Fronti avversi / Stampa omologata
Vuote parole
di Amanzio Possenti
Sfogli il giornale che preferisci e scopri che in primo piano sono presenti soprattutto polemiche, ne acquisti un altro per tentare un confronto e ti avvedi della loro moltiplicazione, non solo di taglio politichese anche culturale, sanitario; ti affidi ai talk show Tv, e ahimè, resti invischiato in un correre di ulteriori contrapposizioni verbali.
No c’è scampo, la polemica è un’idolatria dal ventre insaziabile, divenuta come l’aria da respirare. Se vai a cercare le motivazioni, resti male, non ce ne sono di valide o preziose per la comunità: si dà spazio a chiacchiere pretestuose, ad articoli estemporanei, a rivisitazione di idee (quando va bene...) e a reimpostazione di proposte datate. Quando il filo polemico sembra interrompersi, se ne riannoda subito un altro, giudicato idoneo a subentrare: così la trafila prosegue nella soddisfazione di chi di polemiche si nutre e nella noia di chi è costretto a subirle e non sa come metterle alle spalle della dimenticanza se non rinunciando alla informazione... Il che sarebbe assai grave.
La reazione del lettore-ascoltatore, che, allontanandosi dal presunto coinvolgimento in cotante chiacchiere a tesi, preferisce scegliere la via del ‘cercare altro’. Magari con scarsi esiti....
Le polemiche sono sopportabili se non travalicano la misura. Siccome insistono nei palinsesti e nella mediacità cartacea, vien da chiedersi se e quanto esse ‘fruttino’ concretamente sul piano delle informazioni, della attenzione pubblica, dello ’share’ e della risposta all’edicola. E soprattutto della pazienza di ascoltare e leggere e della ricchezza di capire.
Che le polemiche - ove necessarie ,congruenti, utili, significative, su argomenti ‘veri’ di autentico concorso popolare non di modesta accezione fra ‘addetti’ – debbano esserci, è plausibile, servono a sceverare problemi e ad indicarne possibili e pratiche proposte risolutive. Nessun contrasto, anzi andrebbero viste - e utilizzate - come ‘contributo’ responsabile, non accademico nè logorroico e personalistico, allo scioglimento di nodi conoscitivi. In questo, si rivelerebbero collaborative.
Il resto è campagna elettorale permanente che parrebbe proporsi (non in modo dichiarato, ovviamente) di ’sostituire’, ‘integrare’ o ‘precisare’ o ’contestare’ le opinioni dei votanti, di imputare e mettere alla prova e di riclassificare posizioni maggioritarie o minoritarie. Trattandosi perlopiù di polemiche che non aiutano a penetrare la scarsa conoscenza dei problemi, resta il dubbio che siano intrise del desiderio di ‘parlare’: non sempre a proposito.