Una carta geografica che non esisteva
Alla ricerca di un'italia diversa
Matrie
I nostri amici di temposospeso hanno realizzato ad alta definizione e in grande formato (70×100) una carta che non esisteva, migliorando un primo tentativo prodotto qualche anno fa da pentàgora: la “Carta delle MATRIE di un’altra Italia” è accompagnata da una guida in pdf inviata via email a chi l’acquista. Si tratta dell’esito di un lavoro di ricerca durato otto anni, nel quale si è cercato di ricostruire l’immagine di un’Italia vista dalle persone comuni, attraverso quelle definizioni territoriali e quei saperi comunitari che spesso sfuggono allo sguardo e alla consapevolezza delle istituzioni.
C’è un’Italia che la geografia politica e amministrativa ignora, un’Italia di piccole patrie, anzi màtrie (come la lingua-madre e la terra-madre), sub-regioni, terre identitarie, bioregioni, case comuni, nicchie linguistiche, luoghi omogenei per ambiente o per storia o per cultura, talvolta grandi come piccole regioni, talvolta piccole come lo spazio che lo sguardo può abbracciare da un campanile; c’è un’Italia dove prossimità e vicinato forse vogliono dire qualcosa e il locale è un portato di cultura quando, però, non degrada nel localismo, in uno spazio meschino di paura e chiusura, in uno spazio di autocompiacimento attraverso la costruzione dell’altro, il foresto, l’estraneo, lo straniero; c’è un’Italia fatta di molte terre, più grandi dei singoli comuni meno dei territori amministrativi, multicolore come l’abito di Arlecchino dove, però, nessun rombo è uguale agli altri; un’Italia che tutti conoscono e forse per la prima volta qui viene rappresentata.
Un’Italia composta di terre, di màtrie definite nel tempo per ragioni di omogeneità ambientale, per questioni di storia politica laica o ecclesiastica (le diocesi), intorno alla diffusione di una lingua locale o di una sua declinazione, separate da fiumi o dislivelli, o da coste e crinali o da altri confini meno visibili, meno reali, eppure veri per l’incidenza che hanno avuto nella vita delle persone e nella costruzione degli immaginari locali.
Anche questa seconda edizione è inevitabilmente incompleta e approssimativa, con numerose informazioni da rivedere, imprecisioni da correggere; ma è anche un’occasione per iniziare una riflessione su quei territori che in qualche misura definiscono un’appartenenza locale per ambiente, immaginario, lingua, abitazione, desiderio (jus cordis, questo è ciò che dovrebbe bastare per essere o diventare nativi di un luogo: né jus sanguinis né jus soli, solo jus cordis), e permettono ai membri di una collettività di dire ‘io vengo da…’, ‘io vivo in…’; è una prima edizione per la quale mi aspetto critiche costruttive, osservazioni, proposte di integrazione, inclusione, modifica. Insomma, lettrice o lettore, ti chiederei di non affliggermi per le imprecisioni che certamente troverai, ma di scrivermi i tuoi suggerimenti (qui: angelini.ge@gmail.com), così, in prospettiva di una nuova, prossima edizione, gli errori li correggeremo insieme.