In occasione del 100° anniversario del "Genocidio" del Popolo Armeno.
Complesso del Vittoriano - Roma
Armenia. Il Popolo dell'Arca
Una mostra sull' itinerario di una antica cultura
Resta visibile fino al 3 maggio, al Vittoriano di Roma, la Mostra "Armenia: il Popolo dell'Arca", per ricordare i 100 anni dal brutale Genocidio condannato dalla Storia e dalla Memoria Civica del Mondo Intero.
Gli anniversari e le ricorrenze, certo, non restituiscono la totalità , ma sono una scusa e uno stimolo per portare alla luce un argomento, un personaggio e, in questo caso, un popolo, quello armeno.
Una cultura ricca e un perno, quello cristiano, intorno al quale ha ruotato la sua identità per molto tempo, dopo la diaspora.
Nel centenario di un Genocidio quasi dimenticato, una mostra apre le porte su questa civiltà .
L'iniziativa è promossa dal Ministero della Cultura armeno, dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia e dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede, e SMOM - Supremo Militare Ordine di Malta, in collaborazione con la Congregazione Armena Mechitarista.
L’esposizione - curata da Vartan Karapetian si presenta al pubblico come un lungo viaggio a ritroso nei contributi, nelle contaminazioni e nel patrimonio di una popolazione sfregiata dall’oblio.
Se narrare la storia di una qualsiasi popolazione appare come un progetto assai complesso, raccontare il destino, la cultura e il coraggio del popolo armeno pare un proposito nettamente più arduo: con quest’idea l’esposizione Armenia – Il popolo dell’Arca si pone come obiettivo quello di ripercorrere i secoli che hanno portato alla nascita, allo sviluppo e al triste destino la popolazione del Monte Ararat e della vicenda dell’Arca di Noè.
Ancora oggi - ce lo ricorda con un a lunga nota Ilaria Guidantoni - il monte Ararat è un richiamo simbolico fondamentale per l’Armenia, che nel 301 d.C. fu il primo paese al mondo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato, solo che oggi pronunciamo il nome di San Gregorio Armeno appunto senza avere un’idea precisa del riferimento... eppure a Venezia ad esempio c’è una chiesa armena e un monastero molto importante armeno sull’Isola di San Lazzaro, centri di cultura oltre che di culto.
La mostra si articola in sette sezioni con reperti archeologici, codici miniati, opere d’arte, illustrazioni e documenti, che raccontano anche i rapporti tra l’Italia e l’Armenia e la ricchezza storica e artistica della presenza armena nel nostro paese.
La storia armena affonda le sue radici nella tradizione biblica del Diluvio Universale, emblema di rinascita e di nuova vita: è proprio alle pendici dell’Ararat, sulla cui cima che si era arenata l’Arca di Noè, che nel VII sec. a.C. si formò il popolo armeno.
La prima sezione dell’esposizione ci conduce dentro la storia del Cristianesimo, nella chiesa d’oriente che fa capo alla chiesa ortodossa dove esiste una ritualità specifica con un patrimonio di musica liturgica variegata e alcune peculiarità del rito come delle tende, due, che si chiudono al momento della consacrazione dell’ostia e della comunione del celebrante: una di queste tende-tappeto è in mostra; la seconda, con la ricostruzione scenografica di un altare, esibisce flabelli rituali, capitelli e incensari finemente decorati; proseguendo, la terza sezione si inoltra all’interno dell’iconografia tipica armena e mostra ai visitatori la sacralità dei *khachkar, le croci di pietra simbolo della vita; al quarto settore è interamente dedicato al complesso alfabeto che compone la lingua armena: esso, creato dal monaco Mesrop Mashtots grazie all’aiuto di uno scriba greco, si compone di 38 caratteri (due aggiunti nella modernità ) rappresentanti allo stesso tempo il sistema numerico: curiosa la tavola che permette di sentire i suoni delle lettere e apprezzare i diversi tipi di scrittura che prende il nome dal ferro facendo riferimento agli ossidi di ferro dell’inchiostro con il quale originariamente era vergata; la quinta sezione, incentrata sull’arte e l’architettura, mostra ai visitatori le particolari forme degli edifici armeni e riporta a questo scopo due modellini in pietra lavica di chiese andate distrutte, fatto decisamente curioso.
Ripercorrendo i numeri, i luoghi e le voci, la sesta sezione si dedica alla commemorazione del genocidio che nel 1915 portò alla deportazione e alla conseguente morte di circa 1.745.390 fra donne, uomini e bambini: entro questo spazio, incentrato sull’interattività , trovano spazio le riflessioni dei grandi pensatori italiani come Filippo Meda e Luigi Luzzatti che diedero sostegno ed eco ai crimini contro l’umanità subiti dagli armeni.
La settima ed ultima sezione dell’esposizione pone l’accento su quelli che sono i rapporti che l’Italia instaurò con l’Armenia a partire dalle repubbliche marinare fino ai giorni nostri, in particolare con Venezia e anche Napoli.
Sono intervenuti, in occasione dell’esposizione Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, che ha sottolineato l’occasione per ricordare e conoscere le vicende drammatiche del Novecento armeno; e il coordinatore scientifico della mostra, Vartan Karapetian, nonché l’attore di origini armene Paolo Kessisoglu, che ha invitato ad avvicinarsi alla tematica dell’identità minacciata.
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N.B. - In questo stesso numero proponiamo una serie di drammatiche immagini riferite al "Genocidio" del Popolo Armeno da parte della Turchia, 100 anni fa.