Debito d'Onore
Seconda parte
di Ruggero Scarponi
Quando finalmente se ne fu andato trovai il modo di sfogarmi con mia moglie.
- Che razza di persona è diventato! – mi lagnai – Venire a casa mia dopo vent’anni a richiedere la restituzione di una somma senza un minimo di preavviso, con quel tono poi e quello sguardo beffardo quasi pensasse di avere a che fare con gente disonesta.
- Ma tu perché non l’avevi restituita prima quella somma? – domandò Giovanna.
- Ma non lo so. Forse l’avrò dimenticato. Stavo studiando a quel tempo, forse era proprio all’ultimo anno durante la preparazione della tesi…
- E lui non te lo ha mai ricordato?
- Non mi pare.
- E tu veramente avevi insistito per restituire i soldi che ti aveva prestato compresi gli interessi?
- Si mi pare di sì, ma non pensavo che prendesse la cosa in questo modo, voglio dire così sul serio. Io, allora, era normale che mi offrissi di restituirli quei soldi. Eravamo entrambi studenti, come potevo pretendere che me li regalasse? Ma non pensavo che fosse una cosa tanto seria. Insomma mi aveva dato a intendere, o almeno questa era stata la mia impressione, che a lui quel denaro non serviva, che non ci faceva conto. Se me lo avesse detto, invece, che me lo prestava per un determinato periodo…In qualche modo, ti giuro, avrei fatto l’impossibile per saldare il debito alla scadenza. E poi non me ne fece mai menzione, neanche quando ci salutammo il giorno dopo il mio esame di laurea. E stasera, invece venendo qui in casa nostra sembrava diffidente come uno che tema di essere imbrogliato. E per cosa poi! Non era una somma così ingente dopo tutto, da doversene preoccupare. Conoscendo la mia professione non avrebbe dovuto avere dubbi a riguardo.
- In fin dei conti – chiese ancora Giovanna – quei soldi te li aveva prestati senza una scadenza, no?
- E’ così. Ho dovuto insistere perché accettasse che glieli restituissi.
- Forse questo fatto l’ha reso intransigente – disse Giovanna pensierosa.- Poiché ti eri impegnato a saldare il tuo debito, allora, si deve essere detto, che era giusto che tu lo facessi.
- D’accordo. Ma dopo vent’anni? Poteva inviarmi una lettera spiegandomi le circostanze. Sarebbe stato più elegante più garbato anziché venire in casa mia a buttarmi in faccia quella lontana storia di fronte a mia moglie.
- E’ comunque un uomo singolare – rispose Giovanna – un po’ mi fa paura. Mi ha guardato in un modo così strano che mi ha fatto sentire in imbarazzo.
- Bè, almeno ora, saldato il debito, ce ne siamo liberati, non abbiamo più nulla a che spartire con lui.
- Me l’auguro – disse Giovanna mentre si raggomitolava sotto le coperte.
- E pensare – continuai fra me – che ai tempi dell’Università era un tipo così spiritoso e gioviale. Cameratesco sempre disponibile con tutti e – mi arrestai un istante per seguire un ricordo – e sempre pieno di donne. Aveva uno sguardo ipnotico dicevano le ragazze. Era difficile resistergli…E ritrovarlo adesso così arido e venale, mi ha fatto una brutta impressione. – terminai così, con una smorfia della bocca, mentre spegnevo la luce.
Nei mesi seguenti seppi dei progressi di Cristiano con la sua nuova attività . Si era sistemato in un elegante ufficio di uno dei quartieri nuovi nella periferia nord. In città si cominciava a parlare di lui e della sua rapida ascesa nel mondo del business. Tutte le più importanti “Corporates” erano nel suo portafoglio clienti e le sue attività si estendevano dalla consulenza aziendale alla finanza.
C’era del prodigioso e perfino del misterioso nel suo inarrestabile successo.
Un giorno mentre rientravo ebbi la sorpresa di trovarlo a casa. Stava discutendo con Giovanna in salotto. Aveva in volto la solita espressione beffarda, al contrario di Giovanna che appariva notevolmente turbata.
- Ciao Cristiano – dissi senza neanche tentare di dissimulare la sensazione sgradevole che provai alla sua vista – Sei venuto a riscuotere qualche altro debito insoluto? – aggiunsi sarcastico.
Cristiano non rispose ma restò a guardarmi come se stesse per dare conferma ai miei sospetti. E, infatti, dopo una pausa e dopo aver lanciato una lunga occhiata a Giovanna che restava seduta sul divano muta e con la testa bassa disse. - In effetti, hai indovinato, in un certo senso.
- Bè – risposi risoluto – questa volta sarà meglio se ti spieghi subito – ti avverto che ho avuto una giornata pesante al lavoro e non sono in vena...
Cristiano era in piedi, con un cenno, della mano, per pura cortesia, lo invitai a sedersi su una poltrona. Abbassò appena il capo in segno di assenso e si sedette. Io invece restai in piedi prendendo posizione accanto a Giovanna. - Di che si tratta? – chiesi secco e sbrigativo.
- E’ presto detto – rispose Cristiano con la sua solita naturalezza vagamente ironica.-Non ti farà piacere saperlo, ma, tant’è, prima o poi…anche in questo caso si tratta di un debito d’onore e sono venuto a riscuoterne il pagamento. Pensavo che te ne avesse parlato Giovanna, ma vedo che non lo ha fatto, malgrado glielo avessi consigliato e pertanto sarò io stesso a chiarirti il motivo della mia visita. Stavolta Cristiano parlava serio e come la volta precedente quando era venuto per il denaro lanciava occhiate rapide e furtive a mia moglie.
- Cosa c’entra Giovanna, innanzitutto? – chiesi con la voce che mi tremava nello sforzo di mantenermi calmo.
- Scusa – rispose lui – ma è proprio per Giovanna che sono venuto.
Guardai mia moglie, che restava a capo chino, ma intuivo che doveva avere gli occhi bagnati di lacrime. - Giovanna…?- sussurrai.
- Dunque – continuò Cristiano. Siamo tutti d’accordo che un debito d’onore debba essere pagato, giusto?
- Ma cosa c’entra questo, adesso? Non ti ho forse pagato il mio debito? – esclamai.
- Stavolta però non è per te che sono qui – rispose Cristiano a bassa voce e scandendo bene le parole senza abbandonare con lo sguardo Giovanna – è per lei che sono tornato. (continua)