#358 - 1 dicembre 2024
AAAAAATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte di martedi 31 dicembre quando lascerà il posto al n° 359 - mercoledi 1° dicembre 2025 - CORDIALI AUGURI DI BUON ANNO e BUONA LETTURA - ORA PER TUTTI un po' di HUMOUR - E' da ubriachi che si affrontano le migliori conversazioni - Una mente come la tua à affascinante per il mio lavoro - sei psicologo? - No architetto, mi affascinano gli spazi vuoti. - Il mio carrozziere ha detto che fate bene ad usare WathsApp mentre guidate - Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ingrassano vivono più a lungo degli uomini che glielo fanno notare - al principio era il nulla...poi qualcosa è andato storto - una volta ero gentile con tutti, poi sono guarito.
Storia

NOTE SULLA
MEMORIA DEI GIORNI

-Ford introduce la catena di montaggio: Decine di operai in fila, lungo un nastro trasportatore, che ripetono gli stessi gesti a un ritmo cadenzato. Funziona così la catena di montaggio, introdotta per la prima volta nelle fabbriche da Henry Ford il 1° dicembre del 1913.
A dieci anni dalla fondazione della Ford Motor Company il mercato automobilistico è in fermento, con una sempre crescente domanda di autoveicoli. In questo scenario, il fondatore della casa statunitense trova la risposta più efficace nelle teorie dell'ingegnere Federick Taylor, che in Principi del management scientifico (edito nel 1911) espone la sua ricetta per rendere più efficiente la produzione industriale.
Fondamento della sua teoria, che la storia battezzerà come Taylorismo, è la divisione dei ruoli degli operai, a ognuno dei quali è assegnato un preciso movimento che si ripete sempre uguale e in un tempo predefinito. Principi che Ford traduce con l'introduzione della catena di montaggio, applicata inizialmente alla fabbricazione dei magneti.
Il risultato è sorprendente: un netto dimezzamento dei tempi di assemblaggio. Di qui il metodo viene esteso a tutta la filiera di produzione e il primo modello a inaugurarlo è la Ford Model T. È con essa che nasce il Fordismo, ossia la produzione di massa che in poco tempo sarà assimilata dalle maggiori compagnie industriali di tutto il mondo.
La produzione in serie modifica lentamente le abitudini della gente, dando vita a quella società dei consumi, così come oggi la conosciamo. Se l'economia sembra trarre solo benefici dalla catena di montaggio, lo stesso non può dirsi per i lavoratori, che si vedono condannati a una condizione di forte stress e alienazione, denunciata dalle organizzazioni sindacali e da celebri film come Metropolis (1927) di Fritz Lang e Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin.

-Rosa Parks si ribella alla segregazione sugli autobus: A Montgomery, capitale dell'Alabama, sono le sei del pomeriggio, quando una sarta di 42 anni prende posto nell'autobus giallo e verde della Cleveland Avenue, per rincasare dopo una giornata di lavoro. La donna ignora che di lì a poco quell'autobus la porterà dritto dritto nella storia!
Fin qui tutto normale, se non fosse che per le assurde leggi segregazioniste dell'America degli anni Cinquanta, Rosa Parks ha la grave colpa di sedere nella parte sbagliata del mezzo, quella riservata ai "bianchi". Ai viaggiatori dalla pelle nera, come lei, spettano pochi posti in coda.
Quei posti, il 1° dicembre del 1955, sono tutti occupati e a Rosa non va proprio di affrontare un viaggio all'impiedi; dall'alto del suo impegno dal 1943 come segretario della locale sezione del NAACP ("Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore"), non lo trova più ammissibile. Sfidando le convenzioni sociali dell'epoca e gli sguardi di sbieco dei bianchi, prende posto nella fila di mezzo.
Dopo alcune fermate, l'autobus è tutto occupato e ci sono alcuni bianchi in piedi. Rosa si vede intimare dall'autista James F. Blake l'ordine di alzarsi e cedere il posto ai primi. La donna si rifiuta e tiene duro fino all'arrivo della polizia, che la trae in arresto per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine. La notizia fa il giro delle comunità afroamericane e in poche ore monta l'indignazione, che nei giorni successivi sfocia in un vero e proprio boicottaggio dei mezzi pubblici da parte dei neri, protrattosi per 381 giorni. A guidare la protesta c'è il pastore protestante Martin Luther King, che individua nell'atto di ribellione della Parks la molla che dà vita al movimento dei diritti civili.
L'anno seguente arriverà la prima importante vittoria: la Corte Suprema stabilirà l'incostituzionalità delle discriminazioni razziali sugli autobus. Altre ne seguiranno, su tutte l'approvazione del Civil Rights Act del 1964, e in ogni occasione sarà ricordato il gesto eroico di Rosa Parks, insignita nel 1999 con la Medaglia d'oro del Congresso.
La sua storia ispirerà, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg.

-Fermi innesca la prima reazione nucleare a catena: «Il navigatore italiano è appena sbarcato nel nuovo mondo»: con questo messaggio in codice viene comunicata al presidente degli Stati Uniti d'America, Roosevelt, la riuscita dell'esperimento sulla prima reazione nucleare a catena controllata. È l'inizio dell'era nucleare.
Il test, condotto sotto le tribune di un vecchio stadio dell'Università di Chicago, vede nel ruolo di guida il celebre scienziato italiano Enrico Fermi, premiato nel 1938 con il Nobel per la Fisica per i suoi studi sulla radioattività e le reazioni nucleari.
È lui, in collaborazione con il collega ungherese Leó Szilárd, a progettare la pila atomica C.P.1 (che stava per "Chicago Pile Number One"), con cui viene portato a termine l'esperimento. Larga 7.5 m e alta 5.8 m e formata da una serie di mattonelle di grafite (ognuna con un "cuore" di uranio), la pila rappresenta il primo esempio di reattore artificiale a fissione nucleare al mondo.
Il successo dell'esperimento del 2 dicembre 1942 spianerà, purtroppo, la strada al famigerato Progetto Manhattan sulla costruzione delle prime bombe atomiche. E ciò in parte offuscherà il valore scientifico dell'esperimento di Fermi, al quale verrà intitolato il dipartimento di fisica della Università di Chicago.

-Barnard esegue il primo trapianto di cuore su un essere umano: Il cuore del 55enne Louis Washkansky era ormai al capolinea e la sua ultima speranza di vita era affidata all'abilità medica di Christiaan Barnard, valente chirurgo sudafricano, destinato ad entrare nella storia della medicina.
Specializzatosi in chirurgia cardiotoracica negli Stati Uniti d'America, conseguendo anche un master, Barnard cercò di mettere a frutto quell'esperienza in Sud Africa, creando la prima unità coronarica del Groote Schuur Hospital di Città del Capo. Dopo aver eseguito con successo la prima operazione a cuore aperto in Africa, verso la fine del 1967 gli si presentò la grande occasione che attendeva da tempo.
Il nuovo muscolo cardiaco di cui il paziente Louis Washkansky, affetto da grave cardiopatia, necessitava venne offerto da un padre generoso, al quale un incidente stradale aveva portato via la moglie e condannato la figlia 25enne, Denise, a una morte imminente. L'uomo diede il suo consenso all'espianto del cuore della figlia, scegliendo di salvare la vita a un altro essere umano.
Il 2 dicembre 1967 Barnard entrò in sala operatoria per eseguire il difficile trapianto e dopo diverse ore, ad operazione conclusa, si fermò a guardare per poi fare un passo indietro ed esordire così: «Funziona!» La notizia fece il giro del mondo nelle settimane successive, nonostante la morte del paziente avvenuta 18 giorni dopo, per via di una polmonite, conseguenza del rigetto del corpo estraneo da parte del sistema immunitario.
Risolvere il problema del rigetto fu la nuova sfida di Barnard e di altri ricercatori, che centrarono l'obiettivo tra gli anni Settanta e Ottanta con la scoperta della ciclosporina come farmaco antirigetto. Il primo trapianto cardiaco in Italia venne effettuato nel 1985 dal professor Vincenzo Gallucci.

-Fondato il quotidiano "Avvenire": Parlare con un'unica e autorevole voce a tutti i cattolici italiani. Con quest'obiettivo la Conferenza Episcopale Italiana, raccogliendo l'auspicio di papa Paolo VI, promosse la fusione de L'Italia di Milano e L'Avvenire d'Italia di Bologna, per dar vita a una nuova testata a diffusione nazionale.
Nacque così Avvenire, fondato a Milano e lanciato in edicola il 4 dicembre 1968. Diretto da Leonardo Valente, il nuovo quotidiano ebbe un inizio difficile, legato alla scarsa diffusione territoriale. Con la guida di Angelo Narducci (1969-80) le cose cambiarono e grazie all'opera della CEI si riuscì a raggiungere i lettori di tutte le regioni.
Altra direzione foriera di importanti cambiamenti fu quella di Dino Boffo (1994-2009), con il quale vennero lanciati un giornale per ragazzi, "Popotus", e il sito web del quotidiano. In generale, nel nuovo millennio si è avvicinato maggiormente alla cronaca, legata ad esempio agli emarginati, ai perseguitati per motivi religiosi e alle problematiche connesse alla globalizzazione.
Fatto oggetto di una campagna denigratoria condotta da "il Giornale" di Vittorio Feltri (da cui l'espressione ricorrente "metodo Boffo"), con notizie poi ritrattate dallo stesso Feltri, nel settembre 2009 Boffo si è dimesso ed è stato sostituito da Marco Tarquinio, attuale direttore della testata.

-Prima esecuzione dell’Inno di Mameli: Un'azione patriottica nel pieno di una cerimonia religiosa. Così si presentò per la prima volta in pubblico il Canto degli italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli, dal nome di colui che gli diede anima e parole (la musicò il compositore Michele Novaro).
L'episodio avvenne un venerdì di dicembre del 1847. Il calendario segnava il giorno 10, che per i Genovesi coincideva con una manifestazione religiosa molto sentita: la cerimonia dello scioglimento del voto in occasione dell'apparizione della Madonna a fra Candido Giusso, di cui ricorreva in quell'anno il centunesimo anniversario.
Come da tradizione, si teneva una processione che richiamava tutta la cittadinanza e che aveva termine sulla spianata di Oregina (quartiere sito nella parte alta del capoluogo ligure), all'ingresso del santuario di Nostra Signora di Loreto. L'occasione fu ritenuta propizia dal movimento rivoluzionario ispirato alle idee unitarie di Giuseppe Mazzini, che pensò di sfruttarla per organizzare una dimostrazione di forte impatto patriottico.
Ispiratore dell'iniziativa fu il poeta Goffredo Mameli, patriota e fervente mazziniano, che a soli vent'anni aveva scritto un inno patriottico, il Canto degli Italiani, destinato ad entrare nella storia di un popolo. Radunati sulla spianata circa 20mila patrioti, provenienti da diverse regioni, Mameli attese che il folto corteo religioso si avvicinasse e al momento opportuno diede inizio alla manifestazione.
Al segnale convenuto tutti i presenti, accompagnati dalla banda municipale "Casimiro Corradi" di Sestri Ponente, iniziarono a cantare le note di Fratelli d’Italia, mentre Mameli e Luigi Paris sventolavano il Tricolore sfidando la repressione della polizia austriaca. Considerato un simbolo rivoluzionario dagli Austriaci (era già stato utilizzato nei moti rivoluzionari degli anni Venti e Trenta), chi osava esporre la bandiera con i colori verde-bianco-rosso andava incontro a pene durissime.
Ciò amplificò il valore patriottico dell'iniziativa e da quella data Inno e Tricolore assunsero per la prima volta i significati simbolici che tuttora vengono loro attribuiti. Poche settimane dopo sarebbero scoppiati i Moti del '48 e non più tardi la Prima guerra d'indipendenza, da cui iniziò il lungo e faticoso cammino verso l'Unità d'Italia.
Bisogna aspettare un secolo, tuttavia, perché il Canto degli Italiani venga assunto come inno nazionale, seppur in via provvisoria. Nonostante una proposta di modifica all'articolo 12 della Costituzione Italiana, presentata nel 2006, rimane l'inno della Repubblica solo de facto. Dal novembre 2012 una legge ne rende obbligatorio l'insegnamento nelle scuole. Il 15 novembre 2017, finalmente, la commissione Affari Costituzionali del Senato approva in via definitiva il disegno di legge che riconosce il testo del Canto degli italiani di Goffredo Mameli, e lo spartito musicale originale di Michele Novaro, quale inno nazionale della Repubblica Italiana.

-Strage di piazza Fontana: In un venerdì uggioso di dicembre, Milano vive le ultime ore lavorative della settimana. Alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana la chiusura è stata posticipata di mezz'ora, come solitamente avviene in occasione della borsa-mercato degli operatori dell'agricoltura.
Nell'edificio sono presenti in sessanta, tra personale e utenti, diversi seduti intorno al tavolo ottagonale sito al centro della sala principale. Sotto quel tavolo, poco prima, una mano assassina ha nascosto una borsa nera con dentro 7 chili di gelignite (un potente esplosivo utilizzato nelle cave) e un timer impostato sulle 16.37. All'ora esatta un boato scuote la città e una pioggia di schegge di vetro investe decine di passanti.
Dentro la banca si materializza l'inferno: al posto del tavolo si è aperta una voragine e tutto intorno è un insieme confuso di marmi, vetri, documenti e corpi straziati. Muoiono sul colpo dodici persone a cui, nelle ore successive, se ne aggiungeranno altre cinque, mentre sono 86 i feriti. L'illusione che si tratti di un atto terroristico isolato (alcuni pensano anche a una caldaia esplosa incidentalmente) svanisce presto: in meno di un'ora avvengono altre quattro esplosioni tra Milano (alla Banca Commerciale Italiana, solo in questo caso scoperta in tempo e fatta brillare dagli artificieri) e Roma (al passaggio sotterraneo di Via Veneto, davanti all'Altare della Patria e all'ingresso del Museo del Risorgimento).
Dietro tutto questo c'è un disegno eversivo ben congegnato, che fino all'inizio degli anni Ottanta precipiterà il paese in un clima di terrore e che sarà ricordato come «Strategia della tensione». Si farà largo inizialmente la pista anarchica e la notte successiva alla strage di piazza Fontana gli investigatori arresteranno diversi esponenti dei circoli anarchici milanesi.
Tra questi il ferroviere Giuseppe Pinelli che morirà due giorni dopo, precipitando dal quarto piano della Questura di Milano, in circostanze tuttora misteriose. L'episodio scatenerà una violenta campagna stampa nei confronti del commissario Luigi Calabresi, assassinato nel maggio del 1972 da esponenti del movimento di sinistra Lotta Continua.
Decenni di inchieste giudiziarie e giornalistiche e sette processi (l'ultimo nel 2005) non saranno sufficienti a trovare mandanti ed esecutori della strage di piazza di Fontana, ma emergeranno con evidenza le responsabilità di gruppi eversivi dell'estrema destra e di ambienti dei servizi segreti italiani e stranieri, animati dallo scopo di instaurare, attraverso gli attentati, uno stato di polizia permanente e rendere instabile la vita democratica del paese.
A dieci anni di distanza, sulla piazza milanese sarà inaugurata una lapide commemorativa con i nomi delle diciassette vittime. Tra i film sul drammatico evento, merita una citazione Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana (del 2012), premiato con tre David di Donatello.

-La Costituzione italiana è approvata: Montecitorio, lunedì 22 dicembre 1947. L'aula della Camera è gremita in ogni scranno per il grande appuntamento con la storia: all'ordine del giorno c'è la votazione della Costituzione della Repubblica italiana, cui hanno lavorato per oltre un anno tutte le forze politiche.
D'altronde i 556 deputati (tra di loro 21 donne) sono stati votati il 25 giugno 1946 per formare quell'Assemblea Costituente (la prima in Italia eletta a suffragio universale), il cui principale compito era di redigere la nuova carta costituzionale. Il tutto a cento anni di distanza dall'adozione dello Statuto Albertino, che era diventato il testo fondamentale del Regno d’Italia nel 1861 ma che, dopo la sconfitta della monarchia al referendum del ’46, non era più conciliabile con il mutato assetto repubblicano.
All'apertura dei lavori, prende la parola Meuccio Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, di cui fanno parte 75 membri incaricati di stendere il progetto generale del prezioso documento. Nelle sue parole emerge il momento difficile che attraversa la Nazione, colpita da una grave crisi economica e sociale, di fronte alla quale le istituzioni sono chiamate a dare un segnale di solidità e di lungimiranza per le future generazioni.
Questo segnale, per Ruini, è nella libera Costituzione che l'Italia sta per darsi, da lui definita «inno di speranza e di fede» e in grado di porre un argine invalicabile agli errori e ai soprusi del recente passato. Si arriva al fatidico momento del voto e la procedura adottata è a scrutinio segreto. Un'ora dopo il Presidente dell'Assemblea Costituente, Umberto Terracini, dà lettura dell'esito della votazione: presenti 515; maggioranza 258; voti favorevoli 453; voti contrari 62. La Costituzione è approvata!
Tra gli applausi dei presenti levatisi in piedi, si alza il coro unanime «Viva la Repubblica!». Firmata cinque giorni dopo, in una cerimonia solenne a Palazzo Giustiniani dal Capo dello Stato (carica provvisoria in attesa di assumere il titolo di Presidente della Repubblica) Enrico De Nicola, dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dallo stesso Terracini, entrerà in vigore dal 1° gennaio del 1948.
La legge fondamentale dello Stato italiano è composta da 139 articoli (cinque dei quali saranno abrogati con la legge costituzionale del 2001) divisi in quattro sezioni: Principi fondamentali (articoli 1-12); Diritti e doveri dei cittadini (articoli 13-54); Ordinamento della Repubblica (articoli 55-139); Disposizioni transitorie e finali (articoli I-XVIII).
È imperniata su una concezione antiautoritaria dello Stato, che si traduce nell'assegnare un ruolo centrale al Parlamento rispetto al potere esecutivo. Aspetto quest'ultimo che rimanda a un'altra peculiarità: è una costituzione "rigida", con riferimento sia al fatto che è modificabile soltanto con una maggioranza qualificata di ciascuna camera; sia all'eventualità che leggi in contrasto con essa vengano poste al vaglio della Corte Costituzionale.
La discussione parlamentare sul testo, passata attraverso 170 sedute, è stata tutt'altro che agevole e su ogni singolo articolo si sono scontrate le diverse sensibilità politiche. A partire dal 1° articolo su cui si sono trovati tutti concordi che dovesse indicare il tipo di democrazia adottato: la versione finale «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» è nata come sintesi tra la «Repubblica democratica dei lavoratori» di Palmiro Togliatti e della sinistra e la «Repubblica fondata sui diritti della libertà e sui diritti del lavoro» dei repubblicani di Ugo La Malfa.
Del testo approvato nel 1947 si conservano tre originali, uno dei quali presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica.

-Strage di Natale: Sono da poco passate le 19 e il Rapido 904 - partito da Napoli e diretto a Milano - vede davanti a sé la grande galleria dell'Appennino, che con i suoi 18 km collega Bologna a Firenze. A bordo, tra i circa 300 passeggeri, regna un clima di relax domenicale, in attesa di rientrare a casa, e di gioiosa ansia di riabbracciare i parenti per le festività natalizie.
Una manciata di minuti e si consuma il dramma di quella che i media ricorderanno come Strage di Natale, primo atto della sanguinosa guerra di mafia che raggiungerà il culmine nei primi anni Novanta. Dopo aver percorso circa 8 km di galleria, in località San Benedetto Val di Sambro, si avverte un tremendo boato e in una frazione di secondo il convoglio si trasforma in un'infernale trappola di fiamme e schegge di vetro impazzite.
Il buio della galleria aumenta il panico delle persone che ignorano cosa sia accaduto, ma le grida di dolore e di disperazione di alcuni fanno presagire il peggio. Particolarmente straziante (come riportato dalle testimonianze dei sopravvissuti) è la voce disperata di una madre che chiama «Federica! Federica!», cercando sua figlia di 12 anni.
Ma il nome della ragazzina finisce nell'elenco delle 17 vittime (tra di loro altri due bambini, di 4 e 9 anni), di cui 15 morte sul colpo e altre due per le gravi ferite riportate. Gli oltre 260 feriti vengono soccorsi non senza difficoltà, visto che la linea elettrica è stata messa fuori uso dall'esplosione e la galleria - completamente al buio per la poca autonomia dei neon d’emergenza - è invasa dal fumo.
Determinante è la prontezza d'intervento del personale del treno (che riceverà per questo una medaglia d'oro) e la rapidità dei soccorsi, coordinati dal servizio centralizzato di Bologna Soccorso che, in occasione dei Mondiali di Calcio 1990, diverrà il primo nucleo attivo del servizio di emergenza 118.
L'acre odore di polvere da sparo avvertito dai soccorritori fa capire che si è trattato di un attentato. Le prime ipotesi ricadono sulla matrice terroristica ma gli anni di piombo sembrano ormai archiviati e molti dettagli portano in tutt'altra direzione.
Agli inquirenti non sembra infatti una casualità che l'episodio sia avvenuto poco distante dal luogo di un'altra tragedia avvenuta dieci anni prima: la strage del treno Italicus, in cui erano morte 12 persone. Si sospetta una strategia precisa di più soggetti. In questo scenario, assume un valore altamente simbolico la scelta dei parenti delle vittime di non autorizzare i funerali di Stato.
Nel frattempo emergono i primi riscontri. Un testimone afferma di aver notato qualcuno che ha sistemato due borsoni nel portabagagli del corridoio della nona carrozza, durante la sosta alla stazione di Firenze. Questo sposta l'indagine nel capoluogo toscano, dove viene presa in carico dal procuratore Pier Luigi Vigna.
Ma la vera svolta arriva a marzo dell'85, con l'arresto a Roma di Guido Cercola e del pregiudicato Pippo Calò, vicino a Cosa nostra, entrambi accusati di traffico di stupefacenti. La perquisizione nel loro covo fa emergere una valigia con dentro un apparato ricetrasmittente, antenne, cavi, armi ed esplosivi. Tutto materiale giudicato compatibile con quello utilizzato per la carneficina del 23 dicembre.
Le nebbie si diradano e la verità comincia a venire a galla: si tratta di un attentato mafioso, il primo realizzato con un telecomando a distanza. Emerge il disegno criminale di uccidere quante più persone possibili, legato alla scelta di azionare il dispositivo nel momento in cui il treno era dentro la galleria, amplificando così la forza distruttiva della detonazione. Ma la mafia non ha fatto tutto da sola.
I legami di Calò con camorra napoletana, ambienti eversivi di destra e Loggia P2 fanno pensare a una strategia condivisa per rispondere alla guerra che lo Stato ha dichiarato alla mafia in quegli anni. Protagonisti di questa battaglia sono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri giudici del pool antimafia, le cui indagini portano nel 1987 alla celebrazione dello storico maxiprocesso di Palermo.
Le inchieste siciliane s'incrociano con quella sulla strage di Natale, di cui il procuratore Vigna accusa Calò e Cercola, indicando come scopo finale quello di «distogliere l'attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata, che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e magistratura per rilanciare l'immagine del terrorismo come l'unico, reale nemico contro il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato».
Per entrambi arriva la condanna all'ergastolo, confermata in via definitiva nel 1992. Nel 2011, le rivelazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca portano all'arresto di Totò Riina (già condannato all'ergastolo in quanto capo della cupola mafiosa e ideatore della strategia stragista, cui si ricollegano le stragi di Capaci e via D’Amelio) quale mandante dell'attentato al Rapido 904.

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