Di bacaro...
in bàcaro senza essere "Hangovers"
di Roberto Bonsi
La città di Venezia, un ”genius-loci” senza dubbio alcuno, intesa come la località, la più bella e particolare che esista al mondo, è lì nella sua laguna, come da tradizione, dal 25 marzo dell’anno 421 d.C. Nel corso della sua lunga storia, tra gioie e dolori, opportunità e vicissitudini, la città in questione, vista dall’alto o nelle sua mappe geografiche, pare avere le sembianze di un pesce.
Il luogo del quale stiamo ora scrivendo è una sorta di “gran museo a cielo aperto”, e nel corso dei tempi andati è sempre stata “celebrata” come una potenza marinara specie sul piano economico-commerciale. Tra le tante problematiche che attanagliano Venezia, ora noi, come si suol dire, cambiando un pò i nostri intenti, sappiamo che vi sono però anche delle cose belle da rivalutare, e per ragioni di spazio e per restare nell’ambito del tema proposto, desideriamo adesso qui scrivervi solamente dei “bàcari”.
Questi ultimi sono degli antichi, ma ancor oggi, ben conservati e vivi, luoghi di mescita e di ristoro, per così dire, tipicamente veneziani.
I “bàcari” hanno una terminologia del tutto veneziana, e questa parola nasce sul finire dell’Ottocento, e si presume che in vernacolo locale, possa significare: ”Far bàcara", cioè festeggiare nel nome di Bacco, il dio del vino, od ancor meglio fare baldoria.
Il “bàcaro” è ancor oggi seppur con qualche “aggiustatina” nel suo arredo interno, un tipo di osteria a carattere prevalentemente popolare, e dentro questi secolari e storici “antri” si possono bere “‘’ombre” e “bianchetti”, ed i “cicheti” invece sono i tipicissimi spuntini del posto, e tra questi ritroviamo le uova sode, le “sarde in saor”, le acciughe, il baccalà fritto, la trippa, le polpette piccole fritte con carne o pesce, gli spiedini di calamari, i panini ed i tramezzini veneziani, nonchè “mix” di verdurine anch’esse fritte, mozzarella in carrozza, “Spienza” (Milza di vitello), sarde impanate e diversi altri mangiari locali.
Pensando al bere in loco, ecco dei vinelli sfusi od anche di buona marca, ma sopra ogni cosa “trionfa” in Venezia, in Italia e praticamente in tutto il mondo, lo “spritz”, la cui ricetta ufficiale prevede Aperol, prosecco e soda, ma è assai diffusa la variante con il Campari. A parte i "bàcari" sin qui menzionati, vi erano anche le “malvasie” che fornivano dei vini importati dall’estero, i “bastioni” dove veniva smerciato solamente il vino, bianco o rosso che fosse! Vi erano anche le "furatole" che erano ostariacce per la gente di basso ceto, dove venivano servite le fritture di pesce. Infine vi furono anche i "magazeni", che erano delle mescite di vino ma fungevano anche da “banco dei pegni”.
Torniamo ora ai nostri “bàcari”, ma prima ricordiamo questa citazione della scrittrice Aurore Dupin (1804-1876), meglio nota con lo pseudonimo di George Sand, che scrisse che i veneziani hanno nel carattere un immenso fondo di gioia, e che il loro peccato capitale è la golosità, ma che si tratta di una golosità ciarliera e viva. I modi di dire nell’ espressione dialettale, sono numerosi, e talvolta capita di entrare in un qualche “bàcaro”, bottega storica di “alto lignaggio”, e può capitare di sentire qualche vecchio del posto; ed a Venezia, i suoi abitanti, sono per così dire, ormai “Spariti e sparuti”, -“ che “l’acqua marssisse i pai”-. Per rispondere a questo detto, sappiamo che nella città lagunare per eccellenza, ed in pratica in tutta la Venezia Euganea e nel Triveneto in generale, gli alcolici e i superalcolici la fanno da padrone, questo anche se gli abitanti non amano sentirsi dare degli alcolizzati, degli “hangovers” e così via … . Questo frasario veneto “tout-court” sta a significare che se offrono da bere della semplice acqua, come quella dai più definita del sindaco, la miglior cosa sarebbe quella di porre un netto rifiuto, in quanto ben si sa che l’acqua fa marcire il legno e quindi non va bene berla, ma bisogna forzatamente rivolgere lo sguardo e le proprie intenzioni verso il vino od altro di maggiormente alcolico come appena sopra descritto. - "L'acqua fa male, il vino fa cantare”, questo è un proverbio della vicina Emilia-Romagna, ma noi lo prendiamo in prestito onde far risaltare la nostra tematica, e di citazioni o proverbi cosi fatti ce ne sono a “bizzeffe”. Pensate che vari T.O. o le agenzie di viaggi di Venezia e non solo, fan fare ai turisti, dei veri e propri “tours” cittadini per passare di bàcaro in bàcaro, un “giro”, paradisiaco presunto, che dura circa tre ore e che termina nei pressi del Ponte di Rialto, per poi vivere, caso per caso, delle situazioni che uno sobrio od un astemio non vivranno mai.