I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"
Thelma Todd
Diari di Cineclub - I dimenticati, 104
Di
Virgilio Zanolla
Agli occhi di molti benpensanti, nei decenni Venti-Trenta del Novecento Hollywood, oltre a costituire la Mecca del cinema era anche una sentina di vizi, pareva sorta apposta per turbare tante coscienze intemerate: troppo frequente il succedersi di suicidi, omicidi, morti misteriose e altri scandali, sovente a sfondo sessuale, e legati direttamente o indirettamente ad attori di larga popolarità quali Roscoe Arbuckle, Alma Rubens, Mabel Normand, Edna Purvance, Clara Bow, Jean Harlow e via dicendo.
Ci si ricorda di Thelma Todd soprattutto in ragione della sua morte prematura, la cui causa non è mai stata davvero chiarita: ed è un vero peccato, perché nei quasi centotrenta film tra lungo- e cortometraggi in cui apparve mostrò ottime doti d’interprete, tali da farne, almeno nella commedia e nel genere comico, con Carole Lombard e Jean Harlow una delle migliori attrici di Hollywood nel primo decennio del sonoro.
Thelma Alice Todd era nata a Lawrence, nel Massachusetts, il 29 luglio 1906, secondogenita di John Shaw Todd, tappezziere d’origine irlandese, ex agente di polizia, giunto in America con la famiglia all’età di undici anni, nel 1882, e della trentenne Alice Elizabeth Edwards, immigrata canadese; il fratello William Edward, di tre anni maggiore di lei, morì il 25 agosto 1910 a Randolph, nel Vermont, vittima di una terribile disgrazia: mentre si trovava con la famiglia in visita a un caseificio i suoi vestiti s’impigliarono in un macchinario causandogli la frattura del cranio e del collo. Nel ’12 John Shaw divenne sovrintendente delle strade di Lawrence, quindi assessore e commissario per la salute e gli enti di beneficienza cittadini; Thelma si diplomò al liceo nel ’23, poi, volendo diventare insegnante, studiò con profitto alla Normal School di Lowell (ora Università del Massachusetts), dieci chilometri a sud-ovest della città natale. Nel frattempo, grazie all’avvenenza del suo fisico flessuoso e tornito aveva comiciato a lavorare come modella, prendendo altresì parte ad alcuni concorsi di bellezza, a partire da quelli per Miss Lawrence prima e Miss Massachusetts poi, che si aggiudicò entrambi a diciannove anni, nel 1925.
Notata da un talent scout di Hollywood, le venne offerto di studiare a New York alla Players-Lasky (poi Paramount) School di Astoria, nel Queens, un istituto che preparava gli alunni a diventare attori: unica clausola, doveva dimagrire di cinque chili, essendo un po’ propensa alla pinguedine. Ella accettò, trovando tra i sedici allievi del suo corso Charles ‘Buddy’ Rogers, futuro terzo marito di Mary Pickford e con lei l’unico del gruppo destinato a lavorare ad Hollywood. S’innamorò di un compagno di corso, Robert Andrews: ma lo studio, per difendere il suo buon nome, nonostante le rimostranze li costrinse a rinunciare alla loro storia. Thelma e i suoi quindici compagni esordirono davanti alla macchina da presa in Giovinezza (Fashinating Youth, ’26) di Sam Wood, una commedia sportiva e sentimentale dove apparivano anche, come se stessi, Adolphe Menjou, Clara Bow, Chester Conklin, Lois Wilson, Lila Lee e altri noti attori, nonché il giovane regista Lewis Milestone. Subito dopo, seccati dalla sua indole ribelle, i dirigenti dello studio la posero di fronte a due alternative: raggiungere gli studios della casa madre ad Hollywood o tornarsene a casa; Thelma non ci pensò due volte e si trasferì nella capitale del cinema, dove la Paramount le fece firmare un contratto quinquennale da 75 dollari la settimana.
Sempre nel ’26, non accreditata, apparve ne L’ultimo porto (God Gave Me Twenty Cents, id.) di Herberth Brenon; l’anno seguente col giovane Gary Cooper fu protagonista del western Nevada il tiratore (Nevada) di John Waters, e nel ’28 affiancò con altre attrici Richard Barthelmess nel drammatico The Noose di John Francis Dillon, quindi fece coppia con Charles Murray nella commedia fantastica Schiavo di Venere (Vamping Venus) di Edward Francis Cline, nel doppio ruolo della danzatrice Madame Vanezlos e di Venere; appariva spesso nel ruolo di semplice ragazza decorativa, sicché nel ’29 la Paramount la licenziò; ma ella trovò nuove occasioni di lavoro presso la First National, la Columbia Pictures e altre case di produzione, e pian piano pose le basi per una promettente carriera.
Trial Marriage di Erle C. Kenton e House of Honor di Benjamin Christensen, entrambi del ’29, furono gli ultimi due film muti ai quali Thelma prese parte, e uscirono anche in versione sonorizzata. L’avvento del parlato non le nocque affatto, anzi l’avvantaggiò, perché era dotata di una bellissima voce che tradiva il vago accento snob di molti cittadini del New England. Quell’anno, in cui nella commedia horror di Christensen Sette passi verso Satana (Seven Footprints to Satan) rivestì per la prima volta il ruolo di primattrice, a fianco di Creighton Hale, ella venne assunta dal regista e produttore cinematografico Hal Roach e si trasferì nella vicina Culver City, dove nel 1920 il notissimo scopritore di talenti aveva impiantato i suoi studios; il suo contratto prevedeva che potesse lavorare come freelance in lungometraggi per altre case di produzione, ma aveva l’obbligo di ossigenarsi i capelli per farsi bionda e doveva mantenersi entro un certo limite di peso, altrimenti l’avrebbero licenziata. Fu così che Thelma cominciò ad assumere pillole dimagranti.
Tra lei e il «re della risata» il rapporto professionale fu molto proficuo: basti dire come tra il ’29 e il ’36 Thelma apparve da protagonista o coprotagonista in ben 64 cortometraggi diretti o prodotti da Roach, che le dettero larghissima popolarità. I capelli platinati e la bellezza sana e accattivante le meritarono diversi simpatici appellativi da parte della stampa specializzata: quello che ebbe maggiore fortuna fu «bionda alla crema». Non solo lavorò come spalla al fianco di alcuni dei più grandi comici del muto prima e del sonoro poi, come Harry Langdon (The Fighting Parson, The King e The Head Guy, tutti del ’30), Stan Laurel e Oliver Hardy (Non abituati come siamo, ’29; Un nuovo imbroglio, ’30; I polli tornano a casa e On the Loose, ’31; Fra Diavolo, ’33; La ragazza di Boemia, ’36), Buster Keaton e Jimmy Durante (Il professore, ’32), Charley Chase, Bert Wheeler e Robert Woolsey, Joe E. Brown, e i fratelli Marx (Quattro folli in alto mare, ’31; I fratelli Marx al college, ’32), interpretò altresì anche varie comiche di genere slapstick in coppia prima con la sua carissima amica ZaSu Pitts quindi con Patsy Kelly: la sua parte in genere era quella di una giovane affascinante e con la testa sul collo alle prese con vari problemi e con le bislacche trovate della sua strampalata partner.
Non trascurò per questo i lungometraggi. Quelli nei quali lavorò sono quasi sessanta, che la mostrano attrice completa: finissima commediante, ma all’altezza anche nei ruoli drammatici, come quelli della perfida Iva Archer del giallo The Maltese Falcon di Roy Del Ruth (’31) e di Lola Del Mont del dramma sportivo Deception di Lewis Seiler (’32). Nel frattempo aveva avviato una relazione col quarantaseienne regista Roland West, da tredici anni marito dell’attrice del muto Jewel Carmen, il quale le riservò una piccola parte del thriller avventuroso Corsair (’31). Quell’anno stesso, grazie soprattutto al denaro della ricca e certo inconsapevole consorte di lui, essi acquistarono un ampio e magnifico locale affacciato sul mare a Pacific Palisades, a pochi chilometri dalle spiagge di Santa Monica e Malibù, realizzato tre anni prima dall’architetto Mark Daniels in stile eclettico tra il moresco e il coloniale, dove lei aprì il Thelma Todd’s Sidewalk Cafè, un ristorante-night club che divenne subito mèta di turisti attirati sia dal nome dell’attrice che dalle altre celebrità hollywoodiane che lo frequentavano; al secondo piano del locale si trovava anche l’appartamento dell’attrice.
Sentimentalmente inquieta, nel luglio del ’32 Thelma sposava a Prescott, in Arizona, il ventitreenne Pasquale Giovanni ‘Pat’ DiCicco, agente e futuro produttore cinematografico, in ragione del bell’aspetto anche occasionalmente attore; cugino del produttore Albert Romolo Broccoli. Un matrimonio, il loro, che durò solo due anni e fu caratterizzato da grandi sbornie e burrascosi litigi: conseguenze d’alcuni di essi, lui ne uscì col naso rotto, e lei fu costretta a operarsi di appendicite. Molto vicino agli ambienti della mafia, una sera DiCicco presentò alla consorte Lucky Luciano, di cui pare si trovasse sul libro paga. Da allora, Luciano ebbe altre occasioni di vederla: era molto attratto da lei, e non si può escludere che i due abbiano avuto una breve storia. Il Sidewalk Cafè attirò presto l’interesse del boss mafioso: intravedendo in esso la possibilità di attrezzare una sala da gioco illegale al secondo piano, che dato il tipo di clientela avrebbe reso quanto una gallina dalle uova d’oro, Luciano spinse probabilmente DiCicco a parlarne alla moglie: ma essa rifiutò la proposta.
Alle dieci del mattino del 16 dicembre 1935 Mae Whitehead, la domestica di Thelma, rinvenne l’attrice priva di vita, prona e semidistesa al posto di guida della sua Lincoln Phaeton decappottabile color cioccolato all’interno del garage della moglie di West, che abitava a un isolato dal Sidewalk Cafè: indossava un vestito malva e argento, aveva al collo una sciarpa di visone e portava alcuni gioielli; si accertò che era morta per avvelenamento da monossido di carbonio. Subito si pensò al suicidio: ma, a parte il fatto che non aveva lasciato alcun biglietto per spiegare il suo atto (pratica frequente in tali gesti autolesivi), la sua postura nell’auto era innaturale e il suo vestito mostrava alcune macchie di sangue dovute alla caduta di un dente di porcellana; inoltre, venne poi accertato che Thelma aveva il naso e diverse costole rotte, nonché varie contusioni. Si poteva insomma supporre che fosse stata selvaggiamente picchiata e caricata sull’auto svenuta, avviando quindi il motore prima di richiudere la portiera. Tanto più che, nell’inchiesta che seguì, le testimonianze di chi la conosceva bene furono tutte decise nello smentire il suicidio: Thelma non era il tipo da togliersi la vita, aveva un carattere positivo e si trovava in un periodo molto felice dell’esistenza, giacché il lavoro non le mancava certo e il Sidewalk Cafè andava a meraviglia. L’attrice e regista Ida Lupino sostenne anche che la collega, appena ottenuto il divorzio da DiCicco, fosse in procinto di risposarsi con un ricchissimo imprenditore di S. Francisco, il cui nome non ci è però pervenuto.
Dopo queste prime attestazioni, una nuova serie di testimonianze rivelò tuttavia come a dispetto delle floride entrate dovute al cinema la situazione economica di Thelma fosse tutt’altro che lusinghiera: la gestione del Sidewalk Cafè richiedeva costantemente ingenti finanziamenti e il locale era sempre a rischio di fallimento; per scongiurare tale eventualità ella aveva chiesto e ottenuto più volte in prestito cospicue somme di denaro dagli amici più intimi, come la collega ZaSu Pitts. L’inchiesta si concluse con una ridicola dichiarazione di morte accidentale: era evidente che qualcuno cercava d’insabbiare il caso, tanto che il corpo della poveretta venne subito inspiegabilmente fatto cremare. Così l’avvocato che agiva in tutela dell’immagine e degli interessi della defunta chiese l’apertura di una nuova indagine, sostenendo che ella fosse stata uccisa dai sicari di Luciano, giacché il boss malavitoso aveva esercitato su di lei reiterate pressioni per ottenere d’impiantare nel suo locale una sala di gioco d’azzardo. Si venne a sapere di un recente alterco tra lei e Luciano avvenuto una sera di fine novembre nel ristorante di Brown Derby di Beverly Hills, alla fine del quale l’attrice avrebbe detto a quest’ultimo: - Aprirai un casinò nel mio ristorante solo sul mio cadavere! - sentendosi rispondere: - È una cosa che si può fare. - Per questo motivo Thelma minacciò di rivelare le intimidazioni ricevute al procuratore distrettuale di Los Angeles Buron Fitts, dal quale aveva stabilito di recarsi il 17 dicembre.
Furono sospettati della sua morte anche Roland West e Pat DiCicco; il primo in particolare, che la sera dell’evento criminoso aveva avuto con Thelma un furioso litigio: testimoni riferirono che lei, tornata alle due di notte da una festa organizzata da Ida Lupino al Café Trocadero per festeggiare i suoi genitori, aveva trovato la porta dell’appartamento chiusa dall’interno, e poiché West si era rifiutato di aprirla lei si era messa inutilmente a prenderla a calci. Non c’erano prove che lo coinvolgessero nel probabile omicidio dell’attrice, nondimeno da allora egli non riuscì più a dirigere un film.
Nonostante vari indizi portassero alla conclusione che Thelma fosse stata assassinata, anche la seconda inchiesta venne presto chiusa con un nulla di fatto: a quanto pare, principale responsabile di questo nuovo insabbiamento fu il regista Hal Roach, che quasi implorò il procuratore distrettuale affinché chiudesse la pratica, terrorizzato all’idea che Luciano potesse in qualche modo - e chissà poi perché - prendersela con lui. Thelma aveva appena finito di lavorare nel lungometraggio La ragazza di Boemia (The Bohemian Girl, ’36) di James Wesley Horne, film codiretto e prodotto dallo stesso Roach, interpretato da Stan Laurel ed Oliver Hardy, dove aveva in una piccola parte. Roach fece togliere tutte le scene in cui lei appariva, lasciando solo la breve sequenza dove, bruna e vestita da gitana, cantava Hearth of Gipsy.
Morta all’età di ventinove anni, quattro mesi e diciassette giorni, Thelma venne sepolta (nel 1969, alla morte della madre) accanto a lei nel cimitero di Bellevue nella città natale, a Lawrence. Oggi la ricorda una stella al 6262 della Hollywood Walk of Fame.