#315 - 1 ottobre 2022
AAA ATTENZIONE - Questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte del 19 aprile, quando lascerà il posto al numero 350. Ora MOTTI per TUTTI : - Finchè ti morde un lupo, pazienza; quel che secca è quando ti morde una pecora ( J.Joyce) - Lo sport è l'unica cosa intelligente che possano fare gli imbecilli (M.Maccari) - L'amore ti fa fare cose pazze, io per esempio mi sono sposato (B.Sorrel) - Anche i giorni peggiori hanno il loro lato positivo: finiscono! (J.Mc Henry) - Un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (E.Hemingway) - Il giornalista è colui che sa distinguere il vero dal falso e pubblica il falso (M. Twain) -
beni culturali e paesaggistici

In cordiale collaborazione con l' "Istituto Italiano dei Castelli"

I luoghi delle Giornate Nazionali per il 2022

Vivere i castelli - 11

Caccuri in Calabria - Spilinbergo in Friuli

Le Giornate Nazionali dei Castelli d'Italia volgono al termine. Gli Amici dei Castelli hanno organizzato ovunque iniziative di particolare interesse. Ne abbiamo parlato in generale e in particolare nei mesi trascorsi sul nostro giornale. Necessariamente molte notizie non hanno trovato spazio, ma da questo numero in poi cerchiamo di rimediare parlandovi dei singoli Castelli - uno o due alla volta - di cui abbiamo solo accennato. Lo faremo cercando di dare notizie sulla storia dei singoli Manieri, cercando quelle notizie che più li caratterizzano.

Vivere i castelli - 11

Dunque, ecco la Storia del Castello calabrese di Caccuri, che gli Amici dei Castelli hanno già omaggiato di iniziative unitamente al noto concorso letterario e spingendo verso gli itinerari a poca distanza dal sito principale: San Giovanni in Fiore (CS) e Santa Severina (KR).

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Il Castello di Caccuri è una imponente dimora baronale sorta probabilmente in luogo dell’antico castro bizantino del VI° secolo voluto dagli strateghi orientali per rendere sicura la strada che dall’altipiano silano, conduceva a Crotone.
Più volte rimaneggiato, fu quasi completamente riedificato dai Cavalcanti nel XVIII° secolo.

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L’ultimo pesante intervento è datato 1885 quando l’architetto napoletano Adolfo Mastrigli, al quale fu poi concessa la cittadinanza onoraria di Caccuri, vi aggiunse il rivellino ed una torre cilindrica merlata ad imitazione degli antichi castelli medioevali per mascherare un serbatoio dell’acqua che serviva per lo stesso castello.

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Ai piedi del rivellino svettava, fino alla metà degli anni ’70, una stupenda formazione arenaria conosciuta col nome di “Mezzaluna”. Ciò perché il barone aveva fatto murale, nella parte più alta dello sperone, una bacinella metallica di colore celeste nella quale gocciolava l’acqua necessaria per dissetare gli uccelli e che da lontano appariva come una metà del disco lunare. Nello stesso periodo fu realizzato il parco che, negli anni ’60, sarà acquistato dal comune per realizzarvi il palazzo municipale ed un giardino pubblico.

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Nel corso dei secoli ebbe diversi proprietari fra i quali i Malatacca, i Cimino, gli Spinelli, i Cavalcanti. i Petra e, da ultimo, i Barracco.
Agli inizi degli anni ’50 fu venduto a privati.

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Dall’alto della torre del Mastrigli l’occhio spazia su di uno stupendo panorama che va dalla Sila al mare. Attualmente è in parte proprietà privata, con uso hotel, in parte del Comune, ma molte stanze sono in completo stato di abbandono. Di notevole vi è una cappella feudale con quadri di scuola napoletana.

Anche il Castello di Spilinbergo nel Friuli si è distinto per le iniziative delle Giornate Nazionali.
La sua storia si confonde con quella dei Signori della città, gli Spengenberg, famiglia di nobili di origine carinziana, fedeli all’Impero, tra le più ragguardevoli in Regione e fra quelli presenti nel Parlamento del Friuli, “ministeriales” del Patriarcato di Aquileia.
Facendo leva sul loro potere e prestigio, entrarono spesso in contrasto con il Patriarca e in più di un’occasione complottarono contro di lui.

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L’episodio più celebre e drammatico avvenne nel 1350, durante la guerra civile feudale che insanguinò il Friuli: nella piana della Richinvelda, pochi chilometri a sud della città, in un agguato alcuni feudatari partiti dal Castello di Spilimbergo e guidati dagli Spengenberg affrontarono e uccisero il vecchio ma energico patriarca (poi proclamato Beato) Bertrando di San Genesio.
Si meritarono, da allora, l’appellativo di bertramini o beltramini, termine con cui, ancora oggi sono chiamati, per dileggio, gli Spilimberghesi. Il Castello sostenne numerosi assedi nel corso delle guerre medievali tra i signori veneti e friulani, resistendo ai ripetuti assalti dei da Camino.

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Non è possibile ricostruire come il castello apparisse all’epoca, poiché venne distrutto, demolito, ricostruito e ampliato più volte.
Ciò che oggi è visibile del Castello di Spilimbergo, dunque non risale ad un originario edificio, ma ad una serie di modifiche che si sono venute a sommare durante i secoli.
Già danneggiato da un terremoto, il castello nel 1511 fu incendiato nel corso di una rivolta popolare; l’ala sud non fu più ricostruita, si salvò solo il cosiddetto Palazzo Dipinto.

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Fu ancora modificato nel 1566; nel 1865 fu demolita la torricella sul ponte e ampliato l’ingresso; furono inoltre effettuati altri cambiamenti (scomparsa del ponte levatoio, delle torri, delle merlature, di terrazze e giardini) che portarono all’attuale configurazione.
Il castello si presenta oggi come un agglomerato di residenze signorili, disposte ad anello attorno all’ampia corte centrale, ed è circondato per metà da un profondo fossato, mentre per il resto è a picco su di una scarpata del Tagliamento.

Attraversato il ponte sul fossato, si passa sotto la torre d’accesso e si giunge nel cortile.
A sinistra sorge il Palazzo Tadea (1566), già sede Municipale, fatto erigere da Bernardo e completato da sua moglie Tadea di Spilimbergo nel 1566: presenta al suo interno, al primo piano, un bel salone con stucchi cinquecenteschi.
Adiacente ad esso è il Palazzo Ciriani (ora Furlan), che conserva all’interno un fregio con stucchi di Giovanni da Udine del 1542 circa e resti di affreschi del XVI secolo.

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Un bel portone a tutto sesto in pietra abbellita da fossili, dà accesso al Palazzo Troilo (XVI secolo), edificato da messer Troilo, in seguito all’incendio del 1511, fu affrescato nel 1544 da Marco Tiussi, con pitture che ben presto si rovinarono. Nel 1864, quando il Friuli era sotto l’autorità austriaca, il Palazzo fu affidato al Comune e fino al 1968 fu utilizzato come carcere. Ancora oggi si possono vedere 2 celle al pianterreno. Il primo piano è invece adibito ad archivio comunale.

Più a destra sorge il Palazzo Dipinto, vanto del complesso castellano, l’edificio più importante e di maggior effetto scenico, ricostruito alla fine del Trecento sulle rovine di un edificio preesistente, distrutto dall’ennesimo incendio: ospitò Carlo V nel 1532, Bona Sforza, regina di Polonia, ne, 1566 e anche Enrico III di Francia nel 1574.
Palazzo dipinto nella corte del castello di SpilimbergoLa graziosa e affascinante facciata reca affreschi che raffigurano cavalli e palafrenieri, Virtù teologali e Cardinali attribuiti ad Andrea Bellunello (XV secolo). Ci sono anche 2 trifore, una in stile gotico e l’altra in stile rinascimentale (1582). Ad abbellire ulteriormente il palazzo, elementi in pietra realizzati dal Pilacorte: 2 balconi triforati e un poggiolo.

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L’edificio adiacente, detto del Conte Ercole, si fregia dell’arma degli Spilimbergo, dipinta dal de’ Sacchis, detto il Pordenone.
Il prolungamento della struttura è testimone delle precedente presenza di un’altra ala del Castello, che raccordava l’ala est con quella ovest: questa parte però, in seguito all’incendio del 1511 non venne più ricostruita e oggi permette quindi un’ampia e suggestiva vista sul Tagliamento.
L’angolo sud-ovest è occupato da un edificio la cui antichità è attestata da resti di finestre archiacute e dall’inusitato spessore dei muri perimetrali.

Vivere i castelli - 11

Il complesso si chiude con la grande ala occidentale, costituita da un complesso di edifici del XVI e XVII secolo, di proprietà privata, che chiudono l’anello, permettendo di giungere nuovamente alla torre d’ingresso.
Delle originarie strutture difensive costituenti in un doppio ponte levatoio, in poderose mura di cinta ed in svariate torri, non rimane che qualche pallida traccia.

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