#171 - 29 ottobre 2016
AAA ATTENZIONE - Questo numero rimarrŕ in rete fino alla mezzanotte del 19 aprile, quando lascerŕ il posto al numero 350. Ora MOTTI per TUTTI : - Finchč ti morde un lupo, pazienza; quel che secca č quando ti morde una pecora ( J.Joyce) - Lo sport č l'unica cosa intelligente che possano fare gli imbecilli (M.Maccari) - L'amore ti fa fare cose pazze, io per esempio mi sono sposato (B.Sorrel) - Anche i giorni peggiori hanno il loro lato positivo: finiscono! (J.Mc Henry) - Un uomo intelligente a volte č costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (E.Hemingway) - Il giornalista č colui che sa distinguere il vero dal falso e pubblica il falso (M. Twain) -
Racconto

Debito d'onore

Parte terza ed ultima

di Ruggero Scarponi

  • Ti avverto Cristiano non tollero offese all’indirizzo di mia moglie. E non mi va neanche…
  • Ti sbagli – m’interruppe – Giovanna mi deve realmente qualche cosa.
  • Giovanna – mormorai suadente – per l’amor di Dio di cosa sta parlando? Dì qualcosa, amore mio.
    Mia moglie sollevò la testa verso di me. Non stava piangendo ma si capiva dai suoi occhi chiari e sgranati come fosse in preda a un sentimento angoscioso. Poi scuotendo il capo vigorosamente di nuovo lo nascose abbassandolo.
  • Amore, scusami, non so, non so, davvero, non capisco piĂą nulla! – esclamò tra le lacrime.
    Ero come pietrificato ma contemporaneamente sentivo sorgere dentro di me una rabbia folle nei confronti di Cristiano.
  • Ma cosa t’abbiamo fatto – urlai – per venire a tormentarci? Hai avuto i tuoi soldi, no? PerchĂ© non te ne vai e ci lasci in pace una buona volta?
    Cristiano mi guardò con aria perplessa. Lanciò uno sguardo anche a Giovanna, ma stavolta diverso. Aveva abbandonato l’espressione beffarda e dagli occhi neri e lucenti non partivano più i bagliori selvaggi della prima volta che era venuto in casa. Sembrava sereno e comprensivo.
  • Ma io esigo solo il pagamento di un debito - disse con la testa appena reclinata sulla spalla sinistra - Tu per quanto ti riguardava, hai mantenuto la parola, ora tocca a Giovanna. Non vedo nulla di perverso in questo. Io ti ho prestato dei soldi e quando te li ho richiesti, non mi hai neanche fatto parlare, do atto che hai messo subito mano al portafogli e hai saldato quanto dovuto. Tutto ciò è molto giusto e onorevole. Così si fa tra galantuomini.
  • E allora – sbottai tirando fuori il portafoglio dalla tasca della giacca – quanto ti deve Giovanna? Dimmelo! Ti darò tutto fino all’ultimo cent. E dopo vattene, per favore.
    Cristiano era rimasto impassibile al mio sfogo e anzi aveva ripreso a guardarmi sardonico, ma tornò a parlare con calma.
  • Forse è giunto il momento di chiarire come stanno le cose. – disse guardando fissamente in direzione di Giovanna.
  • Sarebbe ora! – sibilai.
  • Dunque, Giovanna ed io, non so se lei te lo ha mai detto, siamo stati fidanzati, ai tempi dell’UniversitĂ .
    Guardai Giovanna, incredulo, nella speranza che negasse tutto quanto, ma Giovanna restò a capo chino.
  • Come ben saprai o forse come ben ricorderai, a quei tempi, modestamente, avevo un certo successo, con il gentil sesso, e passavo piuttosto agevolmente da una ragazza all’altra. Sono d’accordo che fosse un comportamento piuttosto disinvolto e sleale, ma alle ragazze sospetto che piacessi proprio per questo. Ognuna di loro sognava di diventare l’unica, la sola che alla fine sarebbe rimasta padrona del mio cuore. Giovanna non sfuggì alla regola. Naturalmente tutto avvenne prima che si fidanzasse con te e pertanto non hai nulla da rimproverarle. Soltanto in una cosa, Giovanna, si distinse dalle altre.
    Cristiano tacque e guardò a lungo Giovanna.
  • Giovanna – implorai a voce bassa.
  • E’ vero, è tutto vero quello che sta per dirti, si, mi sono promessa a lui quella volta, ero sconvolta…ma fu una sciocchezza, una cosa detta senza ragione, senza testa… – rispose tutto d’un fiato e talmente sottovoce che stentai a comprendere le parole.
  • Ma che significa?
  • Significa – disse Cristiano – che quando la lasciai per mettermi con un’altra, lei mi disse che comunque sarebbero andate le cose, da che una volta era stata mia, lo sarebbe stata per sempre e che se un giorno avessi deciso di riprenderla lei non ci avrebbe pensato un minuto ad abbandonare tutto e tutti e mi avrebbe seguito in capo al mondo.
    Scoppiai in una fragorosa risata.
  • Ridi? – chiese Cristiano
  • Rido si. Tutto questo è ridicolo, non ha alcun senso. E mi meraviglio di te che vieni in casa mia con una storia simile. Non vorrai farmi credere sul serio che Giovanna a vent’anni potesse impegnarsi per il resto della vita? E per chi, poi? Per uno come te? Per uno che prendeva e lasciava le donne a piacimento? Non farmi ridere per favore!Sarebbe troppo comodo caro mio! E tu, allora, sentiamo tu che impegni prendevi con le ragazze? Hai detto che io ho pagato il mio debito d’onore. Ma nel mio caso, è diverso, tu qualcosa mi hai dato di concreto, del denaro nella fattispecie e giustamente mi sono impegnato a restituirtelo.
    Ma con Giovanna? Che cosa le hai dato in cambio della sua promessa? Su cosa puoi accampare dei diritti? L’hai lasciata senza tanti scrupoli e te ne sei andato con un’altra. Giustamente Giovanna si è trovata un altro uomo, uno capace di amarla veramente e non solo capace di prendere come un volgare seduttore da strapazzo! Seppure in un momento di sconforto si è lasciata andare a quella promessa, che vale una promessa simile? Son cose che si dicono ma che non valgono nulla…Può essere l’estremo tentativo di un’amante delusa per trattenere il proprio compagno, al massimo… Tra innamorati si esagera, si dicono cose che non sono e non possono essere vere, anche perché in questo caso, poi, sono coinvolte altre persone. Io, per esempio e scusa se non è poco, dal momento che sono il marito.

Cristiano mi aveva ascoltato attentamente e quando terminai di parlare disse:

  • Non capisco. Non hai battuto ciglio quando son venuto per il denaro. Tu stesso hai detto che si trattava di un debito d’onore e che andava saldato. Mi domando, allora, in che cosa si differenzia il tuo impegno da quello di Giovanna. In entrambi i casi non c’era alcun contratto o documento scritto ma solo una parola data. Ora ti domando, perchĂ© tu ti sei sentito impegnato sull’onore, e non lo dovrebbe essere Giovanna? Il contratto si fondava in un caso e nell’altro soltanto su una parola. Ma se si trattava soltanto di parole, perchĂ©, allora, dovrebbe essere valida quella data a te nel matrimonio e non quella data a me prima del matrimonio? Giovanna non specificò in quale situazione sarebbe stata valida la sua promessa. Mi disse chiaramente e lei stessa te l’ha ripetuto che qualora l’avessi cercata avrebbe lasciato tutto e tutti, per seguirmi…E io le ho creduto, sulla parola. Tanto che quando ho pensato che avremmo potuto costruire una nostra vita insieme, sono tornato. A quel punto non ho avuto esitazione e ho abbandonato tutto, il mio lavoro, in Svezia e anche la mia donna, una che mi ero preso lassĂą. Tutto per Giovanna, fidando sulla sua promessa. E sono tornato per venire a prenderla.

Prima di rispondere lasciai passare qualche istante durante il quale non smisi di fissare in volto Cristiano. Anche lui mi fissava, stavolta grave e determinato.
Sostenevo il suo sguardo con aria di sfida e in fine dissi:
– facciamola finita con questa buffonata, per favore. Mi pare che tu abbia stancato a sufficienza, Giovanna e me con il tuo modo di fare. Stai solo dicendo un cumulo di sciocchezze. Sarei contento che te ne rendessi conto, finalmente e te andassi da questa casa, il prima possibile e inoltre, come consiglio, che ti facessi vedere da uno specialista per le malattie nervose. Sospetto che il tuo equilibrio mentale sia seriamente compromesso. E questo prendilo pure come un consiglio professionale.
Cristiano si alzò e senza dire nulla lasciò che lo accompagnassi alla porta.

  • Peccato – disse alla fine – sarebbe stato tutto piĂą semplice.
  • Non capisco cosa vuoi dire, - risposi - ma va bene così, l’importante è che tu non ti faccia piĂą vedere in casa mia. Buona fortuna. - E lo congedai, sperando, definitivamente.

Passò l’inverno, la primavera e poi l’estate. Con le prime piogge di settembre ritornò l’autunno.
Cristiano e Giovanna erano andati a vivere in un villino dalle parti dell’ufficio di Cristiano nella periferia nord della città. Da amici comuni avevo saputo che si erano sistemati bene, erano agiati, probabilmente ricchi. Giovanna conduceva un’intensa vita di società. Qualcuno senza avvedersene mi disse persino che sembrava rifiorita accanto a Cristiano. Talvolta mi capitava di vederli pranzare in un ristorante del centro che in passato avevo frequentato anch’io. Ora non ci andavo più se non per sbirciare dalle vetrine senza farmi scoprire i due innamorati. Per quanto la cosa mi bruciasse e per quanto potesse sembrare incredibile, pure non potevo negare che mia moglie, pardon, la mia ex moglie, vicino a Cristiano risplendeva di una luce nuova. I suoi occhi grandi e chiari avevano assunto un’espressione e un’intensità che tradivano una profonda gioia interiore. Non volli mai indagare se durante la vita passata accanto a me fosse stata sincera e fedele o se con il pensiero non fosse restata legata segretamente a Cristiano. La separazione comunque fu meno atroce di quanto si poteva prevedere. In fin dei conti non c’erano figli di mezzo e io mi comportai da vero gentiluomo. Non feci scenate, non mi attaccai a sciocchi pretesti né a venali ritorsioni e lasciai a Giovanna la scelta di prendere le cose che desiderava portare con sé. Anzi come ulteriore gesto di magnanima condiscendenza feci in modo di farle assegnare la nostra casa, quantunque non ne avesse bisogno che come ho detto andò a vivere con Cristiano in una villetta. Io mi accomodai alla meglio in un appartamentino attiguo allo studio medico dove esercitavo. In breve mi fidanzai con Loretta una giovane infermiera che avevo assunto e con la quale iniziai una convivenza.

Con questo, non credo di aver altro da dire, Signor Giudice, ah no, ancora una cosa, importante, stavo dimenticando il movente. Fu anche in questo caso per via d’un debito d’onore. Ora le dico. Quando mi fidanzai con Giovanna, non ho vergogna di dire, che fui letteralmente travolto dalla passione. Era bella Signor Giudice, Giovanna e anche molto sensuale e io ne fui preso talmente che una sera trovandola assorta e pensierosa mi misi in sospetto. L’amavo ed ero terribilmente geloso.
Allora tremante e sotto l’influsso di un cattivo presagio le chiesi che cosa si sentisse, che cosa avesse, nonostante tutto speravo ancora che l’inquietudine che provavo in fondo all’anima fosse solo una sciocca suggestione. Ma lei restava silenziosa. Era distante quasi non udisse il suono delle mie parole. Allora facendomi coraggio la interrogai per sapere se c’era qualche problema di cui volesse parlare e non ricevendo ancora risposta le chiesi a bruciapelo se per caso stesse pensando a un altro, se per caso , Signor Giudice, non avesse in testa, un altro uomo. Ostinatamente restò silenziosa, senza dire nulla. Io restai a lungo a guardarla così, sentendomi umiliato nella mia impotenza nel mentre che lei continuava a starsene muta con il capo abbassato, che però per me aveva un grande significato. A un certo punto scorsi una lacrima che le rigava una gota e ne fui sconvolto, come fosse una confessione o una conferma ai miei più angosciosi timori. E fu lì, Signor Giudice, che quasi senza rendermene conto, che pronunciai quelle terribili parole:

  • Bada Giovanna – le dissi con un tono incredibilmente calmo - se un giorno dovessi scoprire che vuoi abbandonarmi per un altro non lo sopporterei. Non farlo, non farlo mai, o, giuro che vi ucciderei entrambi.
  • Ecco Signor Giudice perchĂ© li ho uccisi. Avevo promesso, ormai, per me, era diventato un debito d’onore.
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