#320 - 17 dicembre 2022
AAAAAATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte di martedi 31 dicembre quando lascerà il posto al n° 359 - mercoledi 1° dicembre 2025 - CORDIALI AUGURI DI BUON ANNO e BUONA LETTURA - ORA PER TUTTI un po' di HUMOUR - E' da ubriachi che si affrontano le migliori conversazioni - Una mente come la tua à affascinante per il mio lavoro - sei psicologo? - No architetto, mi affascinano gli spazi vuoti. - Il mio carrozziere ha detto che fate bene ad usare WathsApp mentre guidate - Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ingrassano vivono più a lungo degli uomini che glielo fanno notare - al principio era il nulla...poi qualcosa è andato storto - una volta ero gentile con tutti, poi sono guarito.
Storia

Note sulla Memoria dei Giorni

-Primo episodio de "I Simpson": Homer, impiegato nella centrale nucleare di Springfield come ispettore alla sicurezza, è rimasto senza tredicesima e non sa come far fronte alle spese dei regali di Natale per i figli Bart, Lisa e Maggie. Non può nemmeno contare sui risparmi, perché sua moglie Marge li ha spesi per cancellare il tatuaggio che Bart si è fatto fare sul braccio. Disperato, tenta l'ultima chance puntando sulle corse dei cani, ma il Piccolo aiutante di Babbo Natale (il cane su cui ha puntato) arriva ultimo e viene cacciato dal cinodromo. Dietro le insistenze del figlio, Homer decide di accogliere in famiglia il simpatico amico a quattro zampe. È la trama di Un Natale da cani, primo episodio della serie animata I Simpson, trasmesso il 17 dicembre del 1989 sul canale Fox. Fin dall'esordio si capisce subito che le avventure della sgangherata famiglia, creata dalla penna di Matt Groening e James L. Brooks, non sono dirette solo a un pubblico di giovanissimi. Il piccolo mondo di Springfield (luogo immaginario, ispirato all'omonima cittadina dell'Oregon dove Groening ha trascorso la sua infanzia), tipico della provincia americana, è un concentrato della società "a stelle e strisce" che viene parodiata nelle abitudini e nelle forme culturali e sociali che le sono proprie. Il linguaggio utilizzato dai personaggi si fa beffe del politicamente corretto, mettendo alla berlina tabù e luoghi comuni che accomunano il popolo yankee e non solo. Il carattere irriverente del cartone emergerà anche dalle caricature di illustri personaggi che compariranno nei vari episodi, legati al mondo della politica, della cultura e dello spettacolo, quali l'ex presidente George Bush (senior) e la rock band U2. I tredici episodi della prima stagione (trasmessa in Italia da ottobre del 1991) ne decreteranno l'immediato successo, conquistando milioni di fan in tutto il mondo. Nel tempo emergeranno, oltre ai personaggi, altri aspetti identitari, in primis la sigla d'apertura: sulla colonna sonora di Danny Elfman, le immagini scorrono dalle nuvole alla città, terminando nella scuola elementare dove Bart, per punizione, scrive sulla lavagna ogni volta una frase diversa. Le ventisette stagioni che seguiranno ne faranno la più lunga sitcom e serie animata statunitense mai trasmessa (primato detenuto in precedenza dai Flintstones), premiata con riconoscimenti inusuali per un cartone animato: oltre 23 Emmy Awards (gli oscar internazionali della televisione) e nel 2000 una stella nella Hollywood Walk of Fame (onore concesso a Topolino e a pochi altri personaggi immaginari). Oltre che nella storia dei cartoni animati (sarà fonte d'ispirazione per successive serie "irriverenti" come I Griffin), "I Simpson" porteranno una rivoluzione anche nel linguaggio parlato: mentre tra i giovani si diffonderanno espressioni come «ciucciati il calzino» e «brutto bacherospo», l'esclamazione ricorrente di Homer «D'oh!» avrà l'onore di essere introdotta nell'Oxford English Dictionary. Per il loro contenuto sferzante, finiranno spesso nelle maglie della censura sia negli Stati Uniti che in altri paesi, mentre in Cina e Russia saranno addirittura banditi. La versione italiana sarà limitatamente censurata, ma si lavorerà più nel rendere meno “scomodi” i dialoghi. Nel 2007 uscirà un lungometraggio, tratto dalla serie, dal titolo I Simpson - Il film, che incasserà miliardi di dollari in tutto il mondo. Guadagni in cifre a nove zeri saranno garantiti anche dal ricco merchandising (pupazzi, poster, giochi, etc.)

-Avatar e la nuova frontiera del 3D: A dodici anni dallo strepitoso successo di Titanic, James Cameron porta nelle sale cinematografiche un altro kolossal destinato a fare scuola: Avatar. Quest'opera di epica fantascientifica rappresenta il punto d'arrivo di oltre dieci anni di sperimentazioni sulle nuove tecnologie e sull'utilizzo della ripresa in 3D. L'intenzione del regista canadese di fare un film che facesse epoca era maturata verso la metà degli anni Novanta, ma la svolta si era avuta con la nuova frontiera della grafica computerizzata. La storia è ambientata in un futuro molto lontano (duecento anni), con l'umanità alle prese con una grave crisi energetica. La soluzione viene individuata in un minerale assai diffuso su Pandora (satellite alieno abitato dai Na’vi, che dista dalla Terra 4,4 anni luce) e per recuperarlo viene organizzata una missione di cui fa parte Jake Sully (alias Sam Worthington), ex marine costretto sulla sedia a rotelle. Per aggirare l'ostacolo dell'aria tossica che domina Pandora, la dottoressa Augustine (dietro cui c’è Sigourney Weaver, celebre protagonista della serie Alien) escogita il "Programma Avatar" (il termine avatar, che su Internet indica un'immagine utilizzata da un utente in comunità virtuali, deriva dalla lingua indù e significa «colui che discende»), attraverso il quale i piloti umani collegano le loro coscienze a un corpo organico (avatar) controllato a distanza, simile a quello dei Na’vi. Ciò permette a Jake di conquistarsi la fiducia degli alieni, incontrando l'amore della bellissima Neytiri (impersonata da Zoë Saldaña), che metterà in crisi lo scopo della sua missione. Rivisitazione in chiave futurista della saga letteraria fantascientifica John Carter di Marte, il film è un inno alla cultura ecologista e al rispetto della diversità, condannando parimenti l'utilizzo distorto della tecnologia e il ricorso alla forza militare, rispetto alla quale appare più che legittima la reazione di chi difende terra e radici proprie dall'invasore straniero. Le riprese, costate 237 milioni di dollari e girate a Los Angeles e in Nuova Zelanda, sono costituite da un 60% di elementi virtuali e dal restante 40% di scene dal vivo. Il tutto concepito per la visione in 3D, inaugurando così una profonda rivoluzione tecnologica nel modo di produrre e fruire il cinema del futuro. L'impatto sul pubblico sarà fenomenale: a poco più in un mese dall'uscita nelle sale, farà registrare il maggior incasso della storia del cinema, battendo il primato di Titanic e raggiungendo il primato di oltre 2 miliardi di dollari incassati a livello mondiale. Il successo sarà suggellato l'anno dopo dai tre Premi Oscar, ricevuti per migliore fotografia, migliore scenografia e migliori effetti speciali. Lo stesso Cameron annuncerà l'intenzione di girare due sequel creando, dopo Alien, un'altra saga cult del genere fantascientifico. Solo il 14 dicembre 2022 arriva nelle sale italiane Avatar - La via dell'acqua.

-Benigni debutta in TV: Una "signorina Buonasera" che annuncia il prossimo programma in stile impeccabile viene interrotta da un'irriverente pernacchia e d'improvviso l'immagine si distorce, lasciando il posto a una stalla. È l'intro di Onda libera, programma satirico che nel 1976 lancia sul piccolo schermo un poco più che sconosciuto Roberto Benigni. Trasmesso su Rai Due e ideato dallo stesso mattatore toscano, insieme con il regista Beppe Recchia, si presenta subito come una trasmissione innovativa, fin dalla sigla d'apertura che appare come un'interruzione della programmazione ufficiale, simulando l'intrusione di un network clandestino. Il titolo originale, Televacca (poi cambiato in "Onda libera" perché ritenuto troppo volgare), dice tutto dell'esplosività dei contenuti e del linguaggio tipici del "primo" Benigni, poi portati al successo al cinema, l'anno seguente, con il film d'esordio Berlinguer ti voglio bene.

-Fondazione di Medici Senza Frontiere: Un'equipe di camici bianchi, uniti dalla comune esperienza in disumani teatri di guerra e in contesti sconvolti da cataclismi, decise di inaugurare una nuova era della medicina umanitaria, dando vita in Francia a un'organizzazione non governativa che non avesse confini nella sua azione. Di qui il nome Medici Senza Frontiere (dal francese Médecins Sans Frontières, noto anche con l'acronimo MSF). Quel gruppo, la cui anima era il medico francese Bernard Kouchner, si era formato, all'interno della Croce Rossa, nel corso delle operazioni di soccorso alla popolazione del Biafra, decimata da una guerra feroce, e successivamente alla gente del Bangladesh colpita da una catastrofica alluvione. Forti di queste esperienze decisero di metterle a frutto nell'ambito della neonata organizzazione, ispirata ai principi umanitari dell’etica medica e dell’imparzialità, senza distinzione di razza, religione o credo politico. I primi banchi di prova furono affrontati in Honduras, Nicaragua e Vietnam, e già da qui si manifestò la duplice linea di intervento di MSF: da un lato si garantiva aiuto alla popolazione sia attraverso l'intervento sanitario e la fornitura di medicine, sia operando per una migliore gestione delle risorse, in primis dell'acqua; dall'altro si denunciava in maniera decisa, e senza sconti, all'opinione pubblica internazionale contesti di violenze e soprusi, scenari critici da tempo dimenticati, gestioni non trasparenti degli aiuti, etc. Una linea che si rafforzò negli anni e che non escluse interventi militari sotto l'egida Onu, ritenuti necessari da MSF per contrastare genocidi e massacri di civili, come in Ruanda (nel 1994) e in Darfur (2004). Un ruolo prezioso ma certamente scomodo che in diversi frangenti vide l'ONG scontrarsi con governi e potentati economici. Ciononostante, l'opera prestata durante la guerra in Kosovo le valse il Nobel per la Pace (insieme alla Croce Rossa sono le uniche organizzazioni umanitarie ad averlo ricevuto) del 1999, riconosciuto per la pionieristica attività umanitaria in vari continenti. Con 19 sedi nel mondo e 2.500 volontari (tra medici e operatori sanitari) attivi in 80 Paesi, MSF è oggi la più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo. Un sostegno prezioso alle sue attività arriva da milioni di donatori, tra i quali non sono ammesse aziende coinvolte nella produzione di armi e armamenti, di tabacco o appartenenti al settore farmaceutico. Nel novembre 2013 Medici Senza Frontiere è intervenuta a Cebu, nelle Filippine, per la catastrofe umanitaria provocata dal tifone Yolanda.

-La Costituzione italiana è approvata: Montecitorio, lunedì 22 dicembre 1947. L'aula della Camera è gremita in ogni scranno per il grande appuntamento con la storia: all'ordine del giorno c'è la votazione della Costituzione della Repubblica italiana, cui hanno lavorato per oltre un anno tutte le forze politiche. D'altronde i 556 deputati (tra di loro 21 donne) sono stati votati il 25 giugno 1946 per formare quell'Assemblea Costituente (la prima in Italia eletta a suffragio universale), il cui principale compito era di redigere la nuova carta costituzionale. Il tutto a cento anni di distanza dall'adozione dello Statuto Albertino, che era diventato il testo fondamentale del Regno d’Italia nel 1861 ma che, dopo la sconfitta della monarchia al referendum del ’46, non era più conciliabile con il mutato assetto repubblicano. All'apertura dei lavori, prende la parola Meuccio Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, di cui fanno parte 75 membri incaricati di stendere il progetto generale del prezioso documento. Nelle sue parole emerge il momento difficile che attraversa la Nazione, colpita da una grave crisi economica e sociale, di fronte alla quale le istituzioni sono chiamate a dare un segnale di solidità e di lungimiranza per le future generazioni.

Questo segnale, per Ruini, è nella libera Costituzione che l'Italia sta per darsi, da lui definita «inno di speranza e di fede» e in grado di porre un argine invalicabile agli errori e ai soprusi del recente passato. Si arriva al fatidico momento del voto e la procedura adottata è a scrutinio segreto. Un'ora dopo il Presidente dell'Assemblea Costituente, Umberto Terracini, dà lettura dell'esito della votazione: presenti 515; maggioranza 258; voti favorevoli 453; voti contrari 62. La Costituzione è approvata! Tra gli applausi dei presenti levatisi in piedi, si alza il coro unanime «Viva la Repubblica!». Firmata cinque giorni dopo, in una cerimonia solenne a Palazzo Giustiniani dal Capo dello Stato (carica provvisoria in attesa di assumere il titolo di Presidente della Repubblica) Enrico De Nicola, dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dallo stesso Terracini, entrerà in vigore dal 1° gennaio del 1948. La legge fondamentale dello Stato italiano è composta da 139 articoli (cinque dei quali saranno abrogati con la legge costituzionale del 2001) divisi in quattro sezioni: Principi fondamentali (articoli 1-12); Diritti e doveri dei cittadini (articoli 13-54); Ordinamento della Repubblica (articoli 55-139); Disposizioni transitorie e finali (articoli I-XVIII). È imperniata su una concezione antiautoritaria dello Stato, che si traduce nell'assegnare un ruolo centrale al Parlamento rispetto al potere esecutivo. Aspetto quest'ultimo che rimanda a un'altra peculiarità: è una costituzione "rigida", con riferimento sia al fatto che è modificabile soltanto con una maggioranza qualificata di ciascuna camera; sia all'eventualità che leggi in contrasto con essa vengano poste al vaglio della Corte Costituzionale. La discussione parlamentare sul testo, passata attraverso 170 sedute, è stata tutt'altro che agevole e su ogni singolo articolo si sono scontrate le diverse sensibilità politiche. A partire dal 1° articolo su cui si sono trovati tutti concordi che dovesse indicare il tipo di democrazia adottato: la versione finale «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» è nata come sintesi tra la «Repubblica democratica dei lavoratori» di Palmiro Togliatti e della sinistra e la «Repubblica fondata sui diritti della libertà e sui diritti del lavoro» dei repubblicani di Ugo La Malfa. Del testo approvato nel 1947 si conservano tre originali, uno dei quali presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica.

-Strage di Natale: Sono da poco passate le 19 e il Rapido 904 - partito da Napoli e diretto a Milano - vede davanti a sé la grande galleria dell'Appennino, che con i suoi 18 km collega Bologna a Firenze. A bordo, tra i circa 300 passeggeri, regna un clima di relax domenicale, in attesa di rientrare a casa, e di gioiosa ansia di riabbracciare i parenti per le festività natalizie. Una manciata di minuti e si consuma il dramma di quella che i media ricorderanno come Strage di Natale, primo atto della sanguinosa guerra di mafia che raggiungerà il culmine nei primi anni Novanta. Dopo aver percorso circa 8 km di galleria, in località San Benedetto Val di Sambro, si avverte un tremendo boato e in una frazione di secondo il convoglio si trasforma in un'infernale trappola di fiamme e schegge di vetro impazzite. Il buio della galleria aumenta il panico delle persone che ignorano cosa sia accaduto, ma le grida di dolore e di disperazione di alcuni fanno presagire il peggio. Particolarmente straziante (come riportato dalle testimonianze dei sopravvissuti) è la voce disperata di una madre che chiama «Federica! Federica!», cercando sua figlia di 12 anni. Ma il nome della ragazzina finisce nell'elenco delle 17 vittime (tra di loro altri due bambini, di 4 e 9 anni), di cui 15 morte sul colpo e altre due per le gravi ferite riportate. Gli oltre 260 feriti vengono soccorsi non senza difficoltà, visto che la linea elettrica è stata messa fuori uso dall'esplosione e la galleria - completamente al buio per la poca autonomia dei neon d’emergenza - è invasa dal fumo. Determinante è la prontezza d'intervento del personale del treno (che riceverà per questo una medaglia d'oro) e la rapidità dei soccorsi, coordinati dal servizio centralizzato di Bologna Soccorso che, in occasione dei Mondiali di Calcio 1990, diverrà il primo nucleo attivo del servizio di emergenza 118. L'acre odore di polvere da sparo avvertito dai soccorritori fa capire che si è trattato di un attentato. Le prime ipotesi ricadono sulla matrice terroristica ma gli anni di piombo sembrano ormai archiviati e molti dettagli portano in tutt'altra direzione. Agli inquirenti non sembra infatti una casualità che l'episodio sia avvenuto poco distante dal luogo di un'altra tragedia avvenuta dieci anni prima: la strage del treno Italicus, in cui erano morte 12 persone. Si sospetta una strategia precisa di più soggetti. In questo scenario, assume un valore altamente simbolico la scelta dei parenti delle vittime di non autorizzare i funerali di Stato. Nel frattempo emergono i primi riscontri. Un testimone afferma di aver notato qualcuno che ha sistemato due borsoni nel portabagagli del corridoio della nona carrozza, durante la sosta alla stazione di Firenze. Questo sposta l'indagine nel capoluogo toscano, dove viene presa in carico dal procuratore Pier Luigi Vigna. Ma la vera svolta arriva a marzo dell'85, con l'arresto a Roma di Guido Cercola e del pregiudicato Pippo Calò, vicino a Cosa nostra, entrambi accusati di traffico di stupefacenti. La perquisizione nel loro covo fa emergere una valigia con dentro un apparato ricetrasmittente, antenne, cavi, armi ed esplosivi. Tutto materiale giudicato compatibile con quello utilizzato per la carneficina del 23 dicembre. Le nebbie si diradano e la verità comincia a venire a galla: si tratta di un attentato mafioso, il primo realizzato con un telecomando a distanza. Emerge il disegno criminale di uccidere quante più persone possibili, legato alla scelta di azionare il dispositivo nel momento in cui il treno era dentro la galleria, amplificando così la forza distruttiva della detonazione. Ma la mafia non ha fatto tutto da sola. I legami di Calò con camorra napoletana, ambienti eversivi di destra e Loggia P2 fanno pensare a una strategia condivisa per rispondere alla guerra che lo Stato ha dichiarato alla mafia in quegli anni. Protagonisti di questa battaglia sono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri giudici del pool antimafia, le cui indagini portano nel 1987 alla celebrazione dello storico maxiprocesso di Palermo. Le inchieste siciliane s'incrociano con quella sulla strage di Natale, di cui il procuratore Vigna accusa Calò e Cercola, indicando come scopo finale quello di «distogliere l'attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata, che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e magistratura per rilanciare l'immagine del terrorismo come l'unico, reale nemico contro il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato». Per entrambi arriva la condanna all'ergastolo, confermata in via definitiva nel 1992. Nel 2011, le rivelazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca portano all'arresto di Totò Riina (già condannato all'ergastolo in quanto capo della cupola mafiosa e ideatore della strategia stragista, cui si ricollegano le stragi di Capaci e via D’Amelio) quale mandante dell'attentato al Rapido 904.

-Natale: Il Natale è la festività cristiana che ricorda la nascita di Gesù. Da moltissimi anni, ormai, ha assunto anche connotazioni non religiose, rappresentando un giorno di festa da trascorrere in famiglia, scambiandosi doni sotto l’albero (portati da Babbo Natale, per i più piccini). È una ricorrenza ricca di tradizioni: il presepe che raffigura la natività di Gesù, l'albero di Natale (addobbato da luci, colori, palline), Babbo Natale (il buon vecchio dalla barba bianca che distribuisce doni ai bimbi buoni), il vischio, il panettone, il pandoro, il cotechino e chi più ne ha più ne metta! Immancabili i regali! Ricerche storiche approfondite sulle origini del Natale hanno fatto emergere che venne scelta la data del 25 dicembre per sostituire la ricorrenza pagana del "Sol Invictus", mettendo in relazione l'immagine del Sole con il figlio di Dio.

-Nasce il fumetto italiano: Nell'Italia di re Vittorio Emanuele III e del terzo Governo Giolitti apparve in edicola il Corriere dei Piccoli, supplemento settimanale illustrato del Corriere della Sera. Questa data venne considerata in seguito come l'inizio del fumetto italiano. Fondato e diretto da Silvio Spaventa Filippi, che era partito da un’idea della pedagogista e scrittrice Paola Lombroso, il Corrierino (variante familiare usata dai suoi giovanissimi lettori) introdusse nel contesto italiano i personaggi dei fumetti americani, presentati all'interno di tavole illustrate, ognuna suddivisa solitamente in quattro strisce di due vignette ciascuna. Ma in questo primo numero trovò spazio anche uno dei personaggi più popolari lanciati dal settimanale: Bilbolbul, un bambino africano protagonista di storie surreali. A disegnarlo fu Attilio Mussino che insieme ad Antonio Rubino (ideatore di Quadratino, altro personaggio storico) rappresentarono le colonne portanti del Corrierino fino agli inizi degli anni Cinquanta. In questa prima fase le "nuvolette parlanti" (il termine inglese è balloon) erano rigorosamente vietate, perché ritenute diseducative. Al loro posto c'erano i sottotitoli composti da filastrocche in rima baciata, dal tono moraleggiante. Siamo certamente lontani dall'idea moderna di fumetto. Le tavole illustrative erano permeate di valori pedagogici, patriottici e risorgimentali, in perfetta sintonia con la mentalità di allora che non ammetteva l'esistenza di libri per ragazzi concepiti esclusivamente per il loro intrattenimento. Tutto doveva avere un fine educativo, e ciò spiega perché la maggior parte dei contenuti fosse costituita da racconti, poesie e brevi testi teatrali. Il successo del primo numero fu straordinario, al punto che venne stampato in 80.000 copie. Ciò lo rese subito un riferimento per bambini e adolescenti. Nel 1917 fu la volta di un altro protagonista storico di quegli anni: il Signor Bonaventura nato dalla matita di Sergio Tofano. Dieci anni dopo, presero piede le nuvolette - che sul Corrierino si affermarono solamente a partire dagli anni Sessanta - grazie a nuove pubblicazioni che segnarono l'evoluzione moderna del fumetto made in Italy: dal primo numero di Topolino (edito nel 1932 da Giuseppe Nerbini) ai settimanali L’Avventuroso (che portò dagli Usa Mandrake e Flash Gordon) e Intrepido (che inaugurò il genere romantico e sentimentale). Dopo il grande avvento, nel Dopoguerra, delle riviste dedicate a un singolo personaggio – il più amato fu Tex Willer di Sergio Bonelli, uscito nel 1948 – si arrivò agli anni Sessanta che portarono alla ribalta i "cattivi", gli antieroi per eccellenza come Diabolik delle sorelle Giussani (1962), accanto a fumetti d’autore come l'insuperabile Corto Maltese, che Ugo Pratt lanciò in "Una ballata del mare salato". Pratt e Benito Jacovitti (padre del famoso cowboy Cocco Bill) furono gli artefici della stagione d'oro del Corrierino, vissuta dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta, suggellata dagli esordi di Lupo Alberto (pubblicato da Silver sul Corriere dei Ragazzi, nato come costola del Corriere dei Piccoli da cui si distaccò nel 1972) e di La Pimpa (creata nel 1975 da Altan e considerata il più fortunato fumetto italiano per bambini in età prescolare). Gli anni '80 coincisero con il periodo di crisi del settore, fortemente condizionato dall'avvento dei manga giapponesi in TV, che col passare del tempo presero il sopravvento anche nelle riviste di fumetti, la prima delle quali fu Zero (1990), interamente dedicata ai manga. Nel 2008 venne celebrato un secolo di storia del fumetto, partendo dalla prima uscita del Corriere dei Piccoli che, sebbene avesse smesso le pubblicazioni da gennaio del 1996, venne celebrato come il periodico dedicato all'infanzia più longevo d'Italia.

-Nasce il cinema con i Lumière: Un gruppo di operai, per lo più donne, con indosso abiti tipici della Belle Époque, esce dalla fabbrica al termine della giornata di lavoro. È l'episodio iniziale del cortometraggio proiettato dai fratelli Lumière davanti a una sparuta platea che, alla modica cifra di un franco, assistette a quello che oggi è considerato il primo film della storia del cinema. Da tempo impegnati in esperimenti sul procedimento fotografico, Auguste e Louis Lumière (figli dell'imprenditore e fotografo Antoine) si trovarono la strada spianata dall'invenzione di George Eastman, che nel 1885 aveva brevettato la pellicola cinematografica. Da qui partirono per la messa a punto di uno strumento che fosse in grado di catturare e riprodurre immagini, fungendo al contempo sia da camera da presa che da proiettore. Azionarlo era la più semplice delle operazioni: girando una manovella si avviava lo scorrimento e il riavvolgimento della pellicola, in modo da allungare il tempo delle riprese continue e registrare fedelmente le azioni compiute. Il destino volle che venisse brevettata con il titolo di cinematographe. Esisteva infatti già un brevetto omonimo rilasciato al connazionale Leon Bouly. Quest'ultimo, per ristrettezze economiche, non fu più in grado di pagare il canone di locazione per i suoi brevetti, lasciando di nuovo disponibile il nome che i due fratelli poterono riutilizzare per la loro macchina (la storiografia moderna è tuttavia concorde nell'attribuire a Bouly la paternità del termine cinematografo). Si arrivò così alla prima dimostrazione del suo funzionamento, che avvenne in forma ristretta alla Société d'Encouragement à l'Industrie Nationale di Parigi, nell'aprile del 1895. Otto mesi più tardi ci si organizzò per il suo "battesimo" pubblico. Il luogo fu scelto dal fotografo Clement Maurice, amico dei Lumière, che affittò il Salon Indien du Grand Café (una sala nel seminterrato dello storico locale parigino di Boulevard des Capucines). Nonostante la pubblicità data all'evento nei giorni precedenti, si presentarono soltanto trentatré persone, mentre la stampa snobbò completamente l'invito. Ai presenti vennero proposti dieci episodi, della durata ognuno di un minuto scarso. Dal comico L’innaffiatore innaffiato alla tenera La colazione del bimbo (protagonisti Augustine e consorte che imboccano il loro figlioletto), il filo conduttore era la quotidianità riportata senza filtri sullo schermo. Scene di vita reale che fornirono insieme un primitivo esempio di documentario. Gli spettatori ne rimasero strabiliati e in pochi minuti all'ingresso del locale (l'edificio oggi è parte dell'Hotel Scribe, che include il ristorante Café Lumière) si formò una calca di 2mila persone, desiderose di scoprire la «meraviglia del secolo». L'iniziale successo spinse Augustine e Louis a produrre il cinematrographe su larga scala e a mostrarne il funzionamento in giro per il mondo. Al contempo, proseguirono sulla strada dei cortometraggi legati a scene di vita reale, tra i quali ebbe un forte impatto sul pubblico L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, realistico a tal punto, secondo fonti più o meno attendibili, da far scappare via i presenti dalla sala. Anche se gli storici si dividono sul riconoscere ai Lumière il primato di aver inventato il cinema – una parte l'attribuisce al kinetoscopio di Thomas Edison, brevettato nel 1891 – non v'è dubbio alcuno nel considerare la proiezione del 28 dicembre 1895, come il primo film in assoluto nella storia della settima arte. L'evento rappresentò uno spartiacque nell'evoluzione del termine cinematografo (dalle parole greche kinema = "movimento" e grapho = "descrivere"), che già dall'anno dopo iniziò a diffondersi, anche in Italia, nella versione abbreviata "cinema" (pronunciata alla francese con l'accento sull'ultima sillaba). Nella fase antecedente al 1895, si erano compiuti diversi esperimenti legati al movimento delle immagini. Tuttavia, un passo significativo verso la possibilità di riprodurle dal vero si era avuto con la camera oscura di Leonardo da Vinci e ancor di più con la lanterna magica (inventata tra il XVI e il XVII secolo), ritenuta la madre del moderno proiettore. Dispositivi più sofisticati si erano avuti soltanto a partire dal XIX secolo: dal Fenachistoscopio del belga Plateau (considerato il più diretto antenato della pellicola cinematografica) al Teatro Ottico del francese Reynaud (precursore sia del cinema che del cartone animato).

-Nasce la televisione italiana: «La RAI Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive». È lo storico incipit di Fulvia Colombo, la decana di tutte le "signorine buonasera", che dagli studi di Milano annuncia l'inizio ufficiale del regolare servizio di trasmissioni televisive in Italia. L'evento è seguito da 15mila apparecchi in tutto il territorio nazionale, distribuiti tra abitazioni e bar dove sono raccolti migliaia di italiani. Sono le 11 di mattina quando quel piccolo aggeggio dalla forma squadrata - allora simile più a un forno elettrico - inizia a trasmettere immagini in bianco e nero. A battezzare il nuovo elettrodomestico (il cui costo è cinque volte superiore al salario medio di un operaio) è il finale del "Guglielmo Tell" di Gioacchino Rossini. Quando la musica sfuma arriva la voce del primo volto femminile della storia della TV italiana, che elenca i programmi della giornata. Si tratta di un palinsesto scarso che apre con la telecronaca dell'inaugurazione delle sedi RAI di Milano, Roma e Torino, cui segue la rubrica Arrivi e partenze condotta dal giovane italoamericano Mike Bongiorno. Pomeriggio all'insegna dello sport, con trotto e calcio, e del cinema con la pellicola Le miserie del signor Travet (nel cast figurano Gino Cervi e Alberto Sordi) di Mario Soldati. Alle 20,45 va in onda il primo telegiornale regolare, dopo quello sperimentale trasmesso il 10 settembre del 1952. Si chiude con il teatro: viene trasmessa in diretta L'osteria della posta di Carlo Goldoni, portata in scena da Isa Barzizza e Leonardo Cortese. Il sipario cala alle 23 e sullo schermo domina il primo monoscopio RAI. Tre mesi dopo, la vecchia denominazione Radio Audizioni Italiane S.p.A. (subentrata nel 1944 all'EIAR di derivazione fascista) lascia il posto alla nuova Radio Televisione Italiana. Di qui è un crescendo dell'offerta televisiva che, oltre a portare sullo schermo il Festival di Sanremo, si amplia nel novembre del 1955 con il primo sceneggiato, Piccole Donne, e il celebre quiz "Lascia o raddoppia?", che consacra Bongiorno come presentatore dei giochi a quiz. In parallelo, si allarga la platea dei contribuenti del canone che nel dicembre 1958 raggiunge il milionesimo abbonato, traguardo festeggiato dalla RAI con una trasmissione speciale.

-Inizia la Primavera di Praga: Alla guida del Partito Comunista venne eletto il "liberale" Dubček e, per quasi otto mesi, l'allora Cecoslovacchia (che nel 1993 si dividerà poi in due, nelle odierne Repubblica Ceca e Slovacchia) visse una stagione di "riformismo illuminato", che le cronache storiche identificarono con l'espressione Primavera di Praga. Una parentesi felice che, seppur breve, lasciò un'impronta indelebile nelle giovani generazioni di allora e un mirabile esempio di lotta per la libertà in quelle successive. Il malcontento dei cittadini, che avevano visto la loro patria passare dalla condizione di nazione tra le più progredite, prima della Seconda guerra mondiale, a quella di un paese stanco e impoverito da vent'anni di regime comunista, era ormai incontenibile. Rispetto a tale scenario, all'interno del Partito Comunista Cecoslovacco (l'unico ammesso a governare) si allargava il fronte di coloro che giudicavano ineludibile un'azione riformatrice in senso democratico, che in nome di un «socialismo dal volto umano» si distaccasse dalla rigida applicazione del modello sovietico. In questo clima maturò l'elezione a segretario generale del PCC di Alexander Dubček, espressione dell'ala più liberale del partito, che prese il posto di Antonin Novotny, fedelissimo di Mosca. Dubcek, che aveva combattuto tra le file della resistenza comunista contro i nazisti, si circondò di intellettuali e politici riformatori con i quali inaugurò un nuovo corso politico. Pur mantenendo il paese nell'orbita di influenza sovietica, introdusse importanti cambiamenti nella struttura politica, che di fatto rovesciavano i principi cardine del vecchio regime. In primis pose fine alla logica dispotica del partito unico, ammettendo l'esistenza di forze politiche non alleate al PCC; in secondo luogo favorì la libertà di stampa e di espressione, rispondendo alle istanze dei circoli culturali e studenteschi. La maggioranza dei cittadini appoggiò l'ondata liberalizzatrice e ciò mise in allarme il governo di Mosca, preoccupato delle ripercussioni che potevano verificarsi negli altri contesti del cosiddetto Blocco sovietico, tenuto assieme dal Patto di Varsavia (1955). In base all'alleanza i firmatari si promettevano reciproco sostegno in caso di aggressione. La sua vera natura emerse in quella fase delicata: secondo l'interpretazione di Leonid Brežnev (segretario del PCUS), l'allontanamento dal socialismo verso posizioni capitalistiche costituiva di per sé un pericolo per le altre forze del Patto e, implicitamente, giustificava un intervento militare. Ribattezzata in seguito dottrina Brežnev, questa posizione ispirò la reazione repressiva dell'Unione Sovietica, che nella notte tra il 20 e il 21 agosto occupò militarmente Praga. La mattina dopo migliaia di persone scesero in strada a protestare, circondando i carri armati e invitando i soldati ad unirsi a loro. Seguirono giorni di violenti scontri con decine di morti e con 300mila cecoslovacchi che scelsero di abbandonare il paese. Sedata la rivolta, fu ripristinato il vecchio regime blindato dall'occupazione militare che ebbe termine soltanto alla fine degli anni Ottanta. La caduta del muro di Berlino e la conseguente dissoluzione dell’URSS favorirono il rovesciamento del regime comunista (ricordata come Rivoluzione di velluto, per il carattere non violento) e l'indizione delle prime elezioni democratiche, nel giugno del 1990, con Dubček che fu chiamato a presiedere l'assemblea federale. Fonte d'ispirazione per le contestazioni giovanili del Sessantotto, la Primavera di Praga fu celebrata nel mondo dell'arte sotto diverse forme, dalla musica alla letteratura. Su tutti, il celebre romanzo di Milan Kundera: L'insostenibile leggerezza dell'essere (1984).

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