Se è vero che sono gli uomini a caratterizzare i luoghi, a dare loro riconoscibilità,
a renderli affascinanti, è poi vero che sono i luoghi a restituire ricordi, affetti, nostalgie,
a pretendere un costante richiamo, una sottile ragnatela che avvolge i nostri desideri.
Il Mare di Sicilia
5 Eco e Narciso
di Angelo Zito
Era orgoglioso della sua bellezza, lodata da tutti, ma che lui stesso non conosceva. L’indovino Tiresia aveva profetizzato che sarebbe rimasto giovane e bello fino a che non avesse visto la sua immagine.
E Narciso attirava l’amore di tante ninfe, una di queste, Eco, affascinata da lui lo implorava inutilmente e la sua voce si consumava sempre più e alla fine, debole, riusciva a ripetere soltanto le ultime sillabe dell’amato che le sfuggiva. Un giorno Narciso affacciatosi su uno specchio d’acqua vide un giovane bellissimo, la sua immagine riflessa, e nel tentativo di afferrarla finí nelle acque.
Aveva scoperto finalmente l’oggetto dei suoi desideri, una bellezza assoluta che non aveva ancora trovato.
Un fiore giallo spuntò sulla riva e Eco continuò a ricordare le parole dell’amato come un’eco che non ha risposta.
La superbia del fiore
Cosa vuoi da me ?
…da me?
Non voglio amarti
…amarti
Non mi cercare
…cercare
Sfugge Narciso
alla voce di Eco
che si fa sempre più debole.
Sfugge nella sua maschia virilità
al richiamo di una donna.
È certo che gli Dei lavorano per lui.
L’immagine riflessa nell’acqua
lo tenta, non sa resistere,
non sa chi sia,
solo l’ignoto lo seduce
e lo cattura.
Non voglio amarti
…amarti
Non mi cercare
…cercar
Inutilmente ricorda Eco
le sue parole.
Spunta, piegato sull’acqua,
un fiore giallo
che ha trovato un nome.