#323 - 4 febbraio 2023
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Televisione

Zapping

Frammenti semiseri di cronaca televisiva

di Luigi Capano

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Ci hanno lasciato, nei giorni scorsi, Gina Lollobrigida e Gino Landi, due notissimi protagonisti del mondo dello spettacolo, compagni virtuali della nostra infanzia: la prima, per molti anni, attrice di fama internazionale dedicatasi, in seguito, ad altre attività artistiche; il secondo, coreografo e regista attivissimo nel piccolo schermo.
Lo spettacolo, in ogni sua forma, è un riflesso ostensivo del gioco della vita, offrendo generosamente allo sguardo e ai sensi tutti, la scena seduttiva e letificante del dispiegamento della sua irresistibile cauda pavonis. E ovunque vi sia una scena – vale la pena appuntarlo - è sempre presente anche un, sia pur invisibile, retroscena; ma questa non è materia da zapping e andiamo oltre.

Si fan un gran parlare, in tutti i salotti e i tinelli televisivi dell’arresto di un capomafia pluripregiudicato ricercato da decenni, accusato di delitti efferati ai limiti dell’immaginabile. Come c’era da aspettarsi i media all’unanimità lo hanno tempestivamente collocato, infiocchettandolo, in una vetrina ben agghindata: ne hanno parlato come si parla di un supereroe, un supereroe negativo, ma pur sempre un eventuale modello da emulare, additato a chiunque voglia seguire altre strade, esulanti dalla legalità. Ma nel pantheon dei granitici valori democratici spicca il “diritto” all’informazione, e su questo punto, quindi, non mette conto discutere ulteriormente.
Nel frattempo l’onnipresente Roberto Saviano si lamenta pubblicamente e si indigna perché querelato da un altro mafioso di vaglia, condannato all’ergastolo, che chiede il sequestro del suo libro, dedicato al giudice Falcone. Sono i prevedibili inconvenienti dello “Stato di diritto”.

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Non accenna a concludersi il tragico spettacolo della devastante guerra in Ucraina a cui ci stiamo supinamente abituando come ad un tetro fondale sul quale risalti, per contrasto, la nostra vita tranquilla e senza patemi. E’ notizia di questi giorni, l’aggiunta di un tassello autorevole a questa cinica Gestalt: la presenza già annunciata a tamburo battente del Presidente ucraino Zelensky all’imminente Festival di Sanremo.

In occasione del giorno della memoria che si è celebrato la scorsa settimana, mi piace ricordare uno dei più importanti editori italiani della prima metà del Novecento, Angelo Fortunato Formiggini (si laureò in giurisprudenza nel 1901 con una tesi dal titolo “La donna nella Thorà in raffronto col Manava- Dharmashastra. Contributo storico-giuridico ad un ravvicinamento tra la razza ariana e la semita”) che, nel 1938 salì sulla torre del duomo di Modena, e si gettò nel vuoto. Un tragico gesto anticipato da una delle sue ultime lettere con cui chiedeva, con amara autoironia, che quel piccolo spazio vicino alla torre dove da lì a poco si sarebbe sfracellato venisse chiamato, in dialetto modenese, “al tvajol ed Furmajin”, il tovagliolo del Formaggino. E, proprio come desiderava, una lapide oggi così lo ricorda.

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Da qualche tempo, finalmente, la Sinistra italiana, in tutt’altre faccende affaccendata, si sta astenendo dal dare lezioni di morale a cani e porci dai numerosi pulpiti mediatici, un vecchio vizio francamente stucchevole mai del tutto accantonato, se pensiamo soltanto alla continua “beatificazione” di Enrico Berlinguer gabellato quale leader politico da prendere ad esempio: su che basi si fondi tale mitologema, non è chiaro.
Ci permettiamo di dare, in conclusione, un suggerimento al Presidente del Consiglio, nella speranzosa, remota, chimerica illusione che legga queste righe: i milioni di morti provocati dal Comunismo – un numero purtroppo in fieri - attendono ancora che venga loro dedicato un giorno della memoria.

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