Zapping
frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
“La nostra è un’epoca essenzialmente tragica, perciò ci rifiutiamo di viverla tragicamente”, rubiamo l’incipit a D.H. Lawrence ed al suo romanzo più conosciuto, “Lady Chatterley’s lower”: ci sembra un comodo abbrivio per quanto andremo scrivendo su questa cronaca semiseria, illudendoci, come sempre, di afferrare il filo d’Arianna nella trama caotica delle informazioni e delle notizie che, ininterrottamente, ruscellano dai media: i vecchi, i nuovi e i nuovissimi.
Abbiamo incrociato il comico premio Oscar Roberto Benigni, su Rai1 in prima serata, e lo abbiamo visto prodigarsi oltre misura nell’esaltazione dell’instabile e raffazzonata Unione Europea. Ci è parso logorroico e inefficace e stucchevolmente retorico. Dipenderà, forse, dalla nostra patologica insofferenza verso certe prose melate e monocordi, artisticamente chine allo Zeitgeist. Ma il successo dello spettacolo - “Il Sogno”, questo il titolo - è stato eccellente a dispetto delle nostre incurabili idiosincrasie. Aggiungiamo, per amor di cronaca che, a nostra memoria, in passato, le esibizioni di Benigni non ci facevano chiudere occhio (la battuta è di Flaiano, ai danni di Luchino Visconti), però, questa volta, è andata decisamente meglio. Nomen Omen.
La polemica sul manifesto di Ventotene ha acceso gli animi dei politici nostrani, con qualche risonanza oltre confine. Lo abbiamo letto e riletto per l’occasione. Ci è parso un documento nel complesso decisamente datato, forse in qualche punto condivisibile, sul quale però si potrebbe fondare, al più, un monumento alla memoria: a occhio, gli Stati Uniti d’Europa richiederebbero fondamenta più solide e più condivise. Se però questi sono i riferimenti e le basi, è ovvio che non si decolla. Ma ciò che troviamo sorprendente in tutta questa concitata polemica, esula dal contenuto del suddetto manifesto. Riguarda piuttosto il rapporto morboso - vorremmo dire “coranico” se non temessimo le ire, i furori e gli anatemi del nostro dirimpettaio di fede islamica - che una certa nutrita e rumorosa fazione politica ha stretto con la storia e i suoi documenti.
Oggi, il manifesto di Ventotene, che ha perfino fatto piangere buffamente un deputato sugli scranni del Parlamento; ieri, la nostra Costituzione definita, con tenera puerizia, “la più bella del mondo”. L’unità di misura di tale apodittica consulenza, non ci è stata comunicata. Non parliamo poi di quando si tenti sobriamente di ventilare l’inesattezza di certe conclusioni che riguardano il nostro recente passato. Allora i giannizzeri dalla medesima fazione, immancabilmente, paventano in coro e a gran voce che “si sta cercando di riscrivere la storia”, sognando, con piglio fiabesco, di esserne gli eletti custodi. Ma, come usava dire il giornalista e conduttore Antonio Lubrano, “la domanda sorge spontanea”: perché la Storia non dovrebbe essere riscritta?