Debito d'onore
Parte prima
di Ruggero Scarponi
Una sera dello scorso inverno, sul tardi, quando con mia moglie stavamo già per coricarci, ricevetti la visita di un vecchio amico dell’università . Si chiamava Cristiano, era toscano di origine, mi pare di Arezzo. Aveva un profilo inconfondibile, lungo, affilato con un nasone che piegava verso il basso come gravato da un peso. Ma gli occhi d’un color nero intenso ne accendevano lo sguardo di una luce vivida e beffarda. Ci salutammo con calore, non ci vedevamo da quasi vent’anni.
Anche con mia moglie si conoscevano avendo frequentato lo stesso corso di studi. Naturalmente dopo i primi convenevoli lo invitai a trattenersi un poco per raccontarci le cose avvenute nel frattempo che ci eravamo persi di vista. Mi disse che dopo la laurea in economia si era trasferito per lavorare all’estero come dirigente di una grande società finanziaria. Ma ben presto aveva lasciato quel posto assai remunerativo per compiere nuove esperienze in altre società e in altre nazioni. Aveva, come dote naturale, fin da bambino, una grande facilità di apprendimento per le lingue straniere e impararne una nuova non gli aveva mai causato difficoltà . Ora aveva deciso di rientrare in patria e grazie alle conoscenze accumulate, si era convinto ad avviare una propria attività , specializzata nella consulenza finanziaria aziendale.
- Anzi, è proprio questo il motivo che mi ha indotto a venirti a trovare – mi disse a un certo punto in maniera franca e diretta.
Veramente ne fui un poco sorpreso, non capivo cosa mai potessi avere a che fare con il suo progetto, essendo io medico e completamente digiuno delle pratiche finanziarie. - Se posso, volentieri – risposi scettico – ma non vedo come…
Cristiano, seduto sul divano nella sala da pranzo, tra mia moglie Giovanna e me, roteò lo sguardo dall’uno all’altra, prima di rispondere con quell’espressione beffarda che non abbandonava mai il suo viso, qualunque argomento trattasse. - Oh si, invece – rispose sicuro, con un sorriso appena trattenuto.
- Non capisco, davvero – obiettai leggermente turbato, più dalla sua espressione che dalla possibile richiesta.
- Oh si – affermò nuovamente con una naturalezza che mi lasciò sconcertato e che, notai, cominciava a sconcertare anche Giovanna.
- Di che si tratta dunque, Cristiano?- domandò esitante, mia moglie.
- Di cinquemila euro – rispose lui, con noncuranza e senza mostrare il minimo imbarazzo.
Non mi riuscì neanche di aprire bocca per ribattere, tanto fui sorpreso da quella rivelazione.
Cristiano, invece, continuava a lanciare sguardi sia a me che a Giovanna, come se si attendesse qualche battuta spiritosa in risposta e per un istante mi fece dubitare che stesse fingendo una commedia per burlarsi di noi. - Stai scherzando? – mi azzardai a dire per sondare le sue vere intenzioni.
- Neanche per sogno – ribatté deciso, ma sempre con una velata ironia nelle parole.
- Bé allora, spiegati – dissi – altrimenti non riesco a capire a che titolo…Beninteso se si tratta di un prestito che vuoi, io non ti faccio nessuna difficoltà , per un vecchio amico, si sa…
- E’ vero – assentì – si tratta proprio di un prestito - aggiunse subito dopo - Solo che sono io il creditore e tu il debitore.
- Sei matto? – sbottai spazientito – che vai inventando? Sono vent’anni che non ci vediamo! E piombi così all’improvviso in casa mia per esigere…
M’arrestai di botto. - Che ti succede? – Urlò Giovanna spaventata, vedendomi impallidire e senza finire la frase che avevo iniziato.
Cristiano mi osservava sempre più ironico, con uno sguardo fiammeggiante, quasi selvaggio. - Vedi che ricordi – disse assumendo un’espressione di trionfo.
- Gesù – mormorai a fil di voce – non sarà per…
- Bravo! – esclamò Cristiano assentendo vigorosamente con la testa – si, si ti ricordi bene, vedi. E’ proprio quello che pensi tu. Fu quella volta che io…e tu…e poi…
- Si, hai ragione – ripresi confuso emettendo un profondo sospiro – non c’è dubbio, solo che essendo passati tanti anni io…
- tu – disse Cristiano piantandomi i suoi occhi penetranti in viso – tu, si capisce, ma non io. Io ricordo bene. Tu forse hai dimenticato. Ma un debito d’onore si paga sempre, anche dopo vent’anni.
- Ci mancherebbe! – risposi vagamente contrariato per quel tono antipatico con cui mi stava facendo rimarcare il mio difetto.
- E’ vero – dissi rivolto a Giovanna che era rimasta ad ascoltare interdetta senza capire bene di cosa stessimo parlando – è vero – confermai – Cristiano ai tempi dell’università mi prestò una somma che avevo perso alle carte. In poche parole mi ero giocato tutto il mensile che papà e mamma mi avevano mandato per sostenere le spese del mio soggiorno durante il periodo degli studi in città . Anzi devo dire che Cristiano fu assai generoso offrendomi il denaro senza porre condizioni sulla restituzione, e fui io stesso, invece, che insistetti per saldare il debito quanto prima e con gli interessi.
- Appunto – s’intromise Cristiano – e i settecento euro di allora, conti alla mano, sono diventati 5000 di oggi, per via del calcolo degli interessi, della svalutazione ecc. se vuoi puoi verificare,- mi disse ironico - ma essendo il mio campo…- fece una breve pausa allargando le braccia per poi concludere semplice e asciutto – e ora, dovendo aprire una mia attività , qui in città , ne ho bisogno e te ne chiedo la restituzione. –
- Bè non sono certo io il tipo di persona che si tira indietro di fronte alle proprie responsabilità . Quel che è giusto è giusto. Anzi sei stato fin troppo paziente, te lo riconosco – risposi un po’ a malincuore e un po’ piccato per essermi trovato in fallo – come dici tu - aggiunsi leggermente risentito - un debito d’onore si paga sempre, anche dopo vent’anni. E per quanto attiene agli interessi sono certo che i tuoi calcoli siano precisi al centesimo. Mi spiace solo che ti sia scomodato di persona per venire a ricordarmelo. Ma sono d’accordo che sia stato davvero imperdonabile da parte mia, averlo dimenticato.
- Puoi verificare, intendo per gli interessi, è nel tuo diritto – replicò Cristiano sorridente mentre lanciava occhiate furtive a Giovanna.
Senza dire altro, presi il portafogli, ne trassi un blocchetto di assegni, ne staccai uno e lo compilai scrivendo la cifra di 5000 euro e dopo averlo firmato glielo consegnai. - Ecco – dissi –– ora siamo a posto. Non credo di doverti dell’altro…mi pare.
Cristiano prese l’assegno l’ osservò rapido e meticoloso con occhio esperto da professionista e poi lo fece sparire in una tasca interna della giacca. - Il debito è stato saldato, non ho motivo d’importunarvi ancora – disse – e adesso, se permettete, tolgo il disturbo. Si è fatto tardi, è il caso che ci salutiamo. Vi auguro la buona notte. - Mi strinse la mano e poi la strinse anche a Giovanna, nella cui espressione del viso, tra le sopracciglia un poco aggrottate e gli occhi chiari e spalancati notai un leggero senso di disagio, una vaga apprensione. E prima di andarsene, sull’uscio, Cristiano si voltò ancora una volta e di nuovo notai uno strano luccichio ambiguo e pieno di cupidigia, nel suo sguardo, mentre salutava Giovanna. (continua)