#360 - 1 febbraio 2025
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno di sabato 31 maggio quando lascerà  il posto al numero 364 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
letteratura

Vincenzo Cardarelli

Lo scaffale della poesia

di Angelo Zito

Il primo di maggio del 1887 nasceva a Corneto Tarquinia Vincenzo Cardarelli. Poeta. Maggio faceva pensare ad una vita ridente, splendente. tutt’altro fu il percorso della sua esistenza. Una madre persa anzi tempo, un padre distratto preso dal suo lavoro al buffet della stazione lo lasciarono custodito in varie case del paese. E crebbe solitario, vanamente alla ricerca di affetti da cui non ebbe in cambio quell’amore che ricordava della madre

Crudele addio

Ti conobbi crudele nel distacco.
Io ti vidi partire
come un soldato che va alla morte,
senza pietà per chi resta.
Non mi lasciasti nessuna speranza.
Non avevi, in quel punto,
la forza di guardarmi.
Poi più nulla di te, fuorché il tuo spettro,
assiduo compagno, il tuo silenzio
pauroso come un pozzo senza fondo.
E io m’illudo
che tu possa riamarmi.
E non fo che cercarti, non aspetto
che il tuo ritorno,
per vederti mutata, smemorata,
aver noia di me che oserò farti
qualche amoroso e inutile dispetto.

Visse a Roma dove collaborò con diversi giornali e fondò assieme a Bacchelli, Antonio Baldini e Emilio Cecchi. la rivista “La ronda” che per 4 anni lo tenne impegnato, forse il momento più stimolante del suo percorso. ma sua compagna fu la poesia alla quale affidò quella carica di umanità che gli ribolliva dentro. Il suo poetare è spesso avvicinato a Leopardi per quel lirismo intimo che è caratteristica delle sue opere che rafforzò però in lui quel senso di distacco dal mondo, quel suo prezioso e personalissimo piacere di vivere da solitario.

Alla deriva

La vita io l’ho castigata vivendola.
Fin dove il cuore mi resse
arditamente mi spinsi.
Ora la mia giornata non è più
che uno sterile avvicendarsi
di rovinose abitudini
e vorrei evadere dal nero cerchio.
Quando all’alba mi riduco,
un estro mi piglia, una smania
di non dormire.
E sogno partenze assurde,
liberazioni impossibili.
Oimè. Tutto il mio chiuso
e cocente rimorso
altro sfogo non ha
fuor che il sonno, se viene.
Invano, invano lotto
per possedere i giorni
che mi travolgono rumorosi.
Io annego nel tempo.

E per anni e anni è annegato nel tempo di una Roma distratta, seduto ai tavolini del Caffè Strega a Via Veneto, sempre chiuso dentro il suo cappotto e il cappello, in ogni stagione dell’anno. Così io lo ricordo quando andando a scuola nella seconda metà degli anni 50 passavo a corso d’Italia dove lui sedeva al caffè Europa e mi guardava passare ogni mattina. Un incontro a distanza. Non sapevo che fosse un poeta. Più tardi lo scoprii e rimasi affascinato dalla bellezza dei suoi versi.
Per tutta la vita visse appartato in condizioni economiche precarie, in camere d’affitto, morì a Roma il 18 giugno 1959 nell’Ospedale Policlinico, solo e povero.

Morire sì

Morire sì,
non essere aggrediti dalla morte.
Morire persuasi
che un siffatto viaggio sia il migliore.
E in quell’ultimo istante essere allegri
come quando si contano i minuti
dell’orologio della stazione
e ognuno vale un secolo.
Poi che la morte è la sposa fedele
che subentra all’amante traditrice,
non vogliamo riceverla da intrusa,
né fuggire con lei.
Troppo volte partimmo
senza commiato!
Sul punto di varcare
in un attimo il tempo,
quando pur la memoria
di noi s’involerà,
lasciaci, o Morte, dire al mondo addio,
concedici ancora un indugio.
L’immane passo non sia
precipitoso.
Al pensier della morte repentina
il sangue mi si gela.
Morte non mi ghermire
ma da lontano annùnciati
e da amica mi prendi
come l’estrema delle mie abitudini.

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