#147 - 8 febbraio 2016
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Arte

Una iniziativa di Footsteps

Via Margutta - Roma

Sebastiano Carta

Un gradito ritorno

di Luigi Capano

Vacanze romane (1953) è un film che non si dimentica.
Ricordo che, appena- tardivamente - lo vidi, mi precipitai, assieme a un compagno di scuola, a cercare il celebre civico 51 di Via Margutta dove il giornalista Joe Bradley (Gregory Peck) ospitò la principessa Anna (Audrey Hepburn). Il cortile ghiaioso dove un tempo affacciavano studi di artisti e di artigiani, l’antico albero di carrubo, la celebre scala erta e petrosa… erano gli anni ottanta e allora– ricordo- si poteva ancora incontrare nella già solitaria strada degli artisti, un implacato fantasma della dolce vita, la biancovestita Novella Parigini, simbolo vetusto dell’esistenzialismo romano.

Sebastiano CartaSebastiano Carta

Sebastiano Carta (Priolo 1913 – Roma 1973), poeta e pittore, ha attraversato l’universo mollemente creativo della Roma del secondo dopoguerra senza farne interamente parte. Spirito nativamente ribelle, ha affinato la propria sensibilità estetica nel clima iridescente dell’avanguardia futurista.

Sebastiano CartaSebastiano Carta

L’ho conosciuto soltanto una decina d’anni fa – una conoscenza postuma – nel ricordo vivace e pacato della figlia Elisabetta. E lo incontro nuovamente oggi, in Via Margutta 51, grazie ad una originale iniziativa sorta dal sincretico sodalizio tra il Centro Regionale Sant’Alessio Margherita di Savoia per i ciechi, proprietario del celebre immobile, e l’organizzazione Feedya Art Foundation: nasce così il Margutta Art Village con l’intento di restituire all’arte, declinata nelle sue molteplici espressioni, uno spazio faticosamente strappato all’incuria degli ultimi decenni.

Sebastiano CartaSebastiano CartaSebastiano Carta

Ed ecco quindi il progetto Footsteps. Impronte d’arte nel cortile di Via Margutta 51, curato da Diana Alessandrini, che propone, tra le tante e varie iniziative, la mostra Il ritorno di Sebastiano Carta: futurismo e altri labirinti d’avanguardia (fino al 14 febbraio). In mostra, opere provenienti dall’archivio di famiglia: volti che paiono fissati nella pietra, morfologie improbabili, coinvolgenti astrazioni cromatiche…una rapida silloge dell’universo visionario di un artista che ha usato il colore e la parola per esprimere, memore della giovanile lezione marinettiana, la propria spietata immaginazione senza fili.

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