Piazza del Duomo
Anna Manna
di Anna Manna
Il silenzio del pomeriggio estivo
avvolge come un respiro
del deserto.
Sulle spalle nude il vento
accarezza con una dolcezza
straniera.
Gli occhi si poggiano quieti
sulle magnificenze del sacro.
Serpeggia un alito
di mondi diversi.
Una matassa di voci
–bisbigli soffusi
parole a metà–
fugge dai teatri
per interrogare i destini
dei passanti.
Manca una parola conclusiva.
Il mondo è fermo in una rappresentazione
di cui non si capisce il senso,
È sconosciuto anche il regista!
Vaghiamo nella piazza
con i cuori
attori
di una commedia mai finita,
l’applauso si teme
perché sigla il finale
così ci sfugge il messaggio ultimo
e la volontà della recita.
Eppure l’allegria
sembra scoperchiare i simulacri
eterni
s’aggrappa come un’edera
selvatica
alle anime morte.
Potrebbe quasi riuscire a svegliarle!
Il messaggio ambrato
si sveste di ogni immagine
reale.
Vaga sulla piazza
come un bicchiere d’ambrosia
centellinato sui tavolini di marmo
colorato.
Forse sono le cinque
e non è ancora sera.
C’è tempo di brindare
prima del tramonto.
Restiamo fermi
in una piacevolezza sgomenta
avvolti nella polvere
che scivola dai palcoscenici
del mondo.
Siamo prigionieri di timori indefiniti
e la bellezza intorno
non ha le armi per difendersi.
Non si intravede alcuna risposta
per le domande che si moltiplicano
come piccioni in volo.
Intorno regna
il silenzio ovattato della piazza…
i piccioni restano dipinti
nei cieli
con il becco aperto
ma senza suono alcuno.