Il crollo delle culle
Natalita'
di Amanzio Possenti
Che la natalità sia in calo è un’evidenza da parecchi anni, tuttavia ogni qualvolta se ne conoscono i dati ufficiali Istat alla sorpresa si aggiunge l’amarezza per il risultato, il peggiore in Europa.
Il decremento delle culle viaggia a ritmo sostenuto, meno 3,4% rispetto all’anno 2022,che già era stato fra i più bassi: soltanto 379.890 neonati in una popolazione di 59 milioni. Il problema denatalità coinvolge anche le famiglie straniere che fino a qualche anno fa ’sostenevano’ la natalità nazionale evitandone il crollo.
La denatalità come sistema senza frontiere? Di certo non è un calo temporaneo, ma ’strutturale’, sperabilmente superabile. Con pesanti ripercussioni sul sistema Valori e sull’Italia di domani: per esempio nel settore pensionistico, fra tarda età che cresce e le nuove forze native in riduzione costante.
Le motivazioni? Due in sostanza: il fattore economico-occupazionale invocato come difficoltà (insuperabile?) per le nuove famiglie ad avere figli e il momento culturale che, archiviando le tradizioni di genitori, nonni e bisnonni, ha introdotto criteri ed alibi autoassolutori che sprigionano avversione al modello famiglia e contrasto alla vita nascente.
Poi c’è quel che le statistiche non raccontano: il venir meno del senso di sacrificio che un tempo era molla naturale dell’agire sulle nascite volute e attese con gioia, speranza e spirito di famiglia. Il vento di una cultura materialista è andata imponendosi sino a proporsi quale atto ’normale’, fra autogiustificazioni pretestuose mischiate a problematiche sociali ed esistenziali (presenti da sempre).
Via via si è contribuito alla sostituzione dei Valori come gesto di presunta libertà. Non più gioiosa scelta per la vita, bensì adesione ad una mediaticità invadente e illudente. La denatalità diventa negazione che, affiancandosi ad una quotidianità opportunistica, propone il radicalismo del proprio sé, lontano dai Valori: i quali restano immutabili e fondamentali nonostante le contrarietà del tempo.