#121 - 2 marzo 2015
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarr in rete fino alla mezzanotte del giorno sabato 30 novembre quando lascer il posto al numero 358 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, pu durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni pi importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perch" (Mark Twain) "L'istruzione l'arma pi potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perch i servizi sanitari siano accessibili a tutti. Papa Francesco Il grado di civilt di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bens nella capacit di assistere, accogliere, curare i pi deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civilt di una nazione e di un popolo. Alberto degli Entusiasti "Ogni mattina il mondo un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosit, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Ambiente

Al vaglio statistiche e considerazioni

Un impegno ambizioso

CO2: modello Europa?

Dati sconfortanti - prospettive incerte (seconda parte)

Parliamo ancora di CO2, con riferimento all' articolo con autentico titolo sul precedente numero del giornale, e sulla scorta dello studio - dati e considerazioni - di Giovannangelo Montecchi Palazzi.

Che cosa ha fatto la UE per favorire la transizione energetica dei PVS e contenere i futuri aumenti dei GHGs che essi produrranno in modo pressoché esclusivo? in pratica nulla.
Ha preso misure a carattere interno ignorando i tre meccanismi di “trading” internazionale previsti dal Protocollo di Kyoto: ET - Emission Trading tra Paesi avanzati, JI - Joint Implementation con i Paesi in Transizione e CDM - Clean Development Mechanism coi PVS. Il suo ETS - Emission Trading System è stato impostato in splendido isolamento autarchico e il complesso sistema burocratico-dirigistico di “cap and trade” che ne è derivato si è tradotto in un fallimento.

CO2: modello Europa?CO2: modello Europa?

Non è facile individuare i costi dell’ETS per le imprese né sceverare i suoi risultati in termini di riduzioni di emissioni da quelli ottenuti mediante altre politiche (rinnovabili, efficienza energetica, norme sui trasporti ecc.), tuttavia è indubbio che, a causa degli eccessivi permessi gratuiti concessi inizialmente e della successiva crisi economica, esso ha mancato il suo obiettivo di un costo di € 30 la tonnellata. Ora il prezzo di mercato oscilla intorno a 1/5 del valore-obiettivo.
Inoltre l’ETS “isolazionista” esce assi malconcio dal confronto col CMD. Se è, infatti, intuitivo che, ad esempio, eliminare una tonnellata di CO2 costa meno in India che in Italia ove l’intensità energetica è quattro volte inferiore, le cifre sono impietose. Negli ultimi 10 anni il CDM ha eliminato emissioni pari a 1,5 miliardi di tonnellate di CO2 contribuendo a promuovere 7.800 progetti in 107 PVS con un risparmio per questi ultimi stimato in US$ 3,6 miliardi. Il prezzo di mercato di una tonnellata di CO2 è sceso da 10 US$ a 1 US$. In difetto di stime delle riduzioni attribuibili allo ETS, l’efficacia ambientale del CDM, circa 150 milioni di tonnellate annue di CO2, può essere confrontata con le riduzioni ottenute dalle politiche europee sulle fonti rinnovabili, idroelettrica esclusa: 29 milioni di tonnellate annue secondo “The Economist”, il triplo secondo fonti tedesche (rispettivamente 1 e 3 per mille delle emissioni della UE). Alla recente conferenza di Lima Hugh Sealy, il responsabile ONU del CDM, ha definito lo ETS “dumb” (stupido).

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La schiettezza del Sig. Sealy, inconsueta nei felpati ambienti onusiani, ha destato scalpore. Riesce tuttavia difficile non condividerla se, ulteriormente, si confrontano i risparmi ottenuti grazie al CDM con gli incentivi concessi nella UE alle rinnovabili. Secondo Diplomazia Economica Italiana i primi 5 Paesi europei spendono in tali sussidi circa € 48 miliardi annui, ben 153 volte quanto speso in ricerca sulle medesime rinnovabili (€ 315 milioni). Non esattamente un modello di impiego delle risorse intellettuali oltre che finanziarie!

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L’Italia con € 12.5 miliardi nel 2014, di cui circa la metà spesi nel fotovoltaico, secondo la IEA si colloca il 3° posto al mondo quanto a incentivi. Si tratta di un’autentica tassa di scopo pari a circa lo 0,7% del PIL, più di € 200 “pro capite”. Oltre tutto è una tassa occulta, perché pagata in bolletta, e regressiva, perché i consumi di elettricità non aumentano in proporzione lineare coi redditi.
Anche la Corte dei Conti Europea ha richiamato l’attenzione sull’inefficienza di tal genere di spese (”La Commissione deve anche accertarsi che i programmi che vengono finanziati dagli Stati membri siano efficienti”).
Ma gli oneri delle politiche energetiche per i cittadini europei non si limitano a forme di tassazione più o meno occulte. Ad essi vanno sommati i costi di adempimento derivanti dalle normative ambientali adottate dagli Stati membri, costi ardui da stimare e da attribuire, ma ingenti.
A titolo di esempio, CDC Climat Recherche ha stimato che in Francia, a fronte di sussidi diretti alle rinnovabili di € 3 miliardi l’anno, l’onere complessivo della transizione energetica ammonta a € 22 miliardi, di cui solo € 5,2 miliardi a carico del settore pubblico, € 11,1 miliardi a carico delle imprese e € 5,9 miliardi delle famiglie.

CO2: modello Europa?CO2: modello Europa?

Infine, per una valutazione complessiva delle politiche ambientali europee è necessario considerare anche il cosiddetto “carbon leackage”, cioè il trasferimento fuori dell’Unione di produzioni “carbon intensive” al fine eludere i costi sopra accennati, con conseguente perdita di produzioni e di posti di lavoro. Un “dumping ambientale” che si somma al più noto “dumping sociale” a vantaggio dei Paesi meno avanzati in fatto di ambiente e di protezioni sociali. E’ un fenomeno preoccupante, anche se difficile da quantificare, contro il quale le misure finora adottate dalla UE ben poco possono fare. Basti ricordare che secondo la IEA nel 2012 i prezzi dell’energia per l’industria europea sono risultati circa il doppio di quelli USA e del 60% superiori a quelli cinesi.

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A tutto ciò si aggiungono non trascurabili perplessità scientifiche e tecniche d’ordine generale. Ma di ciò parleremo ancora nel prossimo numero del giornale.

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