Dalla serie di articoli dedicati a personaggi del Cinema e del teatro
I dimenticati - Una iniziativa di "Diari di Cineclub"
John Williams
I dimenticati - 91
Di
Virgilio Zanolla
Spesso è difficile riconoscere il merito del caratterista (dico «del caratterista» e non «del bravo caratterista» perché i caratteristi sono tutti bravi per definizione, altrimenti durerebbero meno d’un film), ma è certo che molte opere cinematografiche si reggono sulle loro spalle più che su quelle dei protagonisti: quando poi egli si trova a lavorare con interpreti di merito e con un regista motivato e coscienzioso, possono sortire capolavori da mandare in sollucchero. Caratterista sopraffino è stato il britannico John Williams, uno dei più duttili e sofisticati del passato secolo: una figura che, per via delle sue interpretazioni in molte celebri pellicole, lo spettatore italiano ricorda senz’altro, sebbene il più delle volte ignorando chi sia.
Nato il 15 aprile 1903 a Chalfont St. Giles, un villaggio nella campagna inglese del Buckinghamshire situato una quarantina di chilometri a nord-ovest di Londra, Hugh Ernest Leo, altrimenti detto John, era figlio del colonnello Alfred Ernest e di Mary Roome. Studiò al prestigioso Lancing College di Lancing, nel West Sussex, dov’ebbe tra i compagni di classe il futuro scrittore Evelyn Vaugh, e nel 1916, all’età di tredici anni, debuttò in palcoscenico, ricoprendo piccoli ruoli: fu John in Peter Pan, il bambino che non voleva crescere di James Matthews Barrie, al New Theatre di Londra, e apparve anche in The Ruined Lady di Frances Nordstrom; nel ’18 impersonò Billy Le Blas in The Law Divine di Henry Vernon Esmond al Wyndham’s Theatre. Crescendo, il suo amore per la recitazione si fece preponderante: sicché nel 1924, dopo otto anni d’intenso apprendistato, sostituì un attore di fama come Francis Lister nel ruolo di Clifford Hope in The Fake di Frederick Lonsdale. Lo stesso anno, sbarcò a New York con la compagnia di Godfrey Tearle, che il 6 ottobre portava in scena all’Hudson Theatre il dramma di Lonsdale.
Allora come oggi, Broadway rappresentava la Mecca del teatro per gli attori di tutto il mondo. Molto professionale, bravo e fortunato, John riscosse subito grande successo nella commedia A Kiss in the Taxi di Clifford Grey, adattamento della pièce francese Le Monsieur de cinq heures di Maurice Hennequin e Pierre Veber, accanto all’allora ventiduenne Claudette Colbert, che rappresentata al Ritz Theatre a partire dal 25 agosto 1925 ebbe 103 repliche, e due anni dopo venne trasposta in un film, anch’esso di ottimo esito, diretto da Clarence Badger e interpretato da Bebe Daniels. Fu l’inizio della sua carriera sui palcoscenici americani, che durata quattro decenni, per un totale di oltre trenta spettacoli, fu ricca di soddisfazioni, e lo portò a recitare a fianco di ‘mostri sacri’ quali Ethel Barrymore, Helen Hayes (in Alice Sit-by-the-Fire di Barrie, 1945) e Gertrude Lawrence (in Pigmalione di George Bernard Shaw, 1946).
Se il teatro rimase il suo grande amore, è pur vero che John fu molto attivo anche nel cinema e in televisione. Secondo varie fonti, il suo primo approccio con la settima arte risalirebbe al 1930, nel cortometraggio The Chumps di Mack Sennett: ma in realtà non si ha modo di scorgerlo in alcuna scena di questo short. Fino ai primi anni Quaranta, egli prese a parte ad alcune pellicole, tuttavia senza mai essere accreditato: da È arrivata la felicità (Mr. Deeds Goes to Town, ’36) di Frank Capra, a The Big Blockade di Charles Frend, e The Nest of Kim di Thorold Dickinson, entrambi del ’42. Quello stesso anno, stavolta col suo nome, apparve anche nella commedia The Goose Steps Out di Basil Dearden, nel piccolo ruolo del maggiore Bishop, e nel bellico Audace avventura (The Foreman Went too France) di Frend, vestendo i panni di un capitano inglese.
Grazie al suo fisico - era alto 188 centimetri, aveva intensi occhi azzurri, volto regolare e aspetto signorile - John faceva la sua figura in uniforme, ma per il suo tutto britannico aplomb non riusciva meno credibile ed efficace in livrea da maggiordomo, in toga da avvocato, nei panni d’ispettore: ovunque, insomma, al personaggio fosse richiesta una certa distinzione. Per il suo successivo impegno cinematografico egli dové attendere cinque anni: in compenso, esso segnò il suo fortunatissimo incontro con Alfred Hitchcock, che lo chiamò sul set de Il caso Paradine (The Paradine Case, ’47) per interpretare - quantunque, e si trattò dell’ultima volta, non accreditato - il personaggio dell’avvocato Barrister Collins, collega e collaboratore del brillante Anthony Keane (Gregory Peck). L’anno seguente interpretò un altro avvocato, stavolta dell’accusa, nel drammatico Il sorriso della Gioconda (A Woman’s Vengeance) di Zoltán Korda. Nel ’51 fu Mr. Foster nel thriller Kind Lady di John Sturges, quindi Archbald Puffin nell’avventuroso Il bandito di York (The Lady and the Bandit) di Ralph Murphy, e nel ’52 il generale Sir Henry Harrison in Bagliori ad Oriente (Thunder in the East) di Charles Vidor: in quest’ultima circostanza apparve per la prima volta coi baffi, che si rivelarono un elemento determinante per definire la sua figura. Nel ’53 Hitchcock lo chiamò di nuovo a lavorare con sé, nel film che dette a Williams la maggiore popolarità e le maggiori soddisfazioni professionali; uno dei capolavori del regista inglese, girato quasi tutto in un unico ambiente domestico: il thriller Il delitto perfetto (Dial M for Murder, ’54), dove l’attore di Chalfont St. Giles compartì la scena a pari dignità con Grace Kelly, Ray Milland e Robert Cummings. La pellicola, tratta dall’omonimo e fortunato dramma teatrale di Frederick Knott e sceneggiata dallo stesso autore, venne girata in appena trentasei giorni negli studi Warner Bros. di Burbank. In essa, Williams aveva la parte dell’ispettore capo Hubbard, ruolo che aveva già ricoperto con grande successo a Broadway nel dramma di Knott, tanto che proprio nel ’53 la sua brillante prestazione teatrale gli aveva meritato il Tony Award come attore non protagonista. Difficile dimenticare il momento in cui, meditando su come incastrare alle sue responsabilità il brillante ex campione di tennis Tony Wendice (Milland), che ha tentato di fare uccidere la moglie, col bocchino della pipa egli si pettina gl’inappuntabili baffi. Giova ricordare come quattro anni dopo l’attore tornò a interpretare lo stesso personaggio in un episodio televisivo dall’identico titolo facente parte della serie Hallmark Hall of Fame.
Subito dopo Il delitto perfetto John lavorò in un altro memorabile film, la deliziosa commedia sentimentale Sabrina di Billy Wilder (’54), dov’ebbe il ruolo dell’autista Thomas Fairchild, padre della protagonista, interpretata da Audrey Hepburn; la pellicola venne proiettata in anteprima il 3 settembre 1954 a Toronto, e il 23 dello stesso mese a New York e Los Angeles. Per la sua attuazione, quell’anno egli venne premiato dal National Board of Review of Motion Pictures quale miglior attore non protagonista. Seguì, ancora nel ’54, il musical Il principe studente (The Student Prince) di Richard Thorpe, in cui interpretò Lutz. Poi Hitchcock lo volle nell’indimenticabile Caccia al ladro (To Catch a Thief, ’55), nella parte del flemmatico H. H. Hugson, funzionario della compagnia assicuratrice Lloyd’s di Londra, inviato in Costa Azzurra per fare luce su una serie di furti di gioielli; un’altro bellissimo personaggio, che John impersonò da par suo. Quell’anno ‘Hitch’ lo chiamò anche a lavorare con lui per la televisione, dove l’attore aveva esordito nel ’51, nel suo programma Alfred Hitchcock Presents, una serie a puntate durata fino al 1959, e trasmessa in seguito anche nel nostro paese: John apparve in ben dieci episodi, tra la prima, seconda e quarta stagione, guadagnando larghissima popolarità anche tra il pubblico televisivo.
Nel ’56 egli prese parte a due film: fu il brigadiere Russell nel bellico Operazione Normandia (D-Day the Sixth of June) di Henry Koster, e John T. ‘Jack’ Blessington nella commedia sentimentale Una Cadillac tutta d’oro (The Solid Gold Cadillac) di Richard Quine. Nel ’57 fu il colonnello Whittingham nella commedia La bionda esplosiva (Will Success Spoil Rock Hunter?) di Frank Tashlin, con Jayne Mansfield; Irving La Salle Jr. nel dramma sentimentale L’isola del sole (Island in the Sun) di Robert Rossen, accanto a Joan Fontaine, James Mason, Joan Collins, Stephen Boyd, Dorothy Dandridge ed Harry Belafonte; il procuratore Brogan-Moore, consigliere dell’avvocato penalista Sir Wilfrid’s Robarts nel thriller Testimone d’accusa (Witness for the Prosecution) di Billy Wilder, a fianco di Charles Laughton, Elsa Lanchester, Tyrone Power e Marlène Dietrich: questa sua, un’altra parte difficile da dimenticare. Nel ’59 apparve nei panni di Gilbert Dickinson nel drammatico I segreti di Filadelfia (The Young Philapelphians) di Vincent Sherman, con Paul Newman, Barbara Rush, Robert Vaughn, Brian Keith, Alexis Smith, Diane Brewster e Billie Burke. L’anno seguente interpretò Delton nella commedia di fantascienza Un marziano sulla terra (Visit to a Small Planet) di Norman Taurog, con Jerry Lewis, e il brillante e acuto ispettore Brynes nel noir Merletto di mezzanotte (Midnight Lace) di David Miller, con Doris Day, Rex Harrison, John Gavin e Myrna Loy.
Nel decennio Sessanta partecipò a sette film: fu il simpatico truffatore Peregrine Upjohn nella commedia di Henry Koster Erasmo il lentigginoso (Dear Brigitte, ’65), Jonathan Martin nel romanzone biografico Jean Harlow, la donna che non sapeva amare di Alex Segal (Harlow, id.), Frederick Duval nella commedia Questi pazzi agenti segreti! di Norman Abbott (The Last of the Secret Agents?, ’66), l’ambiguo Gerald Waverly nel musical Fermi tutti, cominciamo daccapo! di Norman Taurog (Double Trouble, ’67), il generale Francis Mayhew nella commedia bellica Guerra, amore e fuga di Jack Smigth (The Secret War of Harry Friggs, ’68), e il dottor Finache nel vaudeville La pulce nell’orecchio di Jacques Charon (A Fine in Her Ear, id.). Nel ’70 Billy Wilder lo chiamò a lavorare nella commedia-giallo La vita privata di Sherlock Holmes (The Private Life of Sherlock Holmes), la terza pellicola che John intraprese con lui dopo i fortunatissimi Sabrina e Testimone d’accusa; purtroppo, a questo film non arrise altrettanta buona sorte: infatti, come raccontò lo stesso Wilder (che lo definì «il più elegante che avessi mai girato»), dopo un’anteprima «disastrosa» esso venne drasticamente ridotto di oltre il 30%, proprio nelle scene che vedevano l’impiego del nostro attore; per il colmo, le parti tagliate sono state irrimediabilmente perdute.
Nel frattempo, Williams aveva rinverdito la sua popolarità televisiva entrando nel ’67 nel cast dell’apprezzatissima serie Tre nipoti e un maggiordomo (Family Affair) nel ruolo di Nigel French, il fratello del protagonista Mr. French, impersonato da Sebastian Cabot, ma in realtà sostituendo temporaneamente quest’ultimo, colpito da un attacco di apoplessia. La sua ultima fatica in tv fu nel ’79, nella prima serie televisiva di Battaglie nella Galassia (Battlestar Galactica, 1978-79), nell’episodio War of the Gods, dove recitò accanto al collega Lorne Greene. Ma grandissima fama gli dette anche la pubblicità: giacché per ben tredici anni, tra il 1971 e l’84, - un record nella storia della tv americana - egli apparve nello spot di grande successo 120 Music Masterpieces (120 capolavori musicali), promuovendo con la sua innata eleganza una serie di LP di musica classica registrati e prodotti dalla Columbia House. Nel cinema, le sue ultime apparizioni risalgono agli anni Settanta: fu Arthur Frankland nel giallo poliziesco Il mastino dei Baskerville (The Hound of the Baskervilles, ’72) di Barry Crane, una celebre avventura di Sherlock Holmes realizzata inizialmente per la tv ma distribuita in seguito anche nelle sale cinematografiche; interpretò il giudice nel musical di Daniel Mann Lost in the Stars (1974), Jameson nella commedia criminale di Norman Tokar La gang della spider rosa (No Deposit, No return, ’76), e Mansfield nella commedia western di Robert Butler Teste calde e tanta fifa (Hot Lead and Cold Feet, ’78).
Ritiratosi a vita privata con un attivo di quasi quaranta film, altrettanti spettacoli teatrali, la partecipazione ad alcune serie per il piccolo schermo e più di quaranta apparizioni quale ospite in programmi televisivi, trascorse i suoi ultimi anni assieme alla moglie Helen, sposata nel 1929, in un condominio a pochi passi dal mare del quartiere elegante di La Jolla, presso San Diego, in California. Carattere cordiale ed equilibrato, persona onesta e gentile, egli riconosceva volentieri i meriti degli altri e aveva sovente parole di stima verso i giovani attori di talento, stupendosi - ad esempio - della facilità con la quale, nelle soap opera, essi fossero in grado di apprendere rapidamente parti spesso assai lunghe.
Colpito da un aneurisma, John Williams morì il 5 maggio 1983, all’età di ottant’anni e diciotto giorni. Non vi furono funerali; il suo corpo venne cremato.