Dal poema "Mi svelo ma in animo nuda"
Mi era compagno un cammello
di Antonio Bruni
Gelosa è la sala da bagno
in cui mi rinchiudo regina
ampliando di casa il silenzio
vapore suonante saluta
invita alla vasca la schiuma
abbonda in riflessi di sfere
mi svelo da lino notturno
al doppio scrutare di specchi
controllo girando i profili
ancora avvenente la curva
di snelle colline il paesaggio
ardita si slancia figura
distendo le braccia e i capelli
il pubblico sento applaudire
mi avverto trionfare nel corpo
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in danza procedo alla vasca
ma al primo contatto del bagno
rallento di mosse la gioia
si calma la pelle nell’acqua
dimentico in bolle di sali
quel primo turgore esultante
si svuota la mente ai colori
che ho dato alla stanza in ricchezza
per renderla alcova ma allegra
affiora da tende l’infanzia
merletti e sorrisi gentili
penombra di casa signora
vapore crescente ha velato
contorni e riflessi cristalli
in nuvola avvolta mi sento
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la lingua istintiva deterge
sudore al di sopra del labbro
ho gola del senso salato
che emano in umore dai pori
lo gusto e non l’offro a nessuno
mi immagino in baffi rossastri
son maschio e mi bacio con cura
mi raspo e mi lecco le labbra
poi mordo ma piano le guance
avverto domanda e risposta
lo scontro e il groviglio di lingue
e godo la resa giù in gola
ma manca chi al collo si avvolga
la stretta di spalle possente
minaccia e promessa di assalto
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turbata mi scorgo allo specchio
a crocchia sollevo i capelli
lontano somiglio a Brigitte
in curva mi lascio alla schiuma
esterni pensieri detergo
richiamo di lotta abbandono
per darmi a lusinga sottile
all’altro versante dei sensi
che gode femminea andatura
son cupide in cerca le mani
si allungano attorno alle braccia
comincia su pelle il mio viaggio
carezza che in onda si muta
arriva sui seni in attesa
ricevo nel palmo le punte
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da sola il mio tocco è perfetto
la giusta pressione alimento
sottile sfiorata soffiata
so dare ai miei pori la scossa
che innesca circuiti segreti
attiva i rimandi dei sensi
conosco lentezza in processo
per far arrivare i messaggi
dai punti lontani e innocenti
fin al gravitare più interno
per dare sommossa al mio antro
pur senza irruzione virile
non reggo compagni maldestri
ed ora son uomo a me stessa
già fremo ed è complice l’acqua
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ricordo una luna di Egitto
deserto gelava le spalle
e mi era compagno un cammello
le gambe ad arcione stringevo
il pelo tra morbido e vivo
leggero un diaframma di tela
il lungo ondeggiare di schiena
notturno mi entrava nei lombi
stupore di marcia nuziale
mi prese in interno un incendio
ignara avvampava la notte
schiudendo il sentiero alla fila
cammelli lamenti velati
spariti gli umani compagni
mi sciolsi nel grido di orgasmo.
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