Insofferenza delle giovanissime generazioni
modelli di vita associativa destrutturata
Baby gang crescono
di Amanzio Possenti
La cronaca riserva attenzione al crescere delle gang minorili : è un fenomeno che sta estendendosi nelle grandi e piccole città. Ragazzini di 12-14 anni ne sono protagonisti, talvolta autori di aggressioni tra l’altra vittime. Si è abbassata l’età di gesti illeciti e di sofferenze improvvise e il fatto è intuitivamente grave.
Ogniqualvolta si leggono le ’gesta’ imitatrici della delittuosità adulta, si resta sgomenti oltre che stupìti, poiché si nota con forte preoccupazione trattarsi di ultraminorenni - a volte al di sotto dei 16-18 anni - che agiscono a gruppi, una sorta di socializzazione del piccolo (quando lo è ) crimine: sulla scia degli adulti, dai quali prendono esempio cattivo e insensato. Tra rapine e furti, bullismo, percosse, liti, agguati e ferimenti le baby gang rappresentano il risultato della clamorosa assenza educativa della quale portano drammaticamente conseguenza. ll loro (assurdo) manifesto di vita denota e decanta la violenza quale mezzo di imposizione (inaccettabile). E va in ogni modo corretto nel senso del bene e dell’avvìo al comune riconoscimento di esperienze positive.
Che siano i ’frutti’ di pericolose periferie o di una libertà-liceità che offusca mente e cuore o la conseguenza di famiglie (italiane e straniere) incapaci di amare e di educare o di amicizie farlocche, e che si intravvedono altre corresponsabilità socio-educative, sono domande che questa società poco autocritica si pone... e poi tutto sembrerebbe finire lì, salvo l ’aspetto giudiziario-processuale nei confronti degli indagati.
I giovanissimi hanno bisogno di esempi validi, seri e diretti al bene, per recuperare la via giusta della legalità e dell’armonia: se sfuggono e non sono fermati in tempo, rischiano grosso, nell’oggi e nel domani, vite esposte alla malavita e alla violenza anziché a rapporti fraterni e gioiosi come l’età impone.
Mentre la società si interroga sul loro futuro e le forze dell’ordine sono impegnate a prevenire, frenare e stroncare il triste fenomeno, ai genitori va il compito primario di intervenire in tempo e nei modi giusti verso figli che rivelano scelte comportamentali errate e pericolose; ai papà e alle mamme, l’invito ad agire con amore e aiuto autentico.
Se la famiglia è presente il ragazzo ‘ribelle’ sente di potersi affidare. L‘azione dei genitori, paziente e ferma, pur difficile e determinata, indirizzando verso i valori, è la via di una testimonianza che può salvare. La salvezza di un figlio minore cresciuto nella carenza educativa può ridare speranza.