Note sulla Memoria dei Giorni
NOTE SULLA MEMORIA DEI GIORNI
-Prima mostra degli Impressionisti: Parigi, mercoledì 15 aprile 1874. Alle 10 di mattina, il noto fotografo Nadar aprì le porte del suo studio, al 35 di Boulevard des Capucines, inaugurando la mostra di un gruppo di giovani pittori, riuniti sotto il nome di "Société anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs". Biglietto d'ingresso al costo di un franco, cinquanta centesimi il catalogo.
Boicottati dal Salon Ufficiale parigino, l'anonimo gruppo, guidato da Claude Monet e composto tra gli altri da Cézanne, Degas, Pissarro e Renoir, decise di sfidare la massima istituzione artistica francese organizzando una mostra in proprio e in anticipo rispetto su quella del Salon. Un gesto di rottura in linea con la portata rivoluzionaria della loro tecnica pittorica, che metteva in discussione i canoni classici della tradizione.
Le 163 opere esposte (dipinti, disegni, acquerelli, pastelli etc.) non raccolsero i favori di pubblico e critica, che arrivarono ad accusare gli artisti di mera provocazione, disconoscendo il valore artistico dell'esposizione. Il critico Louis Leroy, prendendo spunto dal capolavoro di Monet Impressione. Sole nascente, intitolò la sua recensione «La mostra degli impressionisti», con chiaro intento dispregiativo.
Per tutta risposta, i giovani pittori decisero da quel momento di adottare il nome di "Impressionisti", con cui entrarono nella Storia dell'Arte, influenzando profondamente le successive correnti artistiche di fine secolo e del primo Novecento.
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-Papa Benedetto XVI: Primo Papa emerito nella storia del Cattolicesimo, con le sue dimissioni ha dato avvio a una profonda rivoluzione nella Chiesa.
Tedesco di Marktl, piccolo comune della Baviera, Joseph Aloisius Ratzinger entra, dodicenne, in seminario e due anni più tardi viene arruolato per legge nella "Gioventù hitleriana", riuscendo nello scopo di non prendervi parte senza subire sanzioni. Richiamato nell'esercito durante la Seconda guerra mondiale, non prende parte a scontri armati e in seguito diserta, scampando alla fucilazione grazie all'aiuto di un sergente.
Laureatosi in filosofia e teologia all'Università Ludwig Maximilian, nel 1951 è ordinato sacerdote e si vede assegnate diverse cattedre in prestigiosi atenei. La fama di teologo gli spalanca le porte del Concilio Vaticano II nel 1962, dove sostiene le proprie posizioni riformatrici. Fondatore nel 1972 della rivista teologica Communio, oggi pubblicata in diciassette lingue, cinque anni dopo viene nominato cardinale da Paolo VI.
Presente nel conclave per le elezioni di papa Luciani e Giovanni Paolo II, da quest'ultimo nel 1981 è nominato prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, incarico che ricopre per 25 anni, fino al 19 aprile 2005, data della sua elezione al soglio pontificio, quale duecentosessantacinquesimo successore di Pietro. La scelta del nome non è casuale, richiamandosi a Benedetto XV, chiamato a guidare la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale, e a San Benedetto da Norcia, molto venerato nella sua Baviera.
Il pontificato inizia in uno dei momenti più bui della massima istituzione cattolica, attraversata da scandali finanziari (legati in primis allo IOR) e di natura sessuale (il fenomeno dei preti pedofili); sul piano dottrinario il suo avvento segna un rafforzamento della fede rispetto alle spinte estreme (dai lefebvriani ai teologi della liberazione), che lo porta, nella celebre lectio magistralis di Ratisbona, a scontrarsi con il mondo islamico.
La levatura di fine teologo si esprime in questi anni con tre encicliche che lasciano il segno, in particolare Deus caritas est (Dio è amore) del 2006. Provato nel fisico, l'11 febbraio del 2013 arriva l'inattesa rinuncia che scuote l'opinione pubblica mondiale, cambiando il corso della millenaria storia della Chiesa. Assunta la carica di Papa emerito, nel marzo 2013 riceve a Castel Gandolfo il suo successore, Francesco, in quello che passa alla storia come il primo incontro tra due pontefici. Scompare nella Città del Vaticano il 31 dicembre 2022.
-Gabriel Garcia Marquez: Autore tra i più amati del contesto latinoamericano, è stato un esponente di primo piano del realismo magico letterario.
Nato ad Aracataca, in Colombia, il nome per esteso è Gabriel José de la Concordia García Márquez. Letto e apprezzato in tutto il mondo, con la sua prosa essenziale e venata di amara ironia ha raccontato le storie di eroi anonimi, sospese tra realtà e fantasia.
Ha iniziato la carriera come reporter, poi redattore e critico cinematografico, vivendo tra Inghilterra, USA e Italia. Nel 1967 ha pubblicato il suo capolavoro Cent'anni di solitudine, intriso di storia e cultura popolare sudamericana, che lo ha consacrato tra i grandi della letteratura mondiale.
Nel 1982 gli è stato assegnato il Nobel per la Letteratura «per i suoi romanzi e racconti, nei quali il fantastico e il realistico sono combinati in un mondo riccamente composto che riflette la vita e i conflitti di un continente». Dopo aver sconfitto un cancro, nel 2012 gli è stato diagnosticato il morbo di Alzheimer.
Un'infezione alle vie respiratorie lo ha costretto al ricovero in una clinica di Città del Messico, dov'è scomparso nell'aprile del 2014. È ricordato anche per il romanzo L'amore ai tempi del colera, edito nel 1985.
-Prime elezioni della Repubblica italiana: Conclusa la preziosa fase dell'Assemblea Costituente, che aveva disegnato il nuovo assetto statale attraverso la Carta costituzionale (22 dicembre 1947), nella primavera del 1948 l'Italia si presentò alle urne per eleggere il primo Parlamento dell'era repubblicana.
Preceduta da una campagna elettorale combattuta, in cui, per la prima volta, i partiti fecero largo ricorso alla cartellonistica e alla propaganda "on the road", la tornata elettorale presentò un quadro semplificato delle forze in campo, con la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi da un lato e il Fronte democratico popolare, figlio dell'alleanza tra il PCI di Palmiro Togliatti e il PSI di Pietro Nenni, dall'altro.
Completavano la scheda l'Unità socialista (patto tra il PSDI, allora PSLI, di Saragat e l'UdS di Lombardo), il Blocco nazionale (Liberali e Qualunquisti), il Partito nazionale monarchico, il Movimento sociale italiano e il Partito Repubblicano. Chiamati a votare con un sistema proporzionale, si recarono alle urne poco meno di 27 milioni di italiani su 29.117.554 elettori, circa il 92% del totale, registrando un'affluenza tra le più alte della storia repubblicana.
Con 12.740.040 preferenze (48%) prevalse la DC, mentre il FDP si fermò a poco più di otto milioni di voti (30%); terza l'Unità socialista con il 7% e molto più distaccate le altre liste. La polarizzazione del voto espresso dagli italiani (la percentuale di dispersione fu tra le più basse in assoluto) consegnò allo "scudo crociato" la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati (305 su 574) e al Senato (131 su 237).
Con il quinto governo De Gasperi, che aprì all'alleanza con PRI, PSDI e Liberali, iniziò l'ultraquarantennale parabola governativa della DC, in cui giocarono un ruolo determinante l'adesione al blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti d'America, in funzione anticomunista, e il sostegno del mondo cattolico.
-Anthony Quinn: Un "gigante" del cinema, ricordato soprattutto per le magistrali interpretazioni di personaggi dai modi brutali e rozzi.
Nato a Chihuahua, in Messico, ma con passaporto statunitense, Antonio Rodolfo Quinn-Oaxaca si formò a teatro e di qui passò presto negli studi di Hollywood, lanciato dai western di Cecil B. DeMille. Gli anni Cinquanta ne fecero un mito, grazie a pellicole come Viva Zapata! (accanto a Marlon Brando) e "Brama di vivere", che gli valsero due premi Oscar come "miglior attore non protagonista" rispettivamente nel 1953 e nel 1957.
In Italia conquistò la stima di Fellini che lo scritturò insieme alla moglie Giulietta Masina in La strada. Altri film celebri, "Ombre bianche" (1959), "Lawrence d'Arabia" (1962) e "Zorba il greco" (1964), con cui sfiorò la terza statuetta come "protagonista". Si spense a Boston nel giugno del 2001.
-Brevettata la Vespa: «Non è una motocicletta, ma piuttosto una piccola vettura a due ruote». E' solo uno dei tanti spot che accompagnò l'uscita del mezzo di trasporto, considerato un'icona dell'italianità dal Dopoguerra ad oggi. Con la Vespa nacque non solo un nuovo modo di vivere la strada ma un fenomeno di costume che varcò i confini nazionali, trovando spazio nel cinema di ogni tempo.
Fondata a Genova nel 1884 come azienda attiva nell'arredamento navale, la Piaggio era passata in quarant'anni ad occuparsi di materiale ferroviario e di aeronautica, trasferendo i propri stabilimenti a Pontedera. Quest'ultimo settore fu conservato dai due figli del fondatore Renzo Piaggio, Enrico e Armando, al momento di ereditare il gruppo nel 1938. Tuttavia alla fine della Seconda guerra mondiale si avvertì la necessità di variare la produzione.
Si decise di investire in un settore in crescita come quello motoristico, dove la concorrenza era forte per la presenza di case quali Moto Guzzi, Gilera e Bianchi. Del progetto venne incaricato l'ingegnere Renzo Spolti, che mise a punto un veicolo alto come una bicicletta da donna e rivestito completamente da una scocca, in modo da nascondere le parti meccaniche e proteggere dagli schizzi di fango. Il prototipo, denominato MP5 Paperino, non convinse Enrico Piaggio per via del tunnel centrale che rendeva tutt'altro che agevole il montare in sella.
Accantonatane la produzione, il modello servì come punto di partenza per una versione ritoccata, cui fu messo a lavorare l'ingegner Corradino D'Ascanio, già noto come inventore del primo prototipo di elicottero moderno. Geniale intuizione, destinata a cambiare per sempre la storia degli scooter, fu di spostare il serbatoio nella parte posteriore, così da ricavare un ampio spazio per le gambe del guidatore. Altri aspetti: motore a due tempi, tre marce, accensione a volano magnete e velocità max di 60 km/h.
Con queste caratteristiche, il 23 aprile del 1946, D'Ascanio depositò a Firenze il brevetto della Vespa 98 (dove il numero indicava i centimetri cubici). L'atto di nascita di un mito. Il curioso nome venne suggerito dal patron Enrico che, osservandone la linea larga al centro e stretta in vita, la paragonò a quella di una vespa.
Presentata in 100 esemplari alla Fiera di Milano, la prima serie andò esaurita in poche settimane. Alla fine dell'anno ne furono venduti 2.181 esemplari, che divennero oltre 10.500 l'anno successivo. Un boom senza precedenti che si sarebbe verificato ancora soltanto con la Fiat 500 nel 1957. In tanti preferirono fare qualche sacrificio economico, reso più sopportabile dalla rateizzazione, pur di comprarsi una vespa al prezzo di 68.000 lire (sei volte la paga mensile di un operaio).
A sette anni dalla nascita, la due ruote della Piaggio trovò la piena consacrazione entrando tra le star di Hollywood, grazie alla celebre scena di Vacanze romane (1953), in cui Gregory Peck e Audrey Hepburn girano in Vespa per le strade di Roma. Gli anni Sessanta videro la comparsa dei modelli nei tre classici livelli di cilindrata: 50 (destinati ai 14enni non patentati), 125 (che consentivano il trasporto di un passeggero) e 150 (con cui si poteva viaggiare in autostrada).
Tra i modelli più popolari di sempre la 50 special, prodotta dal 1969 al 1983, e la PX, uscita nel 1977 e venduta in oltre 3 milioni di unità. Conservatasi nel tempo in molte delle sue peculiari caratteristiche tecniche, la Vespa è tra gli scooter più venduti della storia; recenti stime parlano di 17 milioni di esemplari venduti dal 1946 ad oggi!
-Festa della Liberazione: Oggi ricorre l'anniversario della liberazione d'Italia, chiamata anche Festa della Liberazione o anniversario della Resistenza. È una giornata dedicata alla memoria, in cui si festeggia la fine dell'occupazione nazifascista, avvenuta il 25 aprile 1945, a conclusione della Seconda guerra mondiale.
Fu scelta questa data perché il 25 aprile del 1945 furono liberate le città di Milano e Torino ed a seguire le altre città italiane dopo venti anni di dittatura fascista. La data rappresenta, simbolicamente, l'inizio di un percorso che sfocerà nel referendum del 2 giugno 1946 per scegliere la futura forma di governo (tra monarchia e repubblica), la formazione della Repubblica e la stesura della Costituzione italiana.
Fu dichiarato, per la prima volta, giorno festivo nel 1946, con validità solo per quell'anno. Nel 1949 fu promulgata una legge che rese il 25 aprile a tutti gli effetti un giorno festivo. Molte città italiane ricordano questa data organizzando manifestazioni, cortei ed eventi.
-Guglielmo Marconi: Tra i più grandi inventori di tutti i tempi, è considerato il padre della radio e in generale il principale artefice della comunicazione a grandi distanze.
Nato a Bologna da famiglia nobile, il marchese Guglielmo Giovanni Maria Marconi studiò da autodidatta e compì i primi esperimenti sulla trasmissione telegrafica senza fili, ottenendo nel 1897 un primo brevetto sui "Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi relativi".
Ignorato dalle istituzioni italiane, trovò ampio consenso e sostegno economico alle sue ricerche in Inghilterra, dove fondò una sua società, Marconi Wireless Telegraph Company Limited. La grande sfida di trasmettere a grandi distanze (negata dalla maggior parte dei suoi colleghi, per via della curvatura terrestre) fu vinta una prima volta nel 1899, con la prima comunicazione radiotelegrafica internazionale (attraverso la Manica), e una seconda nel 1901, mettendo in collegamento le due sponde dell'Atlantico (da Poldhu, in Cornovaglia, alla stazione di Saint John, sull'isola di Terranova).
Fu una svolta per le comunicazioni delle navi, e più tardi degli aerei, che da quel momento divennero più sicure grazie alla figura del "marconista" (dal nome appunto dell'inventore italiano) o "radiotelegrafista". Meriti che nel 1909 valsero a Marconi, e al collega tedesco Braun, il Nobel per la fisica «in riconoscimento del loro contributo allo sviluppo della telegrafia senza fili».
Nominato nel 1914 senatore a vita del Regno d'Italia, ottenne numerosi attestati e riconoscimenti (tra cui 16 lauree honoris causa), oltre ad incarichi di prestigio su tutti quello di presidente del Consiglio nazionale delle ricerche. La notizia della sua morte, avvenuta il 20 luglio del 1937, fu accolta dalle stazioni radio di tutto il mondo con due minuti di silenzio.
-Disastro alla centrale nucleare di Chernobyl: Un test di sicurezza compromesso dalla cieca ambizione e dalla sciatteria umana scatena l'inferno nel cuore dell'ex Unione Sovietica. Alle vite cancellate in un istante dalla tremenda esplosione se ne aggiungono altre, innumerevoli, avvelenate lentamente dalle radiazioni. Anche oggi nessuno è in grado di dire con certezza quante perdite umane sono legate a quella sciagurata notte.
Il 1986 è un anno cruciale nell'evoluzione della "guerra fredda" tra Stati Uniti e URSS. L'elezione di Mikhail Gorbaciov a segretario generale del Partito comunista sovietico (massima carica del regime) sembra promettere l'inizio di una nuova era nei rapporti tra le due superpotenze e soprattutto una svolta nella febbrile corsa agli armamenti, scongiurando l'imminenza di un conflitto nucleare. Ma è un processo lento.
Nella primavera di quell'anno, infatti, il clima è ancora teso ed è forte in URSS la paura di un attacco alle centrali nucleari. Per questo si effettuano numerosi test di sicurezza per verificare il funzionamento dei reattori in condizioni "limite". Simili operazioni avvengono nel sito nucleare di Chernobyl, situato nelle adiacenze della città ucraina di Pripjat', a 16 km dal confine con la Bielorussia. Utilizzata per produrre energia elettrica ad uso civile e plutonio per scopi militari, la centrale funziona attraverso 4 reattori.
Gli standard di sicurezza sono lontani da quelli adottati a quel tempo nel mondo occidentale e la storia della sua costruzione è costellata di elementi allarmanti sotto il profilo dell'affidabilità. La notte di sabato 26 aprile tutto ciò emerge con estrema drammaticità incrociando l'errore umano. Il vice capo ingegnere Anatoly Dyatlov ha il comando delle operazioni e decide di verificare se la turbina del reattore 4 è in grado di generare energia per inerzia, anche in presenza di un'interruzione della corrente elettrica.
Per gli altri tecnici si tratta di un'operazione rischiosa, per via delle condizioni non ottimali della potenza del reattore. Dyatlov non sente ragioni, accecato dall'ambizione di prendere il posto del suo superiore. All'1.23 si dà avvio all'esperimento ed è l'inizio della fine. La catastrofe si materializza in appena un minuto: la pressione del reattore è alle stelle e il disperato tentativo di bloccarne la potenza si rivela fatale, aumentandone di cento volte la potenza distruttiva. A una prima esplosione ne segue una seconda di maggiore portata, che disperde nell'aria 50 tonnellate di carburante nucleare. Scattano immediatamente i soccorsi ma il rischio radioattivo è di fatto inarginabile: il primo bilancio ufficiale parla di 31 vittime che sale a 65 tra tecnici della centrale e soccorritori.
Nelle prime ore le autorità sovietiche sono impegnate a minimizzare l'incidente agli occhi del mondo, salvo poi fare dietrofront quando la nube radioattiva raggiunge il resto dell'Europa, arrivando a lambire l'area del Mediterraneo. Nel frattempo viene fatta sgombrare l'intera città di Pripjat', decisione poi allargata a tutti i residenti nel raggio di 30 km dall'impianto. Centri abitati e vegetazione assumono l'aspetto di luoghi fantasma che conserveranno nei decenni a seguire.
Il rischio contaminazione scatena il panico nell'opinione pubblica europea, in particolare in Italia dove si vieta il consumo degli alimenti più a rischio come latte e insalata. In quel periodo prende forza il movimento antinucleare, che con il referendum del 1987 porta allo stop definitivo della produzione di energia nucleare in Italia.
Ricordato come il più grave incidente nucleare della storia, l'unico insieme a quello di Fukushima del 2011 a far registrare il massimo livello previsto dalla scala INES dell'IAEA, Chernobyl resta una questione aperta su cui si dividono istituzioni e associazioni antinucleariste. Esiste infatti una guerra di cifre sul numero reale delle vittime delle radiazioni, stimabile secondo l'ONU intorno ai 4mila casi tra tumori e leucemie, in un arco di tempo di ottant'anni. Per Greenpeace il rischio decessi potrebbe interessare 6 milioni di persone.