In un tempo in cui in ogni continente del mondo imperversa violenza
il ricordo di un uomo mite e determinato è quanto mai opportuno
Gandhi
Un grande leader che viveva come un poveraccio
Di
Nicola Bruni
Mohandas Karamchand Gandhi, leader della lotta non violenta per l'indipendenza dell'India dall'Impero
britannico, venne ucciso il 30 gennaio 1948, all'età di 78 anni. L'assassino, Nathuram Godse, un giovane
fanatico indù (poi giustiziato), gli sparò tre colpi di pistola da vicino, sotto gli occhi di una folla sgomenta. Lui alzò le braccia mormorando "H‚ Rama!" ("Mio Dio!") e si accasciò senza vita.
Il Mahatma era uscito nel giardino della sua residenza, la Birla House di Delhi, per la consueta recita collettivadella preghiera serale. Camminava con difficoltà, sorretto dalle nipoti Abha e Manu.
Voleva pregare per la pacificazione tra indù e musulmani, dopo le reciproche stragi che avevano accompagnato la proclamazione dell'indipendenza dell'India dalla Gran Bretagna e il distacco del Pakistan islamico (15 agosto 1947).
Pochi giorni prima, aveva compiuto un lungo digiuno per invocare la pace tra le due comunità religiose. Ma c'era, tra gli indù, chi non voleva la riconciliazione e fomentava una campagna di odio contro i musulmani.
Gandhi, pur essendo il "padre" dell'India indipendente, si era tirato umilmente in disparte rifiutando la
presidenza del nuovo Stato e qualsiasi altro incarico.
Nato da un'agiata famiglia indù appartenente alla casta dei mercanti, aveva studiato a Londra ed era diventato un avvocato. Ma dopo aver conosciuto la miseria di tanta parte del suo popolo, aveva scelto di vivere come un poveraccio. Indossava solo una fascia intorno ai fianchi, e si presentava così, "nudo come un fachiro", anche agli incontri ufficiali con le autorità britanniche. Oppure si avvolgeva addosso un panno di cotone bianco che lui stesso aveva filato. Calzava sandali di legno o andava scalzo. Portava occhiali con una modestissima montatura di metallo, e non sostituiva i denti che gli cadevano, per essere come gli indiani poveri che non potevano permettersi una dentiera.
Anche il suo aspetto fisico era miserevole: piccolo di statura, magrissimo, la testa calva, il viso piuttosto brutto, il labbro inferiore sporgente sotto baffi incolti, la bocca sdentata. Eppure, la sua personalità esercitava un fascino straordinario. I suoi connazionali lo chiamavano Mahatma, la Grande Anima (un titolo che in India viene dato ai maggiori capi spirituali), poiché‚ tutta la sua vita, spesa per affermare l'amore e la giustizia, erastata sorretta da una profonda fede in Dio.
La sua lotta non violenta per l'indipendenza era fatta di digiuni, di sit-in e marce di protesta, di scioperi e
boicottaggi dei prodotti britannici. Si lasciò più volte arrestare senza opporre resistenza. E alla fine vinse,
grazie al sostegno di molti milioni di indiani.
Gandhi diceva di aver appreso il segreto della non-violenza dalle pagine del Vangelo, soprattutto dal Discorso della Montagna di Gesù: "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati... Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio... Avete inteso che fu detto: 'Occhio per occhio e dente per dente'. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgiglianche l'altra... Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori...".
Tuttavia, si mantenne fedele alla sua religione d'origine, l'induismo, in cui ritrovava più che in ogni altra il senso dell'unità della creazione e il carattere sacro della vita di tutti gli esseri animati. Perciò fu rigorosamentevegetariano. Ma respinse come grave peccato e superstizione la "vergogna" dell'intoccabilità, a cui erano condannati molti milioni di paria della società indù, gli esclusi dalle caste. E si batté per il superamento dei pregiudizi di classe sociale, di razza e di religione, assai radicati nel popolo indiano.