Co.Mo.Do. (Confederazione MobilitĂ Dolce)
La festa dei binari dismessi
ferroviedimenticate
lo scorso 8 marzo è stata la Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate, ovvero dei binari dismessi. Questa giornata, che si ripete ogni anno, vuole favorire il recupero e la valorizzazione dei tronchi ferroviari dismessi in Italia (circa 6.000 chilometri) attraverso la riattivazione del servizio o la trasformazione in piste ciclo-pedonali.
Sotto l’impulso e il coordinamento di Co.Mo.Do. (Confederazione Mobilità Dolce) ogni anno vengono organizzati da decine e decine di associazioni locali dioutdoor circa cento eventi in tutta Italia frequentati da migliaia di appassionati di mobilità dolce, in bici, a piedi, a cavallo oppure su treni a vapore lungo le tratte storiche conservate e curate amorevolmente da comitati e gruppi di volontari nazionali e regionali.
Con la Giornata Co.Mo.Do. vuole ribadire che il diritto alla mobilità per tutti i cittadini è sancito dalla Costituzione, che il collegamento ferroviario è fonte di sviluppo economico e che è di minor impatto sul paesaggio, che risulta fondamentale per raggiungere il posto di lavoro o il luogo di studio, che incentiva il turismo. In ogni paese europeo il traffico ferroviario è visto come un valore e la sua conservazione rientra tra le priorità nei programmi e nei finanziamenti pubblici. Ove la rete è gestita da privati, il suo valore economico non è messo in discussione e riceve sussidi pubblici per le sinergie con lo sviluppo del territorio.
l
Domenica 8 marzo si sono riaccesi i riflettori sul problema dei 6.000 km di binari dismessi che stanno venendo meno per l’incuria di chi è preposto alla loro cura e che invece potrebbero diventare vie verdi, corridoi ecologici per una multiutenza armonica e per lo sviluppo del turismo ferroviario.
Ancora oggi destano stupore, per la loro ispirata duttilitĂ ambientale, le ferrovie appenniniche (ad esempio: la Pontremolese, la Porrettana, la Faentina) specie se confrontate con la pesantezza delle moderne vicine autostrade.
Così come esiste un paesaggio visto dall’interno di una carrozza ferroviaria, esiste dunque anche un paesaggio in cui il treno, la ferrovia, sono protagonisti e diventano elemento di arricchimento o di disturbo del contesto.
Il pensiero corre subito al problema dell’impatto ambientale delle nuove linee ferroviarie ad alta velocità , soprattutto se commisurato al più discreto inserimento nel paesaggio delle linee ottocentesche. Stiamo evidentemente parlando di quelle ferrovie che non sono entrate violentemente nelle città con i loro alti terrapieni o che hanno scardinato le linee delle coste marine – mali questi sui quali anche i nostri avi progettisti non hanno saputo porre rimedio – stiamo parlando delle linee che attraversano ordinatamente campagne e vallate, o che scalano ardite le montagne, come la Roma-Pescara o la Terni-Sulmona-Carpinone. Stiamo parlando delle piccole ferrovie della Sardegna, della Sicilia, della Calabria, della Campania. Stiamo anche parlando di tutto il patrimonio rotabile, che è poi l’essenza di un paesaggio ferroviario, quello che su un’altra scala arricchiva da bambini il nostro plastico: locomotive, carrozze, impianti fissi, rimesse, stazioni.
Fin dalla prima edizione di questa mobilitazione si è verificato un risveglio diffuso su tutto il territorio nazionale rispetto alle tematiche di un patrimonio importante, fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano città , borghi e villaggi rurali, di opere d’arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutelare e salvare nella sua integrità , trasformandolo in percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio o ripristinando il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati ad una fruizione ambientale e turistica dei luoghi.
La Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate vede ogni anno tantissimi eventi a piedi, a cavallo, in bici e su treni storici: un mix dinamico tra gusto e bellezza, tra paesaggio, tradizioni e storia, dal quale possono riemergere emozioni e nuove attribuzioni di significati. Gli intrecci tra una chiesa gotica affrescata, il paesaggio nella quale è inserita, le vigne circostanti, l’olio degli ulivi che ne fanno da corona, e il gusto dei piatti del ristorante con prodotti a km 0 in fondo alla valle raggiungibili attraverso una ferrovia storica o la ciclabile nata dal binario dismesso, compongono le sensazioni inimitabili che l’Italia può offrire da Bolzano a Pantelleria, da Ventimiglia a Cormons. Intrecci che devono essere caratterizzati da continuità , da assenza di rotture e da coerenza dell’offerta, nell’erogazione di un servizio che inizia dalla prenotazione su un sito web, dalla salita sul treno storico, fino alla discesa lungo una ciclabile dentro il paesaggio.
Non si tratta solo di rivendicare che il tessuto ferroviario esistente venga salvaguardato per garantire il trasporto locale, ma anche che la sua tutela e manutenzione rappresentino un contributo alla valorizzazione dei territori e contribuiscano a percorsi di sviluppo locale incentrati sul risparmio di suolo. Basti pensare al turismo ferroviario ormai in crescita con la conseguente scoperta di paesaggi e di centri minori, o all’ipotesi di mobilità dolce in cui diverse forme di trasporto lento si integrano, divenendo strumento di una consapevolezza diversa del paesaggio, dove le stazioni disattivate vengono riusate come luoghi di sosta e di ristoro, veri e propri presidi territoriali. Si aprono nuove prospettive e inediti terreni di azione e di proposta per il tessuto associativo sia sul piano della valorizzazione dei beni culturali che su quello del mutamento del modello di sviluppo economico. Basta volerle coglierle.
‟I treni hanno fatto l’unità d’Italia – ha scritto Erri De Luca – più delle scaramucce di tre piccole rotaie di nuovi treni ultra-veloci, guerre d’indipendenza, più di un portone sfondato a Porta Pia. I treni ci hanno fatto conoscere italiani divisi dalla meravigliosa specie di dialetti. Prima di scendere alle stazioni, salutarsi, ci si scambiava l’indirizzo e almeno una cartolina di saluto arrivava a ricordo dell’incontro. L’Italia è stata unita dagli scompartimenti della seconda classe e la parola d’ordine e intesa, dopo i saluti e le presentazioni era una per tutti: favorite….”