#347 - 2 marzo 2024
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà  in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascerà  il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè" (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) «La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti». Papa Francesco «Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo». Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità , vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Cinema

I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"

Lupe Velez

Diari di Cineclub - I dimenticati 106



Di

Virgilio Zanolla

Lupe VelezLupe Velez

Lupe Vélez rientra nella categoria delle starlette e ‘quasi dive’ che hanno costellato con la loro presenza i set nei fervidi decenni dell’epoca d’oro di Hollywood: esordio molto promettente davanti alla macchina da presa a soli diciannove anni, carriera artistica con alti e qualche basso ma nel complesso di esito più che soddisfacente, amori e amanti a gogò, assurdo suicidio in età ancora relativamente giovane, per un motivo che oggi suonerebbe quasi ridicolo... Non c’è dunque da sorprendersi se, cinefili a parte, pochi italiani abbiano sentito parlare di lei, a dispetto dell’indiscutibile talento.

María Guadalupe Villalobos Vélez era nata il 18 luglio 1908 a San Luis Potosí - città messicana capoluogo dell’omonimo stato, situata 360 chilometri a nord-ovest di Città del Messico - prima dei cinque figli del ventottenne generale Jacobo Villalobos Reyes e della venticinquenne Josefina Vélez, cantante d’opera. Aveva appena due anni quando il Messico venne percorso dalla rivoluzione, che proprio in San Luis Potosí ebbe il suo centro propulsore, con Francisco Madero e i fratelli Magón, ostili al presidente-dittatore Porfirio Diaz e ai suoi seguaci. Presto Jacobo decise di fare la sua scelta di campo, incorporandosi ai rivoluzionari ‘costituzionalisti’. Nel 1921 Lupe venne mandata dalla madre a studiare negli Stati Uniti, nel convento di Nuestra Señora del Lago a San Antonio, in Texas, dov’ebbe modo d’imparare l’inglese; due anni dopo però rientrò in patria, e cercò lavoro per aiutare finanziariamente la famiglia, che nel frattempo s’era trasferita a Città del Messico, trovando un posto come commessa di magazzino con lo stipendio di 4 dollari alla settimana, grazie ai quali riuscì anche a pagarsi lezioni di canto e danza, giacché amava recitare e mettersi in mostra. I suoi inizi nel mondo dello spettacolo, favoriti dalla madre, furono tuttavia mal visti dal padre, che proibì alla figlia di utilizzare il suo cognome: così Lupe assunse quello di lei.

Lupe Velez

Agevolata dalla verve e dalla notevole bellezza, ella esordì in palcoscenico nel marzo 1925, convertendosi quasi subito in beniamina del pubblico del Teatro de revista negli spettacoli-parodie Mexican Rataplan e No lo tapes; e presto, grazie all’indole polemica, ingaggiò una rivalità artistica con tre stelle del teatro di vaudeville, Celia Padilla, Celia Montalván e Delia Magaña; contava già diversi ammiratori, tra i quali i poeti José Gorostiza e Renato Leduc. Alla fine di quell’anno Lupe si trasferì in Texas, dove lavorò come ballerina in spettacoli di varietà e nel contempo come venditrice. Un’occasione professionale saltata a motivo del mancato ottenimento del visto da parte del governo americano la spinse a recarsi a Los Angeles; qui rimediò un’occupazione come ballerina nel burlesque. Contattata per un provino cinematografico da un produttore della Metro-Goldwyn-Mayer, venne notata da Hal Roach, che lo bruciò sul tempo offrendole una particina in Sailors, Beware!, un divertente cortometraggio della premiata coppia comica Stan Laurel & Oliver Hardy, allora appena formata. In quel 1927 Lupe bruciò le tappe, apparendo anche in un altro corto prodotto da Roach, What Women Did for Me, accanto a Charley Chase, e come coprotagonista nel suo primo lungometraggio, Il Gaucho di Frank Richard Jones, a fianco di Douglas Fairbanks sr., che aveva scritto, sceneggiato e prodotto la pellicola. Chiamandola per provare una scena in cui era egli stesso presente, Fairbanks, che non era molto alto, le chiese di togliersi le scarpe: ma Lupe travisò e la prese malissimo; a dispetto di questo pessimo esordio, però, la lavorazione del film andò a meraviglia e la pellicola ottenne ovunque pieno successo. Per essere poco più che una debuttante, Lupe fornì un’interpretazione di straordinaria naturalezza, favorita da un Fairbanks in grande spolvero.

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L’anno seguente ella attuò ne Il covo degli avvoltoi (Stand and Deliver) di Donald Crisp, con Rod La Roque e Warner Oland; la sua popolarità cresceva, tanto che nello stesso anno venne inclusa tra le tredici WAMPAS Baby Stars, cioè tra le più promettenti ‘stelline’ del firmamento cinematografico del momento. Nel ’29 lavorò in altri quattro film, agli ordini di registi di provata qualità come David Wark Griffith (La canzone del cuore, Lady of the Pavements), Victor Fleming (La canzone dei lupi, The Wolf Song) e George Fitmaurice (Rosa Tigrata, Tiger Rose), e apparve come se stessa nel corto Hollywood Snapshots #11, assieme a molti altri conosciuti attori. Nel western La canzone dei lupi ebbe come partner un ragazzone del Montana molto amante del disegno e bravo ad andare a cavallo, alto 193 centimetri e dagl’intensi occhi azzurri: Gary Cooper; il quale, per mettersi con lei, lasciò Clara Bow con cui aveva una relazione. La loro storia d’amore durò circa tre anni, e fu costellata da epici litigi: i due si attraevano eppoi si respingevano, soprattutto per il carattere fumantino e la terribile gelosia di Lupe. La quale nutriva dichiarata antipatia verso alcune colleghe, come Marlene Dietrich, ‘colpevole’ d’avere avuto un flirt con Cooper. Ma il principale bersaglio della sua ostilità era Dolores Del Rio, che, come lei messicana, era di lei più affermata e reputata artisticamente. Pur essendo una donna attraentissima, con la sua conterranea fisicamente ella non poteva competere, dato che all’epoca la Del Rio veniva considerata l’attrice più bella di Hollywood. Le due donne non potevano essere più diverse: gentile e composta Dolores, impulsiva e sanguigna Lupe; una foto che le mostra assieme, splendide e sorridenti, con Lupe elegantissima e Dolores vestita da gitana in abito di scena, è tanto suggestiva quanto - sui loro rapporti - ingannevole.

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La nostra attrice proseguì la carriera alternando interpretazioni drammatiche a prove comiche e brillanti: l’avvento del sonoro non incise minimamente sulle sue prestazioni, dato che si esprimeva in un inglese quasi privo d’inflessioni. Nel primo genere, dove venne impiegata spesso in ruoli di bellezza esotica e con esibizioni di canto e ballo, la si ricorda ne Il porto dell’inferno di Henry King (Hell Harbour), in Notte di bufera di William Wyler (The Storm), ne L’appello dell’innocente di Monta Bell (East Is West), tutti del 1930, in Katusha di Edwin Carewe (Resurrection, ’31), tratto dal romanzo Resurrezione di Tolstoj, dov’ella vestiva egregiamente i panni della protagonista, Katuscia Maslowa, nel western Naturich, la moglie indiana di Cecil Blunt DeMille (The Squaw Man; id.), nel dramma horror Kongo di William J. Cowen (’32), nel western romantico Laughing Boy di W. S. Van Dyke (’34), nel quale fu partner di Ramon Novarro (si trattò della prima pellicola del cinema americano dove i protagonisti fossero entrambi messicani). Nel genere comico e brillante, fornì un’eccellente interpretazione sia in Tutto pepe di John G. Blystone (Hot Pepper; 1933), accanto a Edmund Lowe, sia in Palooka di Benjamin Stoloff (’34), a fianco di Stuart Erwin e Jimmy Durante, nel ruolo della soubrette ‘mangia uomini’ Nina Madero, sia nel delizioso sketch delle uova con Laurel & Hardy ne La grande festa, film diretto da più registi (Hollywood Party; id.); senza scordarsi delle sue varie e spigliate performances come ballerina e cantante, come nel musical La rumba dell’amore di Van Dyke (The Cuban Love Song, ’31). In ogni genere, Lupe riusciva sempre convincente, perché l’estrema naturalezza con cui recitava faceva supporre che spesso le accadesse d’interpretare se stessa.

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Cinematograficamente, per lei gli anni ’35-38 trascorsero piuttosto in sordina; essi coincisero con gli anni del suo matrimonio con l’attore ed ex campione olimpico di nuoto Johnny Weissmuller, noto sullo schermo per le sue interpretazioni di Tarzan. Un rapporto anche questo difficile, costellato d’incomprensioni, litigi, allontanamenti e riavvicinamenti. In quel periodo, in cui tornò in un paio di occasioni a lavorare in teatro, la casa di produzione Fox Corporation non le rinnovò il contratto a cui era legata, sicché ella si ritrovò a dover attuare come free lance, e a dispetto della popolarità di cui godeva ricevé poche proposte: tanto che nel ’36, per lavorare fu costretta a recarsi in Inghilterra, dove interpretò due film. Avvertendo d’avere perso un po’ di credito presso il pubblico cinematografico statunitense, Lupe decise di accettare alcune offerte che le giunsero dal Messico: e nella madrepatria interpretò il dramma romantico La zandunga di Fernando de Fuentes (’38); dove però s’innamorò del suo partner, il bravissimo Arturo de Córdova: il quale la ricambiò, sì, ma al contrario di lei - che ai primi del ’39 conseguì il divorzio da Weissmuller - non ottenne il divorzio dalla moglie, l’attrice Enna Arana, che gli aveva dato quattro figli.

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Se Lupe vide ancora una volta frustrata la sua idea tutta tradizionale di avere un marito e dei figli, è pur vero che grazie al favorevolissimo esito riscosso da La Zandunga ricevé nuove offerte di lavoro sia dal Messico che dagli Stati Uniti. A Hollywood la RKO le propose il ruolo di protagonista nella commedia musicale The Mexican Spitfire di Leslie Goodwins (’39): un B-movie senza grandi pretese, dov’ella era Carmelita Fuentes, una focosa cantante (da qui lo sputafuoco del titolo) che non vede l’ora di convolare a nozze col fidanzato Dennis Lindsey (Donald Woods), ma il cui matrimonio viene differito da una serie di ostacoli; c’era nel suo personaggio molto delle sue vicende personali. Alla pellicola arrise uno straordinario successo, sicché sul personaggio di Carmelita vennero subito cucite altre storie a misura di Lupe, che animò una serie di ben sette film: The Mexican Spirfire Out West (’40), Mexican Spitfire Baby (’41), Mexican Spitfire at Sea (’42), Caramba Carmelita - Mexican Spitfire Sees a Ghost (id.), Mexican Spitfire’s Elephant (id.), Mexican Spitfire Blessed Event (’43).

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Donna fondamentalmente inquieta, esibizionista, ribelle e irriverente, al punto di meritarsi dalla stampa diversi piccanti appellativi, uno dei quali fu quello di “Dinamite messicana”, Lupe ebbe vari altri amori o avventure di letto: l’elenco, pur non lungo e vario come quello della sua rivale Marlene Dietrich, oltre ai nomi già citati include gli attori Douglas Fairbanks sr, Charlie Chaplin, Tom Mix, Clark Gable, Errol Flynn, John Gilbert e Guinn Williams, il regista Victor Fleming, i pugili Jack Johnson e Jack Dempsey, e lo scrittore Erich Maria Remarque.
Nel ’43 Lupe girò il suo secondo e ultimo film messicano, il drammatico Nanà di Roberto Gavaldón e Celestino Gorostiza, tratto dall’omonimo romanzo di Zola. Sul set di un film conobbe un ventottenne attore viennese, Harold Maresch, che col nome d’arte di Harald Ramond stava muovendo i primi passi nel cinema. Ella s’innamorò di lui, e in settembre si scoprì incinta di quattro mesi: per mera convenienza, Harald consentì a sposarla; ma nell’imminenza delle nozze, meno di due mesi dopo, Maresch venne denunciato da tale Francesca Vitiner per mancato compimento della promessa di matrimonio. Solo allora Lupe comprese l’errore che stava per compiere, e si tirò indietro: d’altronde, incurante delle sue responsabilità, Harald si rese subito irreperibile.

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Così ella rimase sola con la sua gravidanza. Oggi non è possibile rendersi conto di cosa questo significasse nell’America puritana di allora, specie non essendo ella sposata e trattandosi di un’attrice notissima; se avesse reso pubblica la notizia (e ormai era quasi al punto di doversi nascondere, perché la sua silhouette non lasciava dubbi), come minimo ciò le avrebbe definitivamente stroncato la carriera. Non volendo abortire, Lupe chiese aiuto alla sorella Josefina: si accordarono per recarsi in Messico, dove lei avrebbe partorito e, al ritorno negli Stati Uniti, il bimbo sarebbe stato fatto passare per suo nipote. Poi però non se ne fece nulla, ed ella, conscia che lo scandalo era imminente, la sera del 13 dicembre, dopo aver invitato a cena nella sua villa di Beverly Hills le sue due migliori amiche, l’attrice Estelle Taylor e Benita Oakie, moglie dell’attore Jack Oakie, alle quali confessò di essere «stufa della vita», e disse della creatura che portava in grembo: «É mio figlio. Non potrei mai ucciderlo e vivere in pace con me stessa. Piuttosto mi uccido io». Ma le sue amiche non dettero eccessivo peso alle sue parole; così, quando di ritirarono, rimasta sola, alle tre del mattino Lupe scrisse un biglietto d’addio quindi ingerì 75 pasticche di sonnifero Seconal. Secondo la versione più attendibile sulla sua morte (e tuttavia contestata da alcuni), pare che l’indomani mattina la sua cameriera, Juanita, entrata nella camera da letto in cui dormiva l’attrice, che trovò cosparsa di fiori e illuminata da varie candele, non scorgendola, seguì delle tracce di vomito e la rinvenne esanime nel bagno, inginocchiata davanti al water con la testa infilata nella tazza: la poverina era morta soffocata dal rigurgito del suo vomito, all’età di trentasei anni, quattro mesi e ventisei giorni.

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I funerali di Lupe si tennero a Glendale, in California, dopo che oltre 4.000 persone avevano visitato la sua camera ardente; significativamente, il suo feretro venne portato in spalla dall’ex marito Johnny Weissmuller, da Arturo de Córdova e John Gilbert. Oggi i suoi resti riposano nel Panteón Civil de Dolores di Città del Messico. Hollywood ricorda l’attrice con una stella nel Walk of Fame, al 6927 dell’Hollywood Boulevard.

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