Mai più, mai più
di Ruggero Scarponi
Senza dire nulla a nessuno, Maria si sollevò sulle due stampelle che le aveva regalato suo padre per il compleanno.
Il gatto Muñoz che dormiva placido sprofondato nel cuscino sulla sedia di fronte, alzò per un istante la testa, con indolenza. E questo deve essere considerato un gesto di grande sorpresa per uno come lui, abituato a essere imperturbabile come un nobile di vecchio stampo.
Al contrario Edgar, il merlo parlante, nella gabbia, cominciò a saltellare nervoso da un trespolo all’altro.
Tutti in casa sapevano, infatti, che in assenza dei genitori o dei fratelli era stato proibito a Maria di alzarsi dalla sua poltrona. Facendo forza sugli avambracci la ragazza riuscì a drizzarsi e a mantenersi salda in equilibrio. A quel punto persino Muñoz si sentì in dovere di sollevare nuovamente la testa e di emettere un debole miagolio di disapprovazione.
- Mai più, mai più! – si mise a strillare Edgar
- mai più, mai più! – ripeté concitato, suscitando una certa indignazione nel gatto che disturbato dall’imprevista prodezza di Maria non gradiva ora il gracchiare del pennuto.
Maria invece sorrise di soddisfazione. Si aggrappò bene con le mani ai sostegni, si puntellò a terra con i piedi e quando fu certa di avere il controllo della situazione provò a muovere qualche passo nella stanza. - mai più, mai più! – strepitò il merlo sempre più agitato.
-
Miaooo! - rispose con veemenza il gatto, che stavolta non potendo più far finta di niente, saltò giù dalla sedia per andare a ficcarsi sotto il tavolo dove contava di tenersi alla larga da eventuali grane.
Maria avanzava nella stanza con sempre maggiore sicurezza, raggiungendo ogni angolo, ogni mobile, fino ad affacciarsi alla finestra che si apriva sull’ampia pianura.
In fondo, dopo le alte erbe che ondeggiavano al vento, doveva esserci il mare. Così gli raccontavano i suoi fratelli che ogni giorno vi andavano a pesca insieme al padre.
Ma a causa del brutto tempo che dalle loro parti era piuttosto frequente invece del bel nastro di seta blu scintillante dai riflessi dorati che indicava sull’orizzonte la linea della superficie marina, c’era una specie di fettuccia, mezzo sfrangiata, impastata di color fango e verde marcio. E persino le nuvole sembravano gravide e stanche da non riuscire a staccarsi da terra restando nere, imbronciate e minacciose come se qualcuno le tenesse malignamente allacciate al suolo. - Muñoz! – chiamò Maria, ancora affacciata alla finestra.
Il gatto dimenticando tutte le diffidenze di poco prima, al richiamo della padroncina sbucò da sotto il tavolo e con un solo balzo le saltò in braccio tutto soddisfatto. - Mai più, mai più! – riprese a lamentarsi il merlo, invidioso del fatto che essendo chiuso in gabbia, non poteva saltare sulla spalla di Maria come faceva una volta, prima che lo rinchiudessero, per via di quelle beccate che aveva preso a rifilare alle sorelle minori della padroncina, quando si stancava di giocarci insieme.
All’improvviso un colpo di vento piegò le alte erbe e spazzò via la fettuccia color fango e verde marcio.
Le nuvole, tinte di rosa, come se qualcuno le avesse liberate dai vincoli si alzarono vaporose verso l’alto. Il sole irruppe baldanzoso su tutta la pianura.
In lontananza il mare scosso dal vento appariva agitato ma blu, di un blu così attraente che Maria ne fu sorpresa. La folata di vento che aveva spazzato l’orizzonte ora si abbatteva sulla casa facendone tremare i vetri.
- Miaooo! - fece Muñoz, spaventato, mentre si divincolava dalla ragazza per tornare sotto il tavolo.
Maria si appoggiò con forza alle stampelle. Erano di legno, ma solide, suo padre le aveva lavorate personalmente. Lei poi le aveva tutte intagliate e colorate con decorazioni fantasiose. Da quando aveva avuto l’incidente, passava la maggior parte del tempo a disegnare e a intagliare il legno. E ora vi spiccavano così bene certe figure di elfi, mostri e cavalieri, che aveva copiato da un libro di favole, da lasciare sbalorditi.
In fondo sull’orizzonte, dopo la pianura delle erbe alte Maria scorse il faro, posto proprio sulla punta estrema del promontorio.
Le onde vi si frangevano contro lasciando trine di schiuma nell’aria. - Il faro! – gridò eccitata. – Vieni a vedere – disse rivolta a Muñoz che timidamente faceva capolino con la testa da sotto il tavolo controllato a vista da Edgar, geloso della sua intimità con la padroncina, tanto che a titolo di avvertimento tornò a gracchiare:
- mai più, mai più!
- Vieni, Muñoz – chiamò Maria e questi, rassicurato, di nuovo le salì in braccio, accoccolandosi tra la spessa lana del maglione, per maggiore sicurezza.
Maria si reggeva al muro con una mano. Si avvicinò timorosa alla porta. Il gatto ne intuì subito le intenzioni. Le scivolò di dosso e miagolando suadente cominciò a strofinarglisi intorno alle gambe.
Edgar osservava inquieto. Forse Maria aveva deciso di fare da sola? Allora la ragazza abbandonò le stampelle, aprì la porta di casa, risoluta, e uscì di fuori reggendosi sulle proprie gambe, dapprima incerta, poi sempre più sicura.
- Miaooo! – implorò Muñoz
- Mai più, mai più! – ammonì Edgar, ma senza convinzione mentre strofinava furiosamente il becco contro il ferro della gabbia.