nonostante si fosse ancora in maggio. Il luogo era deserto. L’avvocato Sallusti, non sarebbe arrivato prima di un’ora, assieme a sua sorella Margherita che ne era divenuta la moglie. C’era tempo per perlustrare quanto rimaneva della tenuta. In casa, ancora non se la sentiva di entrare. Preferì imboccare il viale con gli alberi da frutta, fino alla cisterna.
    Guardò in direzione della casa del mezzadro. I Santoni non c’erano più, da molti anni. Dopo di loro erano venuti altri, ma nessuno s’era fermato più di un anno o due. Poi più nulla e per tenere in ordine la tenuta si era dovuto ricorrere ai lavoratori a giornata.
  • Mamma – rimuginò Luca – aveva ereditato da papà il gusto per l’agricoltura che ha curato fino alla morte. Considerando la sua condizione di vedova, bisogna ammettere che s’è data da fare.
    Le coltivazioni sono rimaste quelle di un tempo e penso che alla fine i suoi sforzi fossero tutti per noi figli che altrimenti per lei non avrebbe necessitato di tutto questo. Avrebbe potuto dare in affitto, senza difficoltà, riservandosi di abitare la casa padronale o vendere la tenuta e ritirarsi in città, vicino a Margherita. Io invece per tanti anni non ne ho voluto sapere e se penso oggi al motivo che mi ha allontanato mi sembra quasi impossibile che la mia intera esistenza possa essere stata condizionata da una cosa tanto banale. Una cosa che però, allora, all’inizio dell’adolescenza, mi colpì con una violenza tale da lasciarmi stordito e disorientato. Mia sorella Margherita, invece, no, per lei certi episodi non hanno mai rappresentato un problema e la sua vita ha avuto un corso normale. Già allora, ricordo, che pur essendo più piccola di me di un anno, era forse più matura, più attrezzata, mi verrebbe da dire, nell’accogliere le esperienze della vita.
    Io avevo dodici, quasi tredici anni e vivevo le vacanze alla tenuta in una mescolanza di sogno e realtà. Tutto mi appariva meraviglioso, la natura soprattutto, a cominciare dalle albe splendenti, gli alberi, dai quali coglievo senza limite i frutti più pieni e saporiti e gli animali, quelli della stalla in particolare, le nostre mucche, come diceva papà che ci riempivano di latte grasso e schiumoso. E poi le infinite avventure a caccia di lucertole, topi o le raccolte di ragni e insetti che insieme a Margherita rinchiudevamo, poveretti, dentro barattoli di vetro. E cento altre cose.
    Ma quando avvenne il fatto?
    Luca si rivolse la domanda nel momento in cui si affacciava in un grande stanzone di un fabbricato poco distaccato dalla casa principale. Era un edificio quadrato, diviso in due ambienti, uno grande, adibito allo stoccaggio dei cereali e l’altro più piccolo, utilizzato come rimessa per gli attrezzi.
    Dentro vi si respirava, in qualunque stagione, un’aria densa del profumo del grano maturo.
    Luca osservò lo stanzone vuoto intonacato a calce. Il soffitto era molto alto e un ballatoio completamente in legno, verniciato di verde, correva per tutto il perimetro a circa tre metri d’altezza. Serviva per ricevere e smistare i sacchi di grano che venivano passati, tramite dei nastri trasportatori, attraverso delle grandi porte-finestre. Al ballatoio si accedeva mediante delle scale che si potevano spostare secondo le esigenze.
  • Con Margherita non facevamo altro che correre su e giù per quelle scale. Spesso ci nascondevamo sul ballatoio, per gioco, per il gusto di farci venire a cercare.
    Solo Giuliano, il figlio del mezzadro, sapeva sempre dove stavamo, anche se poi, non faceva mai la spia. Intento a quelle riflessioni, Luca, sentì il sopraggiungere di un’automobile. Dovevano essere l’avvocato Sallusti e Margherita.
  • Buon giorno Andrea! – disse Luca, rivolgendosi al marito di sua sorella. – Sono contento che sia tu ad occuparti di queste cose.
  • Grazie Luca. Per me è pane quotidiano, lo sai, è il mio mestiere. E poi non essendoci motivo di conflitto tra te e Margherita che siete gli unici eredi, vedrai, non ci saranno problemi, sarà una passeggiata.
  • Margherita, Margherita! – esclamò Luca abbracciandola con calore – eccoti, sempre più bella. La mia sorellina adorata.
  • E’ bello anche per me Luca, rivederti. Quanto tempo!
    Avrebbe voluto aggiungere altre cose, Margherita, ma se ne astenne.
  • Entriamo in casa – disse l’avvocato – sediamoci intorno a un tavolo e sistemiamo le cose per bene, anzi, no, dal momento che ho da preparare qualche carta, se intanto volete scambiare due chiacchiere e fare quattro passi qui intorno, credo che non vi dispiacerà. Io, penso, sistemerò tutto in una ventina minuti.
    Per Luca, trovarsi di nuovo alla tenuta con Margherita, era come fare un balzo indietro nel tempo.
  • Oh Luca – disse la donna quando furono fuori, da soli, - quanto mi è dispiaciuto quando te ne sei andato. E poi tutti questi anni passati lontano!
  • ho scritto e telefonato però…
  • Già, hai scritto…Come se potessero bastare lettere e telefonate. Perché non sei più voluto tornare? Neanche al mio matrimonio sei venuto e avevi promesso.
  • E’ vero, hai ragione sorellina, ma sapessi…Tornare qui da voi era impossibile!
  • Ma ora sei qui! Aspettavi la morte di papà e mamma?
  • Che dici? Sei matta? Ma…forse si, è vero, stavo aspettando, aspettavo, la fine di certe cose.
  • Non dirmi che pensi ancora a quella storia lontana, non posso crederci.
  • Ti ricordi Margherita? Te ne ricordi un po’ di quei tempi e di tutte le nostre avventure? Io ce le ho stampate in testa. Mi sembra di non aver dimenticato nulla e di poter rivivere esattamente quei momenti e sentire di nuovo le stesse emozioni. A te, fa così anche a te?
  • Povero Luca – disse Margherita prendendogli una mano – davvero ne fosti così sconvolto?
  • Sconvolto! E’ la parola giusta. Solo ora potrei ricominciare.
  • Povero Luca, il mio fratellino. E pensare che forse, se ho colto il tuo pensiero, fui proprio io la prima causa di quanto avvenne in seguito, se non ti avessi confidato quelle cose, quel pomeriggio…
  • ma no, Margherita, tu che c’entri? Non fosti tu a disilludermi.
  • Un po’ si, però, dì la verità. Fui io a dare inizio al crollo del tuo regno fatato, potresti negarlo ora?
  • Ammetto che quel pomeriggio mi confidasti cose che non avrei mai pensato e che contribuirono ad aprirmi gli occhi sul mondo e sugli uomini. Oggi, direi, che mi aiutasti a crescere, anche se con dolore.
  • Da allora sei cambiato, anche se non me ne hai mai confessato il motivo vero.
    Adesso i due fratelli si trovavano davanti all’edificio per lo stoccaggio del grano.
  • Ammetto che trovarmi di nuovo qui con te, mi fa una certa impressione.
  • Entriamo allora – disse Margherita avviandosi decisa verso la porta, ma poi come sorpresa da un nuovo pensiero si arrestò e voltatasi verso Luca che era rimasto indietro aggiunse esitante:
  • vuoi?
  • Va bene – acconsentì Luca.
    Entrarono insieme nel grande ambiente intonacato. Aspirarono insieme l’odore stantio del grano maturo. Margherita si avvicinò ad una scala per salire al ballatoio.
  • Che stupida che ero! – esclamò all’improvviso, mentre cominciava a salirne gli scalini.- Ti ricordi?
  • Certo Margherita – rispose quasi sottovoce Luca.
    Margherita era salita fin quasi a metà della scala quando si girò verso il fratello indicando un angolo dello stanzone.
  • Fin lì c’erano i sacchi di grano, vero?
  • Vero – assentì Luca. – Basta ora, però, basta così Margherita, ti prego, scendi. Tuo marito avrà già preparato le carte, andiamo.
    Margherita restò immobile ancora un istante sulla scala.
  • Quel Giuliano! – esclamò sorridendo – che tipo! Ero solo una bambina, allora. Ma io me ne ero accorta da un po’ che si nascondeva dietro i sacchi, per vedermi salire.
    Ridiscese la scala Margherita e raggiunse Luca che si mostrava scuro in volto.
  • Ancora ti fa effetto! – disse con un’espressione di tenerezza nello sguardo. – il mio fratellino innamorato. – In quell’estate scopristi la gelosia! Io invece l’avevo scoperta l’estate precedente, ma non dissi nulla. Per me non fu così drammatico.
  • Che vuoi dire? – chiese sorpreso Luca – che vuoi dire che scopristi la gelosia l’anno prima.
  • Ma si Luca, dai che lo sai bene anche tu, di chi ero gelosa.
  • Giuro – disse serio Luca.
  • Ma di te, scemo che non sei altro!
  • Di me? E perché mai?
  • Vuoi farmi credere di non ricordare più quella vanitosa di Ginetta, la figlia dei contadini che abitavano nel podere vicino?
  • Ginetta, Ginetta chi? Oh! Ma certo! Dio mio, Ginetta! Margherita credimi, in tutti questi anni non ci avevo più pensato. E’ incredibile, che effetto strano mi fa ora parlarne. Hai ragione, però, quella, mi sa, che un po’ gli occhi dolci me li faceva, anche se quando la incontravo per strada, non mi guardava mai in faccia, come non esistessi e poi mi faceva le linguacce subito dopo, alle spalle. Però quando la incontravo che era al lavoro sul campo, allora sì che mi guardava, mi imbarazzava perfino. Aveva certe trecce bionde che sembravano finte per quanto erano grosse. Aveva un aspetto sano, robusto, forse a causa del lavoro che faceva. A quei tempi d’altronde era normale che i figli dei contadini aiutassero i genitori, specie durante le vacanze estive. Di lei comunque ho in particolare il ricordo della sua pelle dorata sotto il sole. Ma imbranato com’ero, immerso ancora nei sogni infantili, non avrei mai immaginato che Ginetta nutrisse dei sentimenti per me. Avevamo la stessa età mi pare, e fosti tu, Margherita, a passarmi la soffiata.
  • A me l’aveva confidato Ginetta stessa. Sai, a volte noi femmine, ci riunivamo per fare giochi da femmine. Eravamo io e altre tre o quattro ragazzine del vicinato. Ginetta non veniva quasi mai, sempre impegnata nel lavoro, con la sua famiglia. Un giorno che pioveva, però, era venuta a giocare in casa nostra. Tu te ne stavi a leggere in camera tua e noialtre ci mettemmo a farci le confidenze. Così venni a sapere che le piacevi. Disse anche che se fossi stato un figlio di contadini, come era lei, da tempo, ti avrebbe scritto dei bigliettini. Però noi eravamo possidenti e non si poteva…
    Luca aveva chiuso gli occhi. Sembrava vagare con il pensiero a quei giorni lontani e un leggero sorriso gli comparve sulle labbra.
  • E poi venne Nicole – disse grave.
  • Già – gli fece eco Margherita.
  • Ma Nicole veniva tutti gli anni, Luca.
    Luca restò silenzioso.
  • Sai Margherita che è la prima volta che pronuncio il suo nome da allora?
  • A volte mi domando se non fu un bene. Quell’esperienza mi cambiò, mi fece maturare, divenni uomo. Ho avuto il coraggio, in seguito, di lasciare gli agi di una vita comoda, con un futuro professionale assicurato, per andare da solo, all’estero, a cercare fortuna. Ho lavorato sodo, ho trovato una donna che poi è diventata mia moglie, ho dei figli, già grandi, ora…
  • E allora perché è ancora così difficile? – Disse Margherita approfittando di un’esitazione nella voce di Luca.
  • Non so.- le rispose.- Poi cambiando discorso:
  • Ora, forse, dovremmo andare da tuo marito. Si starà domandando che fine abbiamo fatto.
  • Si, forse dovremmo.- convenne Margherita.
    (continua)
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